Critica Sociale - Anno XVII - n. 7 - 1 aprile 1907

100 CRl'l'ICA SOCIALE Noi siamo arrivati a un punto, dove, o i partiti operai, insieme con i vantaggi del nuovo ordine di cose, saranno disposti ad imprimere nella mente dei loro aderenti il dovere di sobbarcarsi spontaneamente e con devozione assoluta agli obblighi che da esso anche per gli operai scaturiscono; ovvero questi obblighi dovranno loro es– sere imposti in forma coattiva('). Appunto percbè crescono le forme di attività che si rivelano più vantaggiose se direttamente esercite in nome di tutti, anche nuove forme di doveri pubblici appaiono ad esse corrispondenti, che eventualmente possono assumere la forma di una DllOV& milizia con norme disciplinari analoghe, ee non identiche, a quelle dell'antica, se gli operai non mostreranno di meritare che ci si possa assolutamente affidare al loro spirito di devozione al bene comune. La reazione attuale in Germania, in Francia, in Inghilterra contro certe ma– nifestazioni del socialismo esprime piuttosto sfiducia in quest'ultima. soluzione, e, se i partiti operai non im– pareranno che il miglior modo di meritarsi la fiducia del pubblico è di dargli la garanzia che in eisi l'ordine pubblico, non meno che l'amministrativo, ha a.mieie mi– liti più severi che lo altre sezioni del pubblico, essi soli saranno responsabili della militarizzazione permanente del servizi che il pubblico ad ora.ad ora riterrà d'utilità generale. Tale è certo la convinzione di molti spiriti liberalissimi e avanzatissimi d'idee, ed è meglio che ciò, che si pensa in segreto, venga il più presto alla luce, perchò rei publicae consttles P1'0videant. A. CnESl'I. (') Rlnunolamo a indo,·lnare a elle rorme d! coazione 11oss!blll pen91 ed alluda Il nostro col\alloratore, e, nnturalmente, se questa, ch'egli riferisce, è anohe la sua personale 01ilnlone, glie 11<i lasciamo 1nte1·a la responsal.l!l!tà. (Nota della CRITICA). TENTATIVI D RINNOVAMENTO (Sulla, c1·isi del movimento socialù,ta) La postilla di 'l1urati al mio articolo su le elezioni tedesche e i socialisti italiani, contenuto nella Critica del 1° marzo, mi offre Jo spunto a qualche osserva• zione in aggiunta a quelle già fatte, le quali, come i lettori ricorderanno, furono designate come intinte di sovel'chio pessimismo. Il vero è che la crisi, in cui versa attualmente il socialismo in Italia, comu– nicberebbe il daltonismo neroveggente al dottOL' Pan- gloss in persona ( 1 ). • [I Turati, dichiarato che il movimento socialista è jn un periodo di trasformazione e che il contenuto nuovo più non si attaglia alla vecchia cornice, af– ferma: " due fatti rimangono: la necessità di una riforma sociale profonda, nella nostra direttiva; il formarsi, sempre più intenso, di Leghe, di gruppi, di corporazioni, della cui azione il logico sbocco è in quella stessa direttiva. ,. Indi: " Non pretendiamo di tener le dande alla storia. Il moto trove1·à la sua via. Le nuove for• mazioni si c1·ee1·an110 l'involucro. La milizia prole– taria issedt la sua bandiera) fnrà il suo partito. " (I) L"n sintomo tra I ml11eohe sl potrollboro segnnluro, l,'on. TroYes, che è oratore llrlllanto, erfteaeo o conoettoso, In nna delle p11ssato domeniche di fellllrnlo doveva pnr!aro nl pro1,rt elcltorl di Milano, facendo roloz!ooc dell'o11cnl compiuta In Purlamcnto. Presentatosi al luogo o au•orn convenuti e 1,reannunzlat! da tutti I glornal1, l'orator(', prima di poter comuniMre all'u<lltor!o le proprie Idee, <!ovetto atten– dere più d'un'ora, Il tempo necessario J)erchè alcun! giovani volon– teroal potessero racimolare e addurre al Com!1.