Critica Sociale - Anno XVII - n.18 - 16 settembre 1907

CRITICA SOCIALE 277 essa ne è l'opposto in ogni particolare della sua azione quotidiana dinamica. La conciliazione delle necessità. del personale colle esigenze del servizio; la misura rigorosa e l'equi– librio preordinato nelle richieste; la graduazione delle richiesto medesime, P,pnondo avanti i bisogni dei ceti pili maltrattati; lo smantellamento delle barriere o degli antagonismi interiori; lo sforzo di dimostrare la legittimità di ogni singola proposta e la IJUO. rispondenza ad un 1 esigen1.a più elevata; la preoçcupazlone costante di affratellare e di espan– dere il movimento corporativo nel generale movi– mento economico della classe proletaria, e politico dei vari partiti di democrazia, sul terreno sopratutto di quella che potrebbe chiamarsi la politica dei con– sumatori; tutto ciò, insomma, cho il Barbagallo con– futa ed irride, è l'anima., è l'essenza, è la caratteri– stica suprema della Federazione postalo telegrafica (1). Se uaa fìlosofia si dovesse astrarre cln questo mo• vimento, sarebbe la relazione Barbagallo - semplice– niente rovesciata.! . . . Risolvendo questo tema, il Congresso dei docenti medii farà. assai più che risolvere un tema di poli– tica interna d'organizzazione e decidere della vita o della morte della loro Federazione; esso recherà un elemento decisivo nella questiono - oggi capi– talisssima. - ,lei movimento di classe, dei rapporti reci1>rocidolio classi lottanti, e dei rapporti tli queste collo Stato o coi partiti politici. Nello pieghe della questione, coa\ com'è prospettata, si nsconde anche il problema se vi sia compatibilità fra il movimento della media borghesia stipendiata e gli interessi rlella democrazia e del socialismo. Fino a ieri i sindacalisti italiani affettarono un enorme dispregio dei così detti • intellettuali 11• Può apparire curioso che, proprio i,1 quegli strati che potrebbero dirsi degli "intellettuali per professione,,, si noti una tendenza spiccata verso una forma estrema di sindacalismo. Ma è logico, in tutta questa stranezza, che costoro, io questo accostamento, im• pieghino tutta la loro intelligenza n rinnegare, come elemento delln. lotta sociale, il fattore intellettuale, subordinandolo alla sovranità dell'Istinto e dell'ap– petito. Non sarebbe l'ultima delle ironie della storia il fallimento della ragione (io materia di rapporti sociali) proclamato da un'assemblea di professori e di filosofil Dei risultati del Congresso noi prenderemo nota obiettivamente, per orientare noi stessi. Abbiamo pensato per lurigo tempo che le clossl dei salariati intellettuali avessero sopratutto, nel conflitto odierno sociale, una funzione di illuminatori e di avanguar• dio veggenti. S1,ettava ad esse - nella nostra previ– sione - maturare in sè e recare al proletariato, c9lla propria solidarietà e coll 1 esempio 1 la tempe– ranza, l'accortezza, lo spirito di ragione, le grandi virtù couqulstutrici dell'avvenire. Ci potremmo anche essere ingannati. I fatti sono maschi o le previsioni femminuccie. Un vecchio ri– tornello ci affiora nella memoria, di una canzone tedesca, della c1uale peniamo a ricordare i primi ver– setti, ma ohe insomma enumerava lo maggiori pe– stilenze sociali - avvocati, preti, militari, ecc. - e, con un crescendo satanico di abomini e di scongiuri, concludeva cosl: Sieben tausenà Professoren I Vaterlanà; àu. bist verlorenl :Ptt.lPPO TURATI. (I) ve.1,.,.1 1 a queato propc11111o, alla nne del prdente ruclcoJo, 1•art10010 • c11, d eo11a1uu alla iimo,.ia ...• •· Le Universitàpopolari italizme Olacchò I rappresentanti dello Università. popolari ita– liane si raccoglieranno fra pochi giorni a Congresso, non è fuor di luogo discorrere un poco, sulle colonne della CriUca Soc(ale, di queste istituzioni cho, qunndo eOrsero, or non è compiuto ancora un decennio, furono salutate coi più fervidi entusiasmi e col più confidenti auspieì e vennero preconizzate come t più pronldonzlall e validi aiuti alla redenzione morale delle classi operale. E domandiamoci eubito: le nostre Università popolari banno esse corrisposto all'aspettativa che accolse e glo– rificò Il loro nascere? Non mancano In proposito le voci pessimiste. Qualche campano, anzi, suona a morto addirittura. DI recente un giornale di Padova (I) apertamente parlava di decadenza delle Uolversltà. popolari, e affermava che esse, spostate ~al loro terreno naturale, sono ormai venute mono alla propria nra funzione, epperciò, abbandonalo dalle classi operale, trascinano stentatamente una magra esistenza, incerte del loro ftnl, vacillando In un ambiente, do,·e non riescono a tracciarsi una via certa e diritta. E, or fa Panni), un lamento simile cl veniva, con ben altra autorità, dal Belgio. li lamento era concretato in una relazione di Emilio Wlnck, elle ru presentata al Congresso Internazionale delle Opero di cultura popolare tenutosi In MIiano nel settembre 1000, è nella quale si dichiarava cho, quanto agli operai, I tentativi fatti nel Belgio per accostar loro gli strumenti et frutti della cul– tura e farnell partecipi assidui e affezionati, o erano aborlltl del tutto, o avevano dato ben poveri e scarsi etrettl. Ricordo che la relazione del Wlnck al Congresso di Milano non fu pubblicamente nè letta nè riassunta. Parve troppo cruda. Ma,se et ami liberamente Indagare la verità, sono appunto le crudezze che bltdgna affronta.re , In ~oaltò.,chi abbia in materia u~ po' cli personale esperienza o della sua esperienza voglia schiettamente confessare I risultati, non esiterà a riconoscere che, finora almeno, l'elemento operalo ha profittato assai scarsamente di qisel centri e focolari d'Istruzione e di educazione che, sotto il nome di Unlver:1llà popolari, si sono venuti costituendo e diffondendo. Questo è il fatto che, con qualche parziale eccezione o attenuazione qua o là, al può ritener generale. Ma cotesto fatto conduce esso for11eIrrevocabilmente alla conclusione che, dunque, le Untversltò. popolari sono In via di decadlmonto progretislvo e fnto.lo; ch'esse si vanno t\ grndo I\ grado eliminando d o. sò; o , se vi,vono, vivono di vltn meramente fittizia? Slnccrarnonto, lo credo di no. A buon conto, una domanda. Se gli operai nuora non son venuti a noi In quel numero e con quell'ardore che dapprincipio noi presumemmo probabili, di chi la colpa? nostra. o degli operai? oppure nè nostra nò loro ma di qualcosa ehe sta fuori dalle nostre e dalle loro respon– sabllltò.? 11 giornale padovano sopra accennato se la sbriga con una eziologia assai semplice. La eolpl\ 1 per lui, è tutta dello Unlvoraltb.popolari. Le quali, egli dico, vollero ben presto ammettere nel loro seno, oltre agli operai, ele– menti più progrediti, come a dire studenti, maestri, pro– feHlonlstl; da ciò venne che l'Insegnamento, davanti al mutato uditorio, elevò il grado e Il tono; al primitivi (•) La Ullutà del u agosto.

RkJQdWJsaXNoZXIy