Critica Sociale - Anno XVII - n. 17 - 1 settembre 1907

26G CRITICA SOCIALE PllAGMATISMO POLITICO (Pregiudiziale a una confutazione) Pubblichiamo qui subito - non foss 1 altro per la sna biz7,arria - la ... 1 ' pregiudiziale,, che, col titolo stampato qui sopra, Angelo Crespi oppone alla con– futazione del suo articolo, scritta dal Oallé, che il Crespi uon solo non ha letta, ma della quale non ebbe 1 dall,annuncio generico in fuori, il più lontano sentore. Il sistema è molto spiccio. Esso ò tanto piG spic– cio e risolutivo, in quanto l'argomentazione del Crespi è una pregiudiziale affatto generica: più che " a una confutazione,,, essa è la pregiudiziale a tutte le confutazioni, a tulle le discussioni, e persino a htUe le rettifiche. Non dichiara il Crespi che auche i falli ciascuno se li (a a modo suo, a seconda dei punti di vista e dei desideri, sui quali non si discute? A parte ciò che ha certamente di paradossale, intendiamo dire di "out1·ancie1· ,,, la (01·,na della tesi del nostro amico d 1 oltre Manica, e tenuto anche conto di ciò che ogni paradosso - e questo fra gli altri - contiene, a suo dispetto, di vero; noi pen– siamo che la cdtica di quella tesi da nulla balze– rebbe fuori tanto nitida, quanto ... dal semplice accostamento della tesi stessa all,articolo che inten– derebbe preconfntare. Leggendolo, e rileggendo sè stesso, il Crespi, cre– diamò, dovrà ammettere che le sue ipotesi in parte non raggiungono e in parte vanno al di là del bersaglio. E se, dopo ciò, vorrà concederci che sa– rebbe, di regola, cosa prudente leggere l'articolo avversario prima di avventargli contro la replica, dovrà essere assai soddisfatto di questo en·ata– corrige. Perchè Ja tesi dei falli che ciascuno fa a suo piacere, dei punti cli _vista che dominano Je interpretazioni e dei desideri che non si òiscutono, renderebbe, fra l'altro, perfettamente inutili (altro che vragmatismo!) gli stessi articoli suoi, così a.p- 1)rezzati dai lettori, anche, e forse tanto più, quando vanno a ritroso delle idee comunemente accettate. La quale inutilità non era forse precisamente quello che il Crespi voleva dimostrare. Ma. è temvo di dargli la parola, senz'altri commenti. LA CRITICA SOCIALE. Non è mia intenzione, a due mesi di distanza dai fatti del Sud di Francia 1 di ingolfarmi in una minuta confu– tazione di qualsiaei confutazione del mio giudizio su di essi. Sebbene io non creda alla autorità assoluta del– l'opinione universale, nondimeno 1 sopratutto in cose che riguardano la vita. pratica, mi si dovrà concedere che essa ò grande assai. Ciò posto, debbo dire che non avrei scritto l'articolo sulla II tragicommedia del vignaioli francesi 11 se non m'avesse stupito la rapidità con cui da parti e epiriti diversls~imi ,,enne, su tali eventi, formulato un mede– simo giudizio. Quando quell'articolo fu scritto, le fonti delle mio informazioni erano state: la lettera-arti– colo di Yves Guyot al Times, lettera che è al fondo delle mio impressioni, gli articoli dei corrispondenti dei ptincipali giornali londinesi liberali non meno che conservatori, e articoli del Journal des Débats e del 1'emps. In seguito, vennerQ a confermare tale interpretazione gli articoli sugli affari esteri di quasi tutte le Riviste inglesi che se ne occuparono, le corrispondenze dell'in– viato speciale del Con-iere della Sera e uu cenno rias– suntivo della Hivisia Popolare dell'on. Colaianni. F, so– pratutto venne il culmine del lato comico della. tragedia, L'andata segreta di Marcello Albert a Parigi, il collò-' quio con Ciemenceau, l'accettazione delle 100 lire, la conversione del ribelle, la caduta dall'apogeo della fama e l'estinzione dell'agitazione; e tutto ciò dopo che l'ar– ticolo fu scritto, tant'è vero che in esso non ve n'è alcun cenno, Ora, qual era Io ecopo del mio articolo e qual'era la mia interpretazione di tali fatti? 'È necessario proporci questo quesito, perchò la verità di una proposizione è relativa al fine che la suggerisce, alla domanda a cui essa fornisce una risposta; guardare le cose da un altro punto di vista, con altri interessi e intenti, non è con– futare la verità del come esse appaiono dal mio punto di vista. Ora, io mi proponevo di mostrare a coloro, che even– tualmente fossero troppo disposti a Iaeciarui impres– sionare dalle cose di Francia e a trarne argomento di imitazioni, che non è tutt'oro - sebbene io non esclu– dessi che vi siano molte cose d'oro in Francia - quel che di Francia ci viene, o presi ad argomento della mia dimostrazione i ratti del Sucl, come apparvero a coloro che a me sembra li abbian guardati dal punto di vista giusto, che io, naturalmente, non posso credere sia un punto di vista qualsiasi diverso dal mio. I~ un certo senso, ognuno di noi fa I suoi fatti, ossia nei suoi giu.– dizi non pub non recare tutta la propria personalità: il tribunale della Dea ragione è una fantasia pura di spiriti astratti. E la mia interpretazione di tali fatti consleteva nel mcstraro la parte preponderante che, ner produrli, ebbB il pregiudizio protezionistico e della ido– latria dello Stato o il modo infantile con cui la politica è, non dico discussa, ma fatta, soprntutto nella vita provinciale francese, Che tale infantilità sia grande, non è solo la mia im– pressione diretta; è forse colpa mia e di altri se vi sono aspetti della vita francese che producono questa impres– sione? Ciò posto, una confutazione non può essere pos– sibile che sul campo del mio e.sserto: che il pregiudi'zio fiscale e eta.tale sia a fondo dei fatti del Sud di Francia. E qui si capisce cbe, siccome l'onoro dello Stato, e Hl genere del principio di organizzazione, ò caro ai socia– listi, così ad essi riesca interessante dimostrare che in quei fatti tale principio non era compromesso, e che è invece l'assenza di organizzazione della produzione che ne ò responsabile; niuna meraviglia quindi che il loro punto di vista sia diverso dal mio, che i fatti ad essi appaiano pure diversi e che uu santo zelo li inviti alla confutazione. Senouchè, i:ii tratta appunto di vedere quale dei due punti di vista sia più giusto, ossia pili efficace a far prevedere il corso del fatti: e allora non • diviene egli evidente che è il desiderio di un dato corso di fatti che ci fa pensare al punto di vista da cui e.1so appare possibile o necessario? Ciò posto, per me il mondo più desiderabile è quello in cui il principio della libertà e responsabilltà per– sonale ò as~unto a norma fondamentale, e fissa il campo di azione legittima della concorrenza; e ~ncui il principio della organizzazione 1 volont;uia o municipale o di Stato, ha la sua ragion d'essere nella misura in col, dato il carattere e la cultura di un popolo, a me sembra che l'assoluta libertà personale produrrebbe più male (vio– lazione sostanziale di libertà) che bene. I limiti di ap– plicazione dei due principi variano da popolo a popolo e <la epoca ad epoc&;Ja sfera d'azione di ciascuno tendo a variare in ragione inversa. di quella dell'altro; di fronte ad ogni avvenimento o proposta dì riforma, ognuno <Ji noi giudica della opportunità. di allargare o llmitare

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