-louna qua!Clll'l<lleolua di elettori, E olò In quel VI Collegio <li Milano che a! vanta come uno del 1,tù prolct:ui e socialisti <l'Ita\la. Con queste proposizioni (di cui ho sottolineato intenzionalmente alcune parole) sembra quasi che IL Turati ritenga fatalmente necessario l'affermarsi, ~ella storia ùel socialismo riformista. Il che non è. E dal punto' di vista subiettivo è bene che non sia;_giacchò ogni movimento rinnovatore ha tanto maggiore ca– pacità diffusiva 1 quanto più si ispira ali~ filosofia del volontarismo anzichè a quella del fatalismo. Il vec– chio marxismo zoppiccava anche a questo riguardo. Ogni riformatore sociale deve praticamente credere al libero arbitrio, e, stimando possibile una propria influenza sul corso degli avvenimenti 1 tener presente il JJrofondo concetto di G. B. Vico, che cioè siamo noi che facciamo la storia: l'istoria è nostra fattura. D'altra parte, non basta dire che lo sbocco de!– Pazione delle Leghe operaie è logicamente nella di– rettiva del riformismo; occorre anche fare in modo che questa verità logica diventi, e al più presto, una verità pslCologica per le masse 1 di guisa che questo non deviino in movimenti laterali o contrari, con enorme spreco di energie e con rallentamento del ritmo socia I izzatore. Ed ecco che così si delinea. la funzione degli in• tellettuaU nel socialismo. Ad essi (parlando dei rifor• misti) incomhe dar vita ad una ideologia, la quale abbia tale contenuto razionale ed emotivo ùa attrarre le classi lavoratrici sulla diretti va del riformismo col minimo attrito e col minore dispendio di forze possibili. Senza presumere di tener proprio le dand~ al movimento prvletario, ad essi spetta gettare potenti fasci di luce sulla strada da percorrere, mostrando i pericoli, gli ostacoli, le accidentalità del terreno, sventando le insidie, i tranelli e gli agguati del ne– mico. Nessuno certamente nega che si sia agito e che degli sforzi siano stati compiuti in questo senso; ma il male è che a tessere certe tele non bastano poche spole, per quanto intelligenti ed attive. * * * Secondo il mio modesto avviso, in questo periodo di preparazione (accettando l'opinione di Turati che noi ci troviamo in una crisi di preparazione), i revi• sionisti riformisti devono tutti, non eccezionalmente, far una cosa: romperla con la tradizione, percon·e1·e intera la traiettoria che separa l'utopia, catastrofica dalla naltà evoluzionistica. In genere noi siamo stati troppo poco iconoclasti; abbiamo avuto quasi ritegno a seppellire le idee morte. Eppure, se dovessi usare un'immagine macabra, direi che l'edificio del riformismo non può sorgere che su un cimitero di principì trapassati e sorpas– sati. Cotesti principi si raggruppano pressochè tutti iutorno alla teoria marxista della catastrofe sociale, col lugubre corteo delle crisi, dell'immiserimento crescente, della proletarizzazione dei medi cetì, ecc. Non è a dire come quest'idea sia ancora radicata nell'animo dei più, com'essa sonnecchi nel subcosciente degli stessi riformisti, cioè di coloro che, tra gli anar– chici del sindacalismo e i confusionari dell'integra- . lismo, stanno, o dovrebbero stare, all'avanguardia del movimento socialista. Questa teoria nefasta dell'im• miserimento crescente e del cataclisma finale, desti– nato a travolgere d 1 un colpo l'ordinamento attuale, va assolutamente bandita ed esplicitamente sconfessata da tutti 1 come quella che, oltre trasfigurare grotte– scamente il senso della realtà, nega la ragion d'essere dello stesso riformismo, in quanto questo è basato sul principio precisamente opposto: sulla possibilità del progressivo miglioramento delle classi lavora– trici, le quali, ascendendo continuamente nella scala sociale e conquistando posizioni sempre più vantag– giose con tutti i mezzi adatti allo scopo, a1'gineranno ea elimineranno grc(ditalmentelo sfruttamento capita– listico, sotto l'una o l'altra forma di organamentodel p1·ocesso produttivo della ricchezza.

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