Critica Sociale - Anno XVII - n. 7 - 1 aprile 1907

112 CRITICA SOCIALE come il misero ste:180, del resto, non sente soverchia gioia pensando che può campa.re ilare alla meglio, mentre altri, più miseri di lui, muoiono letteralmente <l'i rame. Il ricco, aduuque, quando non abbia da.invidiare qualcuno più fa• coltoso di lui - e questa è In.regola generalej - quando non agogni anch'egli alla soddisfazione di bisogni più raffinati e piì1 cnpricciosi a cui il suo patrimonio, per quanto grande, non basta, sente il peso e la noia delle sue ricchezze, sente l'infelicità. d'una vita inattiva, 11pesa senza uno scopo più nobile che non sia il godimento materiale, sente la nausea e la ripienezza di chi, avendo mangiato a sazietà, veda davanti a sè apparecchiate altre succulenti vivande. Chi siede a lungo sopra una poltrona, trova alla fine il desiderio d'un sedile più duro; a chi è stato lungo tempo in riposo, punge il bisogno di fatica e di moto; chi à avuto sempre ogni cosa al '-UO comando, chi à nuotato sempre nell'oro al pari di Midn, sente lo Atimolo a sperperare anzichè accrescere la sua ricchezza, brama conoscere anch'egli l'aculeo della dura necessità; stufo delle altezze a cui si trova 1 sente la nostalgia delle bassure sociali, e, messosi a capofitto pei vicoli del vizio, delle orgie, della crapula, rifà a grado a grado la scala della fortuna, finchè non precipita nel fondo perfettamente rincanaglito. Questo nei casi estremi. Normalmente il ricco ba bi– sogno - impellente bisogno - d'esser più ricco. Quanto già possiede - sia pur molto in confronto di quanto pos1:1edevaun tempo e in confronto di quanto posseggono altri - non lo soddisfa, non lo rende felice, perchè è legge fondamentale dell'umana natura - almeno per quanto riguarda i popoli e le nazioni civili - l'aspirare continuamente a nllove cose e a godimenti nuovi, che, llna yolta raggiunti, si lasciano sprezzantemente da parte per la ricerca affannosa di altre mète e di più splen– denti orizzonti. Niente, pertanto, è più contraddittorio che l'ammettere da un lato nei ricchi il desiderio di maggiori ricchezze e il sostenere dall 1 altro - come ra il Colajanni, seguendo il giudizio del volgo - che essi sono più felici degli altri mortali. Chi sta bene non si muove; chi è felice non à motivi per andare io cerca di altra felicità; e come il filosofo greco, a chi negava il moto, rispondeva movendosi 1 a chi inveisce e predica contro la loro felicità, i ricchi rispondono correndo in caccia di questa diabolica dèa, che rifulge e civetta sempre dinanzi agli occhi degli uomini senza lasciarsi raggiungere mai. Ancora più assurdo è poi il dichiarare contento chi à 1 percbè non rinuncia ad avere. Alla stregua di simile ragionamento, noi possiamo affermare che vivono nella più perfettà. beatitlldine tutti gli esseri umani di questo mondo, quelli almeno che al par di Diogene non ànuo gettato anche la ciotola di legno per bevere nel cavo della mano; J)Oichè nessuno, per quanto poco possieda, intende mai rinunziare al suo patrimonio. Che rlire infine dell'affermazione che il progresso in– tellettuale aumenta la felicità psicologica, poichè l'uomo colto non vuole ritornare nel1 1 ignoranza e il grasso bor– ghese non rinunzia a mandare i p.ropri figli alle Uni– versità e ai Politecnici? Come se non si conoscesse da che mondo è mondo qllali siano i tormenti del sapere, e come se alla beatitudine e alla prosopopea degPigno– ranti, che nel ristretto cerchio delle loro idee ritengono contenere lo scibile e si pavoneggiano della loro cecità iutellettuale 1 non faceAse sempre riscontro l'irrequie– tezza e l'incontentabilità dell'uomo colto e istruito, che più sa e più sente di non sapere. Lo dice anche l'Eccle– siaste che" dov'è molta sapienza è molta molestia ,.,,che " chi accrPsce la scienza accresce il dolore ,.,; e non per• tanto l'Ecclesias~e stesso ammette che alla scienza. non si rinunzia, perchè essa à le sue radici nell'invincibile e prepotente curiosità umana, che ci spinge fln da fan– ciulli a rerca.re e vedere le cose anche ributtanti ed orribili, pur sapendo o presentendo che ci faranno ri-• brez~o ed orrore. La scienza adunque non aumenta la felicità, come non l'aumentano le ricchezze e i godi– menti materiali; come non l'aumenta tutto ciò che si chiama progresso. La nostra psiche, evolvendosi e no– bilitandosi, diventa più sensibile ai godimenti e ai pia– ceri, ma anche meno refrattaria ai ·dolori, nello stesso modo che il nostro organismo, quanto più si raffina e si ingentilisce da un lato 1 tanto più dall'altro diviene delicato e passibile di ogni leggero malanno. Dobbiamo concludere, per questo, che ogni progresso è condanna– bile e che meglio sarebbe rimanere sempre nella più bassa barbarie? lnnanzi tutto ciò non è fattibile, perchò il progresso e l'eYoluzione non ubbidiscono nè ai det– tami nè ai capricci della nostra ragione; in secondo luogo ciò sarebbe assurdo, perchè, ,lata la nostra natura irrequieta e scontenta 1 il progresso, se non aumenta la nostra felicità, è però condizione sine qua non per mante– nerla allo stesso Ii vello, essendo la nostra vita parago– nabile a quella ruota di molino di cui, come abbiamo visto in altro capitolo, parla Francesco Ferrara. La ruota gira continuamente, mossa dalla corrente della civiltà, l'uomo sale ed è costretto a salire continuamente, affan– nosamente, di paletta in paletta, per rimanere sempre alla stessa altezza, ma anche per non precipitare ne-I ~orgo che gli si spalanca di sotto. (Continua). CARLOPETROCCIII. FRA LIBRI E RIVISTE Novalis, a cura di G. PREZZOLINI 1 con ornamenti di Ch. Dou– delet. Libreria Editrice Lombarda, L. 2,50. Di Novalis, al secolo Friedrirh von Hartenberg, lo scrittore pensatore e filo11ofomistico fiorito in Germauia verso la fine del secolo XVIII, e in questi ultimi anni, gra1,ie alla traduzione francese fattane da Maurice Maeter• linck, divenuto l'eroe di uoa specie di popolarità snobi– stica, ossia di una celebrità altrettanto imprecisa quanto diffusa in certi circoli intellettuali, nulla o ben poca cosa ancora era noto agli italiani. Oiunge dunque opportuna la raccolta di estratti dalle varie opere che di lui pubblica Giuseppe Prezzolioi, facendola precedere da una parti– colareggiata introduzione biografica e critica, e raggrup– pando opportunamente J)er ordine e qualità di soggetti i frammenti e i pensieri sparsi ch'egli ha scelti fra i più interessanti e significativi. ll volumetto, uscito in nitida veste tipografica, e adorno di una copertina, di testate e flnalini arieggianti le an• ticbe xilografie e dovuti a quel raro e suggestivo artista ch'è ò Charles Doudelet, si annuncia come il primo di una serie, il cui programma è detto dal titolo stesso. Poetae,philosophi et philosophi mino,·es. mgs. Race-0mandiamoa tutti i nostri letto~·i gli abbonamenti cumulativi, convenientissimi, della CRITICA SOCIALE: col Tempo di Milano: amw L. 22, semesln L. 1.2; coll'Avanti di Roma: amio L. 22, semestre L. 1.1. j Colla Vita di Roma: esclusivamente annuo L. 20. GIUSEPPE RIOAMONTI, gerente responsabile. Milano, so/s 1907 - Tlpogratla Opera.I {Soo. eoop.), o. vitt. Em. 12·16,

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