Critica Sociale - Anno XVIII - n. 7 - 1 aprile 1908

CRITICASOCIALE 107 lioni di metri cubi di materiale i quella della cenere, fino ai 25•30 millimetri, occupa approssimati\•amente 10 a 15 mila ettari) onde con essa e con le lave ci si accosta ad una emissione totale di 100 milioni di metri cubi. In quanto alla valutazione dei danni, per i terr~ni coltivati, distrutti dalle lave, non si arriva al milione di lìre di valore capitale. Più grave è il danno per distru– zione di fabbricati, etrade pubbliche, ferrovie, ecc. È molto più difficile precisare il danno arrecato dalla eruzione alla regione del lapillo: esso però è il massimo, rispetto a tutti gli altri, e fll valutato da 65 a 85 milioni. Ma noi crediamo che si avvicini piì1 al vero la valuta– zione fatta dal prof. Colajanni di 25 a 30 milioni. Ma i paesi, che pili rise11tirono gli effetti veramente deleteri dell'eruzione, rurono appunto quelli che si tro• vavano alle falde del Yesuvio e del monte Somma. Secondo i calcoli ufficiali, ebbero a deplorar/li 212 vit– time. Ma la più grande perdita di vite umane si ebbe a S. Giuseppe Vesuviano, dove il tetto della vecchia e fragile chiesa crollò sopra circa 20..0peraone 1 delle quali 105 rimasero se1>oltevh•e sotto il grave cumulo di macerie e detriti vulcanici. lu quanto ai feriti, 93 furono rico– ,·erati ed assistiti negli ospedali di Napoli 1 1'orre Annun– ziata e Nola. Non abbiamo, però, esatte notizie del numero dei feriti che non furono ricoverati negli ospedali. Oltre 100 mila persone abbandonarono le loro case 1 e noi 1 che ci trovammo sul luogo del disastro, mentre più vivo era il parossismo vulcanico, potemmo constatare che OLtajano I con le frazioni 'l'erzigno e S. Gennarello (12.784 abitanti) 1 S. Giuseppe Yesuvinuo (10.063 ab.), Somma (10.096), S. Gennaro di Palma (3075), Boscotre– case (10.361) 1 Torre Annunziata (28.084), erano quasi completamente deserti, senza tener conto di quelli che fuggivano precipitosamente da Palma, Poggiomarino, Saviano, Boscoreale, 'l'orre del Oreco, ect. e dalla stessa Napoli, atterriti dallo spettacolo impressionante dì ster– minio e di morte. E l'aspetto che J>resentavano le terre alle falde del Vesu\•io, appena dopo l'8 aprile decorso, era vivamente doloroso. I fiori, che poco prima ingemmavano gli alberi ed i .prati e riempivano l'aria di soavi profum!, i nuovi polloni verdeggianti, tutto il fasto della primavera era stato soffocato e se1Jolto sotto l'immensa materia vul– canica. E tutti coloro che, a causa della primaverile paling,mesi della natura, erano andati in campagna a passare le feste di Pasqua, furono anch'essi costretti a fuggire im– provvisamente lontano. 13en diceva in prOposito diovanni Ilovio che la Natura, con questi indescrivibili fenomeni di lutto e di spavento, trasformando in un attimo una città festante in cimitero, pare rifaccia per suo conto la leggenda di Lucrezia Bor– gia, che .in una stanza di Venezia couvitM'll i gentiluo– mini a banchetto e nella vicina stanza. apparecchiava le" bare. Den oltre 50 mila persone, poi, si trovarono da un giorno all'altro senza lavoro, senza tetto e senza }Jane. Queste certamente non sono che cifre molto approssi– mative. Io scrivo, invero, nel mio lavoro cPimminente pubblicazione: u La popolazione economicamente passiva nel p1·esente sistema sociale m che è inutile cercare, con notizie statistiche, di dare sia pure una pallida idea del numero di coloro che, a causa di queste calamità, non possono, pe1· periodo più o meno lungo, dedicarsi al lavoro. Ebbene 1 ho potuto verificare proprio coi miei occhi l'abbattimento prodotto negli abitanti di quella plaga vesuviana dalP immensità. del disastro. Essi dav- vero non erano, nei primi giorni, atti ad alcun la,·oro, e si può dire senza dubbio che temporaneamente costi– tuivano una parte del!a popolazione economicamente passiva per speciali condizioni !biche, dovute a cause straordinarie. La mancanza, quindi 1 di braccia, uei primi momenti 1 e la grande domanda di larnro fece elevare i salari in modo esorbit-ante. La\·oratori, cho prima guadagnavano normalmente poco più di una lirn al giorno, pretesero 15, 25 1 40 e persino 50 lire al giorno. Quelli che J>iù guadAgnarono furono i terrazzieri, addetti allo sgombero delle macerie e del lapillo. Non bisogna dimenticare, però, che nei primi giorni era estremamente pericoloso lavorare sui tetti e sulle terrazze, essendovi il Umore di essere sepolti sotto le macerie delle case, che da un momento all'altro potevano diroccare. Man mano, però, i salari sono andati diminuendo; pur rest-ando in gran parte ad un livello superiore al nor– male. In im~pecial modo le mercedi dei muratori, dei falegnami e dei contadini. 1lisogna però riconoscere, re– lativamente a questi ultimi, che il loro lavoro oggi ò molto più faticoso, rloveudo essi zappare le terre coperte di lapillo e di cenere ad un paio di palmi e talora a circELun metro di profondità. In quanto ai muratori, ogni semplice manovale è dive– nuto da un istante all'altro " maestro n e tuttavia, per deficienza di mano d'opera, i lavori, sebbene ottimamente pagati, procedono con molta lentezza. Eppure la questione dell'alloggio s'imponeva inuanzi– tutto. Con le pioggie e col vento della stagione invernale nou era più possibile r~stare negli accampamenti, posti sotto la ~on1eglianza delle autorità. militari e nelle bAracche costruite alla meglio. Ognuno ha cereato di fare eon sollecitudine qualche accomodo al proprio f!lb~ bricato. E molti, che prima possedevano un quartiere am– pio e I ussoso, sono stati costrnUi ad appagarsi di qualche stanza soltanto, non essendo possibile ricoverarsi nem– meno nello casette di legno costruite per l'occasione. A S. Giuseppe Yesuviano, per es 1 per le sr.uole comunali, si costruirono due grandi baracche. Ebbene, uell'inverno dovettero sospendersi le lezioni, perchè l'acqua filtrava dentro da tutti i lati. Oeorge Nesller-'l'ricoche ci dice che il numero dello persone ricovente negli accampamenti, a S. li'rancisco, alla fine di agosto 1 tendeva ad aumentare, in seguito al ritorno di una quantità di famiglie che erano ruggite a Dal<laud e in nitri luoghi, o che per tutti costoro, allog– giati negli attendamenti, furono costru'ite baracche di grande dimensione, noncbè CAsetfo di due o tre camere, destinate a sostituire le tende fino alla prossima prima– vera. :Ma dobbiamo ritenere che essi non si siano trovati nello identiche condizioni dei piccoli scolari di S. Giu– seppe Vesuviano! ... Ad Ottejano, poi, essendosi manifestata l'urgenza dl assicurare l'immediato 1··icove1·0(1) alla popolazione rimasta sellza tetto, si stabilì, specialmente per oper~ del gene– nerale D11relli, di costruire trenta casette in cemento armato, che importano la spesa di lire 650 mila circa. Queste casette, però, avran potuto formare la fortuna degli appaltatori, ma il certo si è che finora non sooo ancora in condizione di essere abita te, e forse non sa– ranno abitate mai I .È in tutti il com•incimento che, siauo molto calde in estate e gelide d'inverno e che quindi, oltre mezzo milione si sin inutilmente sperperato. (') Così è <h:tto nel ver\.lnl<;idi !!Citazione privata 1>e1· l'1q,pnlto dfll laVOl'I: N. 2108 del h'l)Crtol'IO,

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