Critica Sociale - Anno XVII - n. 17 - 1 settembre 1907

270 CRITICA SOClALffi menti sociali, da una ristretta categoria di individui, da una vera o propria aristocrazia, ohe lotta per il proprio il)tercsso credendo di lottare per l'interesse di tutti. Ed è appunto in questo n11Jlareuteantagonismo tra il reale o l'ideale cho sta la for~a del sociali~mo, perchè l'idea• lità socialistica non a,·robbe alcuna consistenza, e reste– rebbe nello nuvolo come il socialismo filantropico d'un tempo, se non 1>arllsso da interessi unirormi, compatti o concreti ; mentre questi iuterc,si non assurgerebbero alla potenza che ànno, se non si sapessero idealizzare, so non illudessero eò stessi o non attingcs~ero una straorclinarin energia, tuffandosi nell'onda degli interessi comuni. La prova ò ohe tutti i rivoluzionari - e quelli vinci• tori, non quelli vinti - di tutti i tempi si sono compor– tati ln1rnlentemonlo nel medesimo modo, e, montre àono sompro rinfaccinto ni,rli avversari d'esser saliti al potore Ingannando in tutto od In parte il popolo, essi ànno sempre creduto, e in tal foJe ànno trovato la forza, che, una volta parlroni elci Governo, lo avrebbero guidato sulla via della felicità universale e del completo benos• sere. Ognuno conosce le frecciate dei socialisti contro la rivoluzione borghese e i motteggi ed i frizzi di cui sono state ratto sogno la Libertà, l'Eguaglianza, la l!"'ra• tellanza, inalberate dal capitalismo combattente contro la società feudale. " I borghesi repubblicani ardono d'un amore cosl co • cento per le tre dee, Libertà, Eguaglianza, Fratellanza - dice Paolo Larargue (') - che vanno a scrivt're i loro sacri nomi persino sulle carceri; dimostrano cosl che nella società capitalistica vi è altrettanta libertà, eguaglianza, fratellanza, fuori quanto dentro la pri• gione. " Ebbene, I socialisti sono tanto cau~tici contro i loro avversart perchè ritengono fermamente che, vincendo, agiranno In modo completamente diverso: cd ò questo ottimismo, ed ò questa credenza nel bene, e in un bene a.ssoluto, che dà loro vigore e baldanza per continuare la lotta. " Oggi giorno - scrivo Vilfredo Pareto -- i socialisti ànno ben visto che la rivoluzione della fine del .nm secolo ave\'9. semplicemente messo la borghesia al posto dell'antica " {'lite 111 od turno anche considerevolmente esagerato il peso dell'oppressione dei nuovi padroni; ma essi credono sinceramente che una nuova II élite ,, manterrà meglio le sue promesse delle 1 ' étites " che si sono succeduto finora al potere. Del resto, tutti i rivo– luzionari proclamano successivamente che le rivoluzioni passate non À.n finito in conclusione che ad ingannare il popolo; è soltanto quella che essi ànno in vista che sarà la t:era ri\'oluzione. " Tutti i movimenti storici - di• ceva nel 184 Il iJ.fa,il(estodei Comw1isli - sono stati fluo ad oggi dei movimenti di minoranze a profitto di mino• ranze. Jl 111ovime11to p,-oletario è il movime11tospo11ta11eo dell'immensa maggiora,rza a profitto dell'immensa mag • giora11za. 11 Disgraziatamente questa vera rivoluzione, che do,,o apportare agli uomini una felicità perfetta, non è che un miraggio seducente, che non diviene mal una realtà; essa rassomiglia all'età dell'oro; &empre attesa, sempre si perde nella bruma dell'avvenire, sempre sfugge ai suol rodei! nel momento ste1s0 cho s'illudono d'afferrarla." ('). Vilfredo Pareto à ragione, poichò il socialismo non sarà certo quol risa1rntoro cli tutti i mali che molti dei suoi seguaci ritengono, e non ò sopratutto, e sicuramente, il movimento clell'imt11e11sa maggioranza <i profitto dell'im• 111ensti 111aggiom11zo. Esso ò Il movimento della sola classe operaia, anzi della parto più elevata e più evoluta di ossa, in favore proprio, cloò il movimento d'una mino- (1) " Il )IRtcrlullsmo 1;conomlc1.1di C11rlo )larx ~· )lllano, presso la Cr,lk(I Socklle, 180◄. (Ccn,. 