Critica Sociale - Anno XVI - n. 22 - 16 novembre 1906

CRITICA SOCIALE 339 il necessario vigore mercè cure ricostituenti. ,, In altri termini: rinforziamo le membra ... che poi do– Yrcmo tagliar via! E il Don _,lfarzio (timeo Danao.(:!) ci incorona cli rose, ci colloca in una nicchin spe– ciale, quella dei socialisti patrioti, intelligenti cd onesti, per appiopparci, parafrasando li nostro articolo a modo suo, l'opinione che " le speso militari sono in– dispensabili n o che " è onesta, rrnzi doverosa, la domanda cli nuovi fondi accampah, dal Ooverno ,,. Leggere por credere! * .. Noi preferiamo ritornare sul nostro terreno, che ci sembra, a malgrado di tutto lo obiezioni, assai solido o piano. So noi non faremo una politica estem subdola o spavald11 1 d'insidia. o di provocazione, so faremo una politica sinccrn. e modest-a, la invasione e la annes– sione di qualshtsi parte dell 1 ltnlia a uno Stato stra– niero sono oggi un'ipotesi assurda. Questo è ciò che abbiamo sostenuto: e in ciò Vittorio Piva - meno malo! - è d'accordo con noi; gli altri critici nou ci smentiscono, nò ci recano argomenti in contrario. E non è poca cosa. Xon ci pare sia indifferente - in un dihattito come quesèo - tener salda questa pregiu– diziale: che di1>0ncleproprio da noi, dal nostro aver giudizio, a parte ogni aumento di forza militare, non dover tomere lo smembramento della. patria. Perchè, intanto, quando si vuol commuovere la pubblica opi– nione, por indurla ad allentare i cordoni della borsa e concedere nuovi sacrifiz'ì al elio della guerrn, è appunto questo spauracchio - di un possibile ri– torno allo soggezioni straniero - che si fa balenare. 'l'alto esso di mezzo, la discussione ne risulta estre– mamente ridotta e semplificata. Rimane allora un solo punto discutibile, sul quale il Piva s'indugia: quello degli "altri interessi,, - estranei alla difesa materiale del territorio contro possibili o non provocate aggressioni - i quali po– tremmo aver ragione di difendere anche colle armi. Quali sono cotesti interessi? ano essi tali per cui un pttese, già dissanguato dal fiscalismo come il nostro, già, così in aLTetrato sulla civiltà contempo– ranea, dobbti peggiorare ancora le proprio condizioni di sviluppo interiore, per perseguirne la difesa? E quale wu·anzia ci vien data che sarà proprio con un aumento di spese militari che riesciremo a questo scopo, e che non piuttosto ci indoboliremo, por più versi, compromettendoli viepiù e rinunciando a difen-. derne altri ben piÌI urgenti e più gravi? l~cco il quesito da noi posto e sul quale pregammo i contraddittori di volerci illuminare - dis1>0sti a mutar d'opinione, ma a patto che ci si presentino argomenti tanto chiari o concreti q_uanto sono concreti ed evidenti ì maggiori sacrifici che ci vengono chiesti. Noi non siamo herveisti, già lo abbiamo òotto: gli herveisti fanno buon mercato della patria, e mettono perciò contro la tesi della riduzione di s1Jcse tutti coloro che alle patl'io non sono disposti a rinunciare. Noi rimanh,mo sul terreno ortodosso; vi rimaniamo per convinzione, e vi rimarremmo per ragioni di tattica Re cotesta con"inzione non ci assistesse. J~ della difesa. della patria, anteriore e superiore a ogni di– fesa di clnsso, che ci preoccupiamo in questa disputa. Vittorio Piva, a buon conto, non ci illumina af– fatto. -~gli l'Ì!