Critica Sociale - Anno XX - n. 3 - 1 febbraio 1910

CRITICA SOCIALE H Una parola di antiuitita iulplurnlore di Marx Certo, nel vigoroso e fecondo dibattito di critica, che da circa venti anni, sempre con energia crescente di acume 1 io Germania, in F'rancia, in Italia, in h1ghil– terra, in Olanda, In Rus11la 1 circonda e ,·ivlflca l'opera del Marx, la teoria del valore e quella del plus-valore, che costituiscono il cardine e il 1Jrimo logico di tutta la costruzione economica del Cctpitale. sono quello at• torno a cui più assidua e pi\1 edace si ò adoperata la critica. C'è davvero da domandarsi come mai ancor oggi, dopo tante scomuniche della scienza ufficiale, o dopo Il In– vorio dissolvitore della economia rinnovata dall'indirizzo edonistico, sulla ba!le del concetto doll'utilitli o della ofelimil?t, come grecamento pili 1>iace al Pareto; c'è da domandarsi - dicevo - come mal, ancor oggi, di qnelle due teoÌ-le, al disopra e al di là dell'opera degli affer– matori ciechi e pedissequi, la critica non sia riuscita a fare del ciar1mme vieto da buttare tra i rifiuti mar– citi del pensiero scientifico, là o,·e dorme, ad esempio, la parte morta del pensiero di 1-legel, quella in cui si scbernha Newton e si sosteneva essere la Terra il centro dell'Universo e la Germania il centro della Terra! ... Par quasi che il concetto marxistico del ,·alore, e pii, quello del plus-valore che dal primo si deduce 1 ripren– dano ogni tento novello vigore di consistenza teorica dalla pura analisi economica e spesso dall'istessa osser– vazione empirica del reali fatti economici. È il mito forse di Anteo, figlio di Poseidone e di Oaia 1 lottante col divino Heraklès? È meno che un mito: pure, fra i sacerdoti dogmatici del verbo di Marx e gli atei negatori sommari o super– ficiali del pensiero di lui, sorse il primo mitografo espll– catore, e fu Werner Sombart. Egli tentò la via, almeno, affer~ando che, prima d'ogni analisi, occorreva intendere scientificamente, a parte ogni preoccupazione politica, il pensiero di .Marx.E disse che In sua legge del valore non bisognava Intenderla come 1ma legge reale, come un fatto empirico, ma corno tm fatto del pensiero, un (alto logico (eine gedankllcbe Thateache, eine logieche Thatsache). Questa Interpretazione accettò l'Engels e perseguirono Il Sorel e Antonio Labriola 1 che nel terzo dei suoi Saggi indicò la teoria del valore di .Marx come '" la premess,i tipica senza cui tutto Il resto non ò pensabile n· E .il Croce, rifiutate le spiegazioni che della famosa equazione marxistica valore=lavoro si eran dato:· di un ideale morale cioè, secondo alcuni; di una ltgge scien– tifl.ca, secondo altri; e perseguendo il Sombart che ave,•a affermato essere ll lavoro U fatto eco11omicooggettiva– mente pili. t"ilevante, e il valore, eecondo Marx, " l'o– spressione economica del fatto della forza produttln eociale del lavoro, come fondamento dell'esistenza eco– nomica n; il Croce - dicevo - sull'lstessa dirotti va Intellettuale affermò in conclusione essere Il valQre=la– voro II la determinazione del valore, propria della società economica In se stessa, considerata solo in quanto pro– duttrice di beni aumentabili col lavoro w Si veniva a dare cosl al concetto marxistico del valore una Idea di relatività, direi quasi, e lo si considerava non già. come un fatto generale e lmmutablle entro dati limiti di tempo e di spazio, ma neanche come una chi• mera più o meno fantasiosa: semplicemente invece, come un fatto realmente esistente, ma coesistente con altri contrari. Intendendo dunque, secondo scrivo,•a il Croce, il con– cetto di valore del .Marx come un vamgone eU,Uico tra la società capitalistica e una parto di se stessa, ossia. con la società economica in ee steasa ma in quanto so– cietà lavoratrice, e cioè con l'astratta società \avoratriee, si poteva venire all'ammissione del concetto del vtus– valore come concetto di differenza nel paragone che si istituisce fra due società economiche. Si seguiva così, dunque 1 nella critica dello duo idee fondamentali dell'economia marxistica, diversa via da quella che si segul por piì1 tempo, criticandole dal punto di vlata della semplice economia reale. ria, cotesta, che pure a,·ovano segulta, per non dire di altri, C' il Gidf', che non ò un marxorobo, nrl suo conciliante eclotti1:1mo a proposito del concetto di 1x,!01·e; o il Pierson, che puro sa guardare con sufficiente serenità obbiettiva alle dot– trine del Marx; e il Loria istesso, in quel torno di tempo che seguì alla morte del .Marx o poi alla pub. IJlicazlono del 2° e del 3° volume del Capitale, compll'l– cendosi di paragonare pel suol metodi deduttl\'i Maix a' Spinoza, e discettando con Arturo Labrlola. Or sulle ,·io nuove, appunto, della critica, genetica e filosofica dell'economia marxistica cammina anche l'ul– timo libro sul Marx di Arturo Labriola. Egli, a distanza di quasi dieci anni dalla pubblicl'tzione del suo volume eu La teoria del valore di. C. Marx, ha ripreso l'argo– mento nel 6° capitolo di questo suo libro, spianandosi la via alla comprensione chiara di ceso coi capitoli che precedono, profoncii e materiati di conoscenza vera delle ronti del marxismo, ma imperdonabilmente pesanti per la consueta agilità dell'ingegno dell'autore. A parte la questione pregiudiziale, e inutile per me ora, so lo teorie del valore e del plus-valore siano originarie del Marx, come afferma,·a l'Engels, o siano venute a lui, in germe almeno, come oggi si riconosce concordemente, la prima dalle teorie di Adamo Smith 1 di Ricardo o di St. Mili, dai quali anche l'appreso rro. gli ottimisti il Bastlat; o se la seconda. si possa rar ri– salire fino al mercantilisti; io \'0glio notare solameni e che il giudizio ciel Labriola sulla teoria economica del Marx, sul concetto fondamentale del valore, e piì1 spe– cia:mento su quello del pl11s-valore 1 pecca a mio parere di so,•erchio rigore. Il Labrlola rigetta in blocco tutta l'economia marxi– stica, condannata, secondo lui, alla sterilità, perchò di essa Il Marx volle rare una scienza metafisica, onde Il Oen • tlle non a torto scorgeva noi marxismo un elemento finalistico cd a priorL Dal naufragio salva il Labrloi'a, per edificarvi su gli ultimi capitoli del libro, " lo ten. deuze pratiche del sistema marxista, che non erano so– lidali con essa e vivevano Indipendenti ". Egli insomma, tra l'Adler, che della teoria del valoro faceva il punto di partenza del socialismo scientifico, o l'Horkner, che sosteneva la poca importanza di essa. 1 per Il lato comunistico del marxismo, ò pili col primo che col secondo. Nulla di strano fin qui. Se non che egli aggiunge, concludendo il suo pensiero sulla teoria del pl.us -valore: "Al fondo di tutte le dimo– strazioni marxistiche Intorno al principio del plus-t·alore, non c'ò che una mezza Intuizione di senso comune, la quale sembra dire cbe il lavoro ha capacità di produrre oltre il bisogno personale del lavoratore, o,•vero:da che li lavoratore, ricostituito il complesso delle coso consu– mate, può col suo lavoro proclurre un eccedente. Ma questa proposizione o è erronea o ò tautologica. È er– ronea se vuol dire che Il lavoro può produrre beni che

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