Critica Sociale - Anno XIX - n. 13 - 1 luglio 1909

202 CRI1'ICASOCIALE società, nella natura delle classi delle quali essa ò ror– mata. Così l'evoluzione capitalistica dei tempi moderni hn creato nuove idee sociali, che si sarellbero affermate nuche senza teorici o propngnndisti. Essa ha creato una classe operaia salariata, che resta tale tutta la vita; e si è formato, così, naturalmente, un antagonismo di classe tra operai e padroni. 1 lavoratori hanno coscienza di una profonda differenza sociale fra essi e i loro padroni, e la lotta per il salario assume perciò necessariamente un carattere sociale. r~a.lotta per il salario, per l'orario, per il diritto operaio imprime ai movimenti deg-li operai di tutte le professioni il suo carattere e, poiohè la pro– duzione moderna ba messo insieme operai di tutti i mestieri nelle fabbriche e negli opifici, il sentimento della comunità d'interessi pervade tutta la massa operaia. Por cui, come affermavano i\lanc: e Engels, i mezzi e i fini del socialismo non devono essere hn·entati, ma trovati, cio~ devono essere scoperti nei bisogni materiali e giuridici di questa grande classe operaia che si sviluppa sempre pii\ perchè si trornno già allo stato gre;,,zo nelle coudizioni dello S\'iluppo reale di questa olasse. Cosl la teoria si;icialista , 1 ien trasportata dalla sfera della dedu– zione speculativa in quella della induzione reali,;itica. Questa traduzione della dotfrina marxista nella pra– tica, è sembrata a molti socialiiti l'abbandono del flue ultimo del soeialismo 1 e, in un certo senso, con ragione. Per,;hè, sostauzialmenle, la teoria marxista ha di fatto eliminata l'idea del "fine ultimo.,,. Per una dottrlna so– ciale ronfata sull'idea di ovoluziouc, non c'è flue ultimo; per essa la società umana è puramente sottoposta a~ processo evolutivo. Sulla base di essa possono essei'\' grandi diretth·e e ttni, ma non un fine ultimo. Anche ciò, che si·potrebbe chiamard di volt!l. in volta fine ultimo, non deve essere costruito logicamente, ma de\·e nascere dalle lotte pratiche del movimento. Nèll'introduzioue al Capitale \'i sono due proposi.doni in cui Marx esprime chiaramente il suo pensiero orga– nico dell'evoluzione. La prima dica: « Anche quando una società ha scoperto In trnccia della sua legi; J diuamica naturale, essa non può nè saltare, nè sopprimere Je fasi naturali della $ua evoluzione. Può però lenire e abbre, viare i dolori del parto 11• L'altra dice: 11 r~a '.lOCietà odierna non è un cristallo, ma un organismo capace di sviluppo e costantomennte in via di trasformazione.,,. Q1oste due propMii:ioni sono sottoscritte da ogni re– visionista, che vi attrihJi,:1ee, certo, una portata anche mag!:{iOre,forse, dello stesso Marx. Senonchè i\farx ha commesso nel ilfonifesto dei comu– nisti un errore organico, riconosciuto anche da lui stesso e ammesso esplicitamente da Eogels. Egli ha soprava– lutato il processo evolutivo delta costituzione economica. borghese, che richiede un tempo a~sai piì1 lungo, inquan– tochè questa forma sociale è capa.ce di una eJtensione e di uno sviluppo assai più grandi di quolli che le ven– nero attribuiti da .Marx e da altri. .I!:, siccome questa e\'oluzione è durata piì1 a lungo o la economia bor– ghese ha esteso molto di piì1 il suo campo, ora inevita– bile che essa, durante questo tempo, desse vita a nuove for,ne di organizzazione, che )[,ux non potè prevedern nei loro particolari nè misurare esattamente in tutta la loro portata. Queste nuove condizioni, nella loro ripercussione sui rapporti economici, sulle cundizioni della lotta del pro• lctariato e su lo possibilità e le forme della rivoluzione sociale, banno una portata non calcolata da .Marx. li capitalismo non ebbe le conseguenze che si at 1 en- devano da esso: semplificare la società nella sua strut• tura e organizzazione; creare rapporti più semplici. La società. è diventata, invece, più complicata; le classi so– ciali sono diventate più multiformi. Le piccole imprese nel commercio e nell'industria non sono state distrutte; sono state solo sopraffatte e modificate nella loro natura e nella loro posizione economica. l\lolte eono sparite, annientate o assorbite dalla grande impresa; ma il ca– pitalismo ha creato nuove piccole imprese. ~~ più notevole è la persistenza della piccola impresa nell'agricoltura. Anche il concentramento innegabile nell'industria non ha però semplificato la società nella sua distinzione in classi. r.,a.classe dei capitalisti non è diminuita; ma si è 1 nnzi, notevolmente accresciuta; perchè, dietro alle grandi imprese, uon c'è un solo capitalista, ma tutto un corpo d'armata di azionisti di ogni grado, por cui la forma impersonale della proprietà ò in costante aumento. MA, se il concentramento non è così rapido come ri– tiene il marxismo ortodosso, cresce, però, enormemente la classe dei proletari, o la distnnza fra la base e il vertice della piramide sociale diventa sempre più grancle. Le condizioni delle classi operaie non i;ono peggiorate; ma la distanza tra le classi privilegiate e il proletariato è enormement~ cresciute, accrescendo il malessere so– ciale. La classe dei capitalisti dh'enta sempre pili paras– sitaria, senza rapporti funzionali col lavoro creativo e partecipante solo come azionista al reddito delle imprese. l~ quel che si è detto della previsione del marx.ismo in riguardo all'accentramento, si deve dire della previ– sione marxista sull'estensione e acutizzstzione progres– siva delle crisi. Forzo antagonistiche, che !)rima non esistevano nella stessa misura, hanno indebolito la effi• cacia dei fattori delle crisi. L'enorme estensione del mercato, la creazione di cartelli, lrusts, ec<'., hanno raf– forzato lo forze di resistenza. Ma la precarietà della condizione di tutte le categorie sociali non è inferiore a quella di prima. Se, quindi) non ci si deve abbandonare ad un ingan– nevole ottimismo, bisogna però lasciar cadere ogni pre– visione futura basata sullo sviluJ)po delle crisi; sopra– tutto l' idoa di una gigantesca cahstrofe economica, che metterebbe la società di fronte alla rovina immediata, al completo sfaccio. Questa idea, nnzichè guadagnare, perde sempre pili in probabilità. Tutte le epeculazioni, che vennero prima allacciate a questo schema dello crisi, non reggono piì1 e non possono che essere nocive. Riuunciando all'idea catastroflca 1 ciò che si chiama larn1·0 pratico socialista acquista necessariament~ un maggior valore. Non è pili un palliativo, che ha valoro in quanto serva a mantenere, fluo alla grande cata:!trofe, gli operai capaci di combatterei esso diventa impor– tante e fondamentale come lavoro preparatorio. Questa più alta valutazione del lavoro pratico quoti– diano; del lavoro parlamentare, per la conquista di leggi, dirette a modificare profondamente il diritto e l'eco• nomia; della azione socialista nei Comuni i della impor• tanza sociale delle organizzazioni professionali j dello sviluppo e perfezionamento delle Cooperative di con– sumo; ò un momento essenziale ohe distingue profonda– mente il revisionismo dalle vecchie concezioni socialiste. Ogni lavoro di questa natura acquista una importanza diversa e ben maggiore di prima, quando si abbandoni l'i<lea di quello sohema delle crisi e l'idea della specu– lazione sulla grande catastrore economica o ci ei rappre– senti la società nella sua evoluzione reale. E a chi obbietta che, togliendo coil alle classi operaie il fi11_9 ultimo, vanno perdute le idee generali, il Beru-

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