>Ctosu por giù quelle medesime gene– ralità vaporose, che sono il munizionamento obbli– gato di tutti i fautori degli aumenti di spesa; - l'ltalin non può ridursi a faro la Svizzera; ha la libertà do' suoi mari da tutelare; ha già. perduto l'.l•:gitto e la •runisia, non deve perdere anche una possibile inllucnza nei Balcani e su l'Albania; non può lasciaro l'Adriatico diventar lago austriaco. Parliamoci, di grazia, un tantino più chiaro. Quando due ragionano a perfidiato senza intendersi affatto, si dice che fanno della metafisica: potrebbe dirsi u~ualmente che fanno della politica estera. Se Prtalia ha perduto (li ha proprio perduti'? era un bene che li avesse?) la r.J~unisiae l'Egitto, ciò non proverebbe, a dir vero, che l'esercito e l'armata le abbiano molto giovato. Noi preghiamo i nostri critici di dirci in quale occasione - dopo il '60 - l'esercito e l'armata abbiano procurato un vantaggio tangibile alla poli• tica estera italiana od abbiano stornato dal nostro capo un danno realmente minacciato. La Venezia ce la diede la Francia in premio delle nostre sconfitte, forse, per ciò appunto, volute; ma, per esse, pote– vano bastare anche forze minori. Ronm ce la diede la Prussia: le sole armi italiane che forse ci avvi• cinarono alle suo mura furono quelle, se mai, dei volontari di )fontana. vgritrea fu acquistata senza armi e fu mantenuta malgrado il disastro di Adua, dove sarebbe stata gran ventura non avere un corpo d'esercito da f'tir massacrorc. l!,orsc non sarebbe iU'• rischiato asserire che i nrn.ggiori vantagg-i (o i mi– nori danni) li avemmo semprn d1.tllanostra. deholezza, anzichè dalle forze mi!Lari. li 11"n incutetP. timore è unch 1 csso una forma di difet1a, e può es::iere la più com•eniente, quando non si 1>ossaineutcrne tanto da imporsi senz'altro. Machiavelli pensasa qualche cosa di simile quando scrisse che i nemici conviene o spegnerli o carezzarli. In che cosa si sostanzia la famosa influenza che dovremmo esercitare nei Balcani e su l'Albania? Sono paesi, per noi, pressochò sconosciuti, poveri, arretrati, coi quali non abbiamo 1 e non avremo per secoli, la centesima parto del commercio, che già ab!,iamo nvvinto, e che - se non saremo esauriti dal salasso militare - potremo moltiplicare, con qualsiasi altra regione civile d'Europa e d'America. - g che cosa vuol dire l'Adl'iatico divenuto lago austriaco? Che ci si tapperanno le uscite, che le nostre navi non potranno solcnrlo o pagheranno pe· daggio? No per fermo 1 non i-i tratta di questo: non si tratterebbe neppure se, por precipizio di casi, disfacendosi l'Austria, la Germania venisse a. Trieste: nella quale ipotesi, se Francia o Inghilterra (della Russia non è il caso peL·ora di discorrere) lo con• sentissero, non saranno le nostro corazzate che ne sventeranno il disegno. L'Adriatico sarà dunque ita– liano, o austl'iaco, o tedesco, o sarà mare neutro, a seconda che l'Ltalia, o I'A.ustrio, o la Germania po· tranno meglio giovarsene poi loro commerci, o po– tranno giovarsene assieme in equa misura. lCa i commerci discendono dalla produzione, e questa è svigorita da un aumento di spese militari. Oira e volta 1 siamo sempre al ragionamento della buona massiia, che Vittorio Piva ai sforza cli m13ttere in canzonella 1 e che si ostina a non cedere la ca– micia sol porchè altri le dica - e non le provi - che c'ò al mondo qualcuno che potrebbe turarle lo finestre di casa. La massaia ha mille volte ragione. Essa conosce bene il suo bilancio domestico e non si lascia. frastornare dagli alhHmisti. Se le o~igcnze del bilancio domestico debbono porsi in un canto pel sospetto di pericoli vu~hi o per la preoccu1>azione cli interessi ancora pii1 va~hi, la con– seg-uenza sarehlJe una sola: che, quanto più un paese è debole o angusto, incapace di so::itenere grosse spese d'armamento, tanto maggiori dovrebhero essere queste spese. Il Belgio e la Svìzzera, il Principato di Mo– naco o la Repubblica di San Marino, potendo pii1 facilmente divenir preda cli altri Stati, dovrebbero munirsi di mnggiori difese che la Francia o la Ger· mania. l'1imposta militare dovrebb'essore progressiva a rovescio. Sprofondiamo nell'assurdo lino ai capelli! . *. Ma la questione, per noi, è giudicata, o giudicata. nel nostro senso, dallo stesso Governo che propone

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