2!,). (1) v11,t'lu:1>0r1,1usTO: I..c8 svst~mu socklflslta, Parigi 1002,p. 59-to. ranza 1 talora esigua, a profitto immediato e diretto d'una minoranza. " Se gli uomini politici che si credono accorti - scrivo Yvos Ouyot nella sua Ti1·a,rnide socialista - esaminas– sero la rlparUzione della ricchezza in Francia e ai ac · corgessero che i proprietarì coltivatori della loro terra sono 9 milioni: I piccoli proprietari 3.500.000; gli aflU. tuari, i mezzadri o i roloni 5 milioni; i boscaioli ed i taglialegna 500.000; e che tutti insieme rappresentano il 50 per cento della popolazione produttiva della Francia, considererebbero come ben ingombranti e rumorose le rivendicazioni dei lavoratori, che son minoranza. Quanto all'industria, essa conta O milioni di persone, delle quali S.2(')0.000 appnrtengono olla grande industria e circa G milioni alla plcooln, cioè circa il 65 per 100. Ora tutte lo leggi, le disposizioni, i regolamenti, le premure a ehi si rivolgono? A una minoranza del 35 per cento, che rappresenta la parte della grande in<lustria.,, ( 1 ). '.l'utto ciò ò innegabile; ma a tutto ciò va aggiunta una importante considerazione: che la minornnza 1 a cui ò dovuto Il movimento soeia.ljsta, non solo cre,le in buona fede che il suo interesse collima e collimerà. sempre perfettamente con l'interos'!e della maggioranza, ma fa di tutto, fin d'ora, perchò i due interessi non cozzino aspramente tra loro e non divengano antagoni– stici. E qui sta. appunto la forza del socialismo, perchè, se i socialisti non fossero convinti, a. torto o a ragione, o non sapessero convincere la gran massa dei neutri o degli Indifferenti, che il socialismo sarà o dovrà es• 6cre un beneficio sicuro per tutti, nè essi stessi avreb · boro quell'energia, quella combattività, quel ;anatlsmo ohe gli ànno resi temibili e rispettabili, nè incontro• rebbero nelle classi affini quelle crescenti simpatie che ànno portato ad esercito la loro falange. Per le collet• tività come pet singoli l'unica strada per beo difendere il proprio Interesse è quella di conglobarlo con l'inte– resse comune, sla. adattando quello a questo, come fanno i deboli, sia J)Ure conformando o plasmando questo a quello, come san rare e àn sempre ratto i forti. Ma il mettere in aperto e brutale contrasto l'un interesse con l'altro ò cattiva o stupida politica, che isola, immeschi· nisce e indobollsco qualunque movimento sociale per quanto giusto e buono in sò stesso. È quel che nota in un suo articolo Dc Viti Do Marco: " Quantunque oggi - egli dice - sia di moda di giustificare con la lotta. di classe ogni azione politica, e si proclami ad alta voce, e con tal quale ingenua sin– cerità politica, ohe ognuno di noi 1 come individuo, corno partito o come rappresentante cli partiti, ha la esclustva missione di curare e di direnrlere l'interesse della classe che si è a lui confidata, non si nV\'erte abbastanza che nella storia la difesa dell1intoresse di classe si è sempre fatla, ma si è pur sempre coperta, secondo i tempi, ora dietro il saldo usbergo, ora die~ro il fragile paravento dell'interesso generale. E non si anerte abbastanza che l'appello all'interesso generale non è sempre una misti• ftcazione etorica, polchè nessuna classe, come tale, pro– clamando brutalmente o elnceramente il suo esclusivo interesse, ò mai arrivata al potere o ba potuto a lungo conservare il potore, quando il suo interesse di classe era dalla origine o si ò messo di poi in contrasto con l'interesse oircostanto della collettività. ~ (2). Ma la classe operaia, )'abbiamo <letto, à finora seguito la strad!\ buona, cercando, nel combattere poi proprio intereijse 1 di uon urta.re e disprezzare troppo gli interessi affini, anzi cli attirarseU o di amicarseli, facendosene perfino, e pili d'una volta 1 fiera e sincera paladina. E 1 so oggi qualcheduno amante di novità s'atteggia a gradasso dietro lo spalle altrui e dichiara che la classe operala t') Yv•:s OUYOT: IA t11nrn11ie sockllisle, Parigi 1893. ('J O•: VITI Df: MAnCo: " La polltlca commerchlic o i;ll 1ntc1·ossi del ll\\'\)t'/1.lorl •• In (;to,·11alc dtqH Eco110111LsU, luglio 1904, pag. GO.

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