Critica Sociale - Anno XVI - n. 22 - 16 novembre 1906

338 CRITIOASOCIALE l'indipendenza, volle fare la cava11eresca e disse, da ro– mantica quale era, due frasi sulle quali imperniò 1 per molti anni, la sua azione: " politica dalle manì nette ., e" poveri ma onesti ,,. E rinunciò a Tunisi e all1Egitto. Forse quelle due frasi celavano la sua impotenza e de– bolezza. Che il romanticismo di noi socialisti celi la nostra ignoranza e la contraddizione tra i nostri prin– cipi e la realtà dei fatti? Prima di concludere questi cenni critici al tuo ar– ticolo, lascia che io tenti di disperdere una tua illu– sione, Hai posta per assurdo l'ipotesi di un'invasione. Lascia che io ti dica che, in caso di un'invasione, i sassi rimar– rebbero al loro posto e Le donne ed i fanciulli non pu– gnerebbero. In tutti i casi, sassi, fanciulli e donne si sncriflcherebbero invano. Si capisce, caro '!'urati, che tu sei milanese e sempre no letterato .... Le Cinque giornate ti si fanno innanzi gloriose e lo spunto retorico ti to– glie la visione esatta. delle cose. E'orse un'insurrezione improvvisa, in una ci~tà come Milano, potrebbe avere ancora qualche probabilità di momentaneo successo; ma è un vero assurdo credere che possano qualche cosa contro eserciti disciplinati i sassi, le donne, i fanciulli, gli uomini disorganizzati, non addestrati alle armi, ed anche le bombe. I cannoni a tiro rapido (quattordici colpi al minuto, se non erro), le mitragliatrici, i fucili . a due Q tremila metri, l'organizzazione, la disciplina, l'arte militare, che ormai utilizza qualsiasi più recente scoperta scientifica, riusciranno sempre con la massima facilità a schiacciare ogni forma di insurrezione e di rivolta. .A costo di far dispetto ai nostri sentimenti, che vor– rebbero vedere un Balilla vittorioso in ogni italiano, è forza riconoscere che soltanto un esercito può valere qualche cosa contro altri eserciti . .Mi sembrerebbe su– perfluo insistere e concludo dicendo che non credo si debba concludere. Ma ti sembnt che un partito, che ha la coscienza di discutere mesi e mesi su aggettivi, possa permetterai di concludere cou tanta sollecitudine su un problema gravissimo? Co lo siamo posto innanzi ieri inaspettatamente, ne sappiamo pochissimo o quasi, e vogliamo già tirare le somme? Per fortuna le acque internazionali si sono un po' tranquillate e possiamo discutere, senza l'ossessione anti!mcchionica, con qual– che comodità, all'infuori delle preoccupazioni immediate. È necessario però metter chiaro i quesiti: può il par· tito socialista disinteressarsi del fatto ehe l'influenza politicai ch'è influenza di inteì-essi economici, ·c1ell'Italia nei rapporti internazionali, possa ridursi al nulla? Non sarebbe esiziale per i principi democratici e socialisti che le democra1-.ie, per la loro debolezza militare, do. vessero soccombere in una possibile lotta o venisse a scemare la loro influenza? Dato che si risolvano questi due quesiti nel senso che a me sembra il più realistico e pratico, un esercito bene organizzato diviene esso una necessità - e non un oggetto Ili lusso - per i paesi a regime democratico, e quindi anche per l'Italia che ha spirito democratico più d'ogni altro paese? E lascia da parte, caro '!'urati, la tua massaia, ch'è molto meneghina, ed avrà certo buon senso ... Del resto, domanda alla tua massaia se si preoccuperebbe molto della camicia quando le turassero le finestre .... Ed ò questo il caso clell 1 Italia ... E, l)Oichè una conclusione v'era pure nel mio articolo comparso nell'Avanti della nomenica - nel quale tro– verai qualche argomento che qui, con molti altri, per economia di spazio 1 metto da parto - lascia che la ponga pur qui. Non si dia un voto ai nuovi crediti per– chè, come sono chiesti, non tranquillizzano in nessun senso. Per mio conto, si faccia un'inchiesta tecnica e politica e si dica chiaro o tondo quanto si vuote e per• chè si vuole. A priori non mi spaventerei di nessuna cifra. Roma, 9 novembre 1906. 1'uo YITTORIO PIVA, Cogliamo l'occasione della lettera di Vittorio Piva per replicare brevemente anche a quei giornali che, isolando questa o quella frase del nostro ultimo ar– ticolo) pretesero di coglierci in fallo di scarsa logica o di deficiente coraggio. Conviene, evidentemente, aiutare l'intelligenza dei nostri critici, spiegandoci ancora più chiarn. - Quando noi parlammo di donne e di fanciulli e di pietre che si solleverebbero contro la ricostituzione di un lom– bardo-veneto austriaco, abbiamo fatta quella che in retorica è chiamata l'iperbole; volemmo dire che Ja annