Critica Sociale - Anno XVIII - n. 13 - 1 luglio 1908

198 CRITICA SOCIALE " ehe i Comuni troppo deboli per proeedeTe da soli alla attuazione di queste applicazioni debbono tendere a forma.re delle Federazioni comunali; " che, nei paesi in cui l'organizzazione politica non permette ai Comuni di mettersi per questa via, tutti gli eletti socialisti hanno il dovere di usare tutto il loro potere per fornire agli organismi comunali la libertà e l'indipendenza suffl.cionte a effettuare questi deside– rata. ,, E, precisando ancor meglio, i socialisti italiani ave– vano già dichiarato che " il programma minimo dei socialisti è, in sostanza 1 un programma di agitazione, il quale si distingue dai postulati analoghi degli altri partiti per le sue fìna1ità, in quanto considera come un mezzo ciò che per gli altri partiti è un fime. Esso determina la portata e la direttiva generale di piat• tnforme più speciali e transitorie del partito ,,. Niente adunque programma socialista specificn, ma potitulati che, pur potendo essere patrimonio degli a.Itri partiti, acquistano, in un dato momento e in un determinato luogo, carattere socialista) per– chè i socialisti soli hanno interesse prevalente su tutti gli altri partiti a propugnarli e a tradurli nella realtà. Cvme norma generale il partito socialista propugna quelle riforme che tendono a difendere la classe la– voratrice nella sua esistenza, sul lavoro e fuori, aJ. aumentarne la potenzialità collettiva, valorizzandone fisicamente ed intellettualmente gli individui, a fa– cilitarne la soddisfazione dei bisogni, reagendo contro tutte le forme parassitarie che vi si oppongono. E, siccome ltt classe lavoratrice è numericamente la mriggioranza, e il Comune non può, nelle riforme dirette al miglior soddisfacimento dei bisogni, pren– dere un provvedimento di eccezione riferentesi alla sola classe lavoratrice, è evidente che di esse avvan– taggeranno tutte le altre classi. Da questo punto di vista la politica municipale della classe lavora– trice è la migliol' garanzia per l'estensione delle ri • forme alla intera colldtività. · Ma, se la classe lavoratrice è la più adatta a pro– pugnare una politica che faciliti il soddisfacimento dei bisogni precipuamente col graduale trapasso delle funzioni e degli organismi che vi provvedono dai privati all'Ente pubblico Comune, e non ha in ciò altro limite fuorchè nel grado di rendimento utile del servizio pubblico di fronte al servizio pri– vato, le altre classi hanno limiti varì secondo la funzione che compiono, gli interessi che le muovono, la natura e la portata della riforma. Quindi, se anche una riforma possa, di fatto, av– vantaggiare, insieme alla classe lavoratrice, tutte lo altre classi, non è detto che tutte queste classi la propug-nino con pari vigore della classe lavoratrice, a11zi possono oppugnarla perchè prevalgano in esse interessi antagonistici. Ad esempio 1 la refezione scolastica gratuita e ge– nerale fu, sino a poco tempo fa, combattuta dalle classi possidenti - e Io è tuttora in fnghilterra, dove pure l'audacia municipalizzatrice è nota - le quali preferivano fosse pagata dalla beneficenza pri• vata anzichè dai cittadini contribuenti; Pinsegna– mento proressionale è tuttora dal medio ceto consi– derato come un complemento utile dell'industria, la quale deve perciò pagarne le spese, e gli industriali vi sono favorevoli - quelli ohe lo sono - purchè non costi loro troppo e sopratutto non 1i privi di qualche ora di lavoro nella settimana, come già. si fa in Germania; i regolamenti di igiene per la pro– tezione della integrità fisica sul lavoro e nelle abi– tazioni trovano una sorda opposizione negli indu• striali e nei proprietari di case; la legge sul riposo festivo è oppugnata nella sua applicazione dal pie- colo commercio 1 che è riuscito a trasformare Milano in un centro foraneo per le molteplici deroghe alla ·chiusura dei negozi in domenica ottenute dall'auto– rità municipale; la politica dei consumi, diretta a impedire la speculazione dei terreni e a favori~e la costruzione di case operaie da parte del Comuoe e ad avvicinare il produttore al consumatore, trova oppositori vivacissimi nei proprietari e negli specu– latori di terreni, e negli intermediarì di ogni specie. Ecco quindi come i socialisti, quali rappresentanti della cla~se lavoratrice, nella loro agi/azione ~n un primo periollo e colla loro azione in un successivo, quando cioè, come in Italia ora, le leggi lo consen– tano, volte ad allargare le funzioni del Comune, ad a,ttuare quella che Sidney \Vebb chiama " la via più breve verso la democrazia sociale "' cioè la municipalizzazione dei pubblici servizi, pur avvnn• taggiando in ciò tutte le classi in quanto sono con· sumatrici, può volta a volta trovarle indifferenti od ostili 1 e quella riforma che poteva essere, dirò così, agnostica, assume colore e carattere socialista. . .. Così è accaduto a Milano per la politica dei con– sumi - la quale, se fossi uu settario gretto e ripic– coso, potrei dire che fin dal 1891 fu propugnata dal " Parti socialiste révolutionnaire u di Francia per opera del Vaillant colla u istituzione di un servizio municipale di approvvigionamento e d'alimentazione: forni, molini, macellerie municipali, ristoranti popo· lari ,, (') e che ehbe in Italia a portavoce eloquente e autorevole un radicale, l'avv. Ruini, ma non pro– prio i radicali; - almeno i radicali milanesi. Premetto che Milano è, in questa fase della sua storia, l'esponente più accent.uato della vita italiana, in cui la preoccupazione economica, felicemente fa– vorita dal crescente sviluppo dell'industria e dei traffici, prevale su qualunque altra preoccupazione d'ordine anche superiore. Ciò fa sì che, le energie migliori essendo intente nel travaglio della produ– zione e degli scambi, le altre forme di attività, le altre espressioni di vita rimangono inerti, scolorite, inefficaci, e che solo ciò che aiuta, favorisce o turba fortemente la produzione e gli scambì ha potenza di commuovere e sommuovere l'opinione pubblica e di mettere i_nagitazione tutte le classi. La nostra vita politica è una riprova di ciò; pe– destre e incolore sempre, ha avuto in Parlam·ento una r►sonanza e una eco nel paese quando si è discusso della crisi ferroviaria o di qualche grave conflitto tra capitale e lavoro; ogni altra agitazione, pur essendo impregnata di idealismo, sembra sterile accademia. A Milano, da un decennio a questa parte, il corpo elettorale non si è commosso, di riverbero, che per ciò che aveva turbato gli interessi cittadini nell'or dine puramente economico, e, più precisamente, gli interessi della classe degli interrnediarì, degli eser– centi, che ne sentirono il primo e più immediato contraccolpo e subitamente reagirono contro chi, a loro giudizio, ne era stata la causa, o ne aveva la maggiore responsabilità. Nel 1898 le giornate di maggio, favorite e applau– dite dapa moderateria imperante in Comune da mezzo secolo, proYocarono l'insurrezione delle classi che si richiamavano dalla democrazia e dal socia– lismo, ceto medio e popolo minuto, borghesi illumi• nati cui ripugnava lo spettacolo inutile di quei giorni, esercenti che dovettero tener chiusi i negozi per qualche mezza giornata, proletari che ebbero morti e imprigionati) e l'Amministrazione conserva- ( 1) Al>RU:N n,in:R: Le sor/aUsme m1111icipot. - Parls, Olil.rd et llrlère, lfl08.

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