Critica Sociale - Anno XVIII - n. 13 - 1 luglio 1908

200 CRITICASOCIALE Lo crediamo. 1•:,so ciò snrÌL 1 la politica dei con– sumi) anche solo come punto di programma, non sarà stata inutile, in attesa che si 1>ossntradurla nella realtà. A 1,ESSAXDRO ScmAVI. PER I SEMPLICISTI DELLA MEDICINA SOCIALE Lo srorzo tenace dl ricondurre anche talune manife– stazioni della malattia alle grandi leggi sociali, la ten– denza generalizzata di collegare i fenomeni epidemio– logici nl fattori 1100\nli, han avuto dei benefizi non dlscutlbili, croan,to la medicina sociale, che è un po' corno la filosofi.a soc!alo clei morbi. Però la medicina sociale, nocessarln.monte schomatica 1 può condurre agli inconveniontl 1 ai quali avviano tutte le dottrine troppo amanti delle genoralizznzlonl. Così si è voluto trovare l'esponente primo delle formo infettivo nella miseria, nncho quando l'analisi minuta permottova di dimostrare che, so coefficienti sociali en– travano In giuoco nel.dare gravità ed estensione a rorme infettive di generale interesse, questi coefficienti non interessavano se non per pochi Inti l'esclush•o coefficiente economico. Yiceversn. 1 volta a volta, si è visto che fat– tori, dirò cosl, collaterali, entravano in giuoco 1 coope• rando al diffondersi o al limitarsi delle forme iofettivfl', In maniera imponente: cos\ l'affollamento, o l'urbane– simo, o le condizioni di deficiente illuminazione o di scarsa ventilazione, qualcl1e volta hanno ben maggior valore che non Il coefficiente economico. Nò è esatto affermare ohe questi diversi yaJori si riat– taccano indirettamente ai coefficienti economici: al più, alle volte, possono riannodarsi a questi ultimi fattori, senza esserne strettamente e necessariamente dipen– denti. L'esempio ch'io porto oggi è assai dimostrativo 1 e le conscguonze pratiche, che dall 1 esemplo si possono trarre, meritano una grande attenzione. Le formolo semplici– stiche non rappresentano mai in nessun campo il frutto di una torapia scientifica: esse stanno nella terapia eo– cia\01 corno in terapia ellnlca eta l'applicazione unlvor– eale - ingiustificata, perchò il rimedio è specifico per una sola forma morbosa ben determinata - delFalca– loide chinino. Per questo l'assioma pregiudiziale che vien ratto so– vente di notare, che la miglior terapia preventh·a per i mail sociali ò la gran\le trasformazione economica della società, attraverso ad una parte di vero, nasconde lati deboli. Sovratutto la pregiudiziale può essere utile a nascondere la nostra ignoranza e la nostra ignavia. Ci si può chiedere se la pregiudiziale, portata innanzi nel campo della lotta antimalarica (non è forse stato osservato che la malaria ò nella pentola?), non avrebbe impedito o sminuito la mirabile opera rigeneratrice che tutti ammirano, e che ha sottratto in effdtto varie mi– gliaia cli vittime ogni anno alla morte per malaria. Un altro esomplo clamoroso - non sembri iperbolico l'aggetti'Yo - viene offerto ora dall'inchiesta municipale di Parigi sulln. diffusione clella tubercolosi: e cosl ovi– donte o pieno di ammncstramento è il fenomeno, che davvero val ln.sposa cliriportarlo a istruzione d'ognuno. È inutile rlpetf,re quanto tutti conoscono circa i nessi che legano l'audamento della morbilità o della morta– lità tuborcolare ai fattori sociali. Lucidi cultori dl biologia han visto cosl nettamente uolla tubercolosi Il determinismo economico, che bnn perflno dimenticato li germe specifico: così come, dopo la scoperta dell'agente causate della tubercolosi, si di– menticavano i fattori esterni ohe la malattia fomentano, cooperando alla diffusione, attratti esclusivamente dal pensiero dell'agente specifico. J~ vero che gli Igienisti affermavano essere la tuber– colo~! una malattia della casa o non una malattia della miseria: tanto vero che auai più alta ò la mortalità tubercolare nelle città popoloso che non nelle campagne, ove puro Io condizioni economiche sono senza confronto meno buono (del resto nelle campagne la mortalità ge• nerele, in barba alla benefica azione della luce, del– l'aria e della libortà 1 ò sensibilmente più alta di quanto non sia nelle città. popolose). Ma si rispondeva infallantemente che anche la casa rispecchia la condiziono economica generale: e, attra– Yorao nll'unicitì~ di visiva causa.le , la cernita tra le con– cause diventava luogo di inutile disquisizione. I/incbiesta, della qu11le oggi mi intrattengo, ha il va– lore di un grande Insegnamento, e dimostra il pericolo di generalizzare con troppa f!I.Cilitò.. A Parigi, a simiglianza di quanto esiste in talune grandi città. germaniche, dn.l 189-l funziona. un casel– lario municipale dell'abitazione, e nel casellario si rae– collil'ono t.uttl I documenti riflettenti le eage (piani, indi• cazioni di condotte bianche e nere, dati riferentisi alla mortalità. per forme Infettive, ecc.); è quindi possibile seguire, su un ricco materia.le documentario, i rapporti che intercedono tra la casa o le epidemie. Terminata la sistemazione del casellario nel 1904, si è voluto subito trarre profitto dal materiale ingente, stucliando la ripartiziono della mortalit.à. per tubercolosi nelle difft!rentl abitazioni. I rilievi, eseguiti con molta cura, hanno condotto subito a constatazioni tali, che pareva non valesse più l'antico assioma che la tuberco– losi è una malattia della casa e della agglomerazione. In seguito ni primi rllle\ 1 i, unn. apposita Commissione ru nominata, coll'Incarico di fare una diligente inchiesta analitica, che potesse condurre anche a risultati pra– tici. F.d ecco i risultati e lo constatazioni rileva.te . Alla fine del 1904 si avevano in Parigi 80.000 case; noi decennio i oasi veriflcatisi di tubercolosi seguìta da morte erano 101.'196. I ca,i stessi interessavano sola~ monte 38.477 abitazioni. ![a in queste caso la ripartizione delle morti per tu– bercolosi era assai Ineguale, tanto da poterne rare tre gruppi: un primo di scarso interesse, con meno di 5 morti nel decennio per abitazione, un secondo con un numero dl morti da !.i a 9 nel decennio, e un terzo con 10 morti o più. Nel secondo gruppo si avevano 4H3 case con 320.376 abitanti e con 26.509 morti per tubercolosi (7,520,1 00 abi– tanti all'anno); nel terzo gruppo le case erano 820 con 106.300 abltanti 1 con 11.500 morti (9,834 ¾, abitanti al– l'anno). Nel terzo gruppo si avevano poi 195 case con 13.630 abitanti, con 2888 morti (e cioò una media di 19,26 0/ 00 abitanti all'~nno !) J,a prima e pili semplice conclusione aveva già un carattere sociale: la tubercolosi è a Parigi quasi intera.– mento Iocnlizzata In pochi focolai, ai qua.li la malattia ò fortemente legata, e, all'infori di questi focolai, la sua comparsa non presenta. grande interesse. Inoltre non esiste una corrispondenza tra il compor– tarsi della mortalità. tuborcolare e della mortalità per altre malattie infettive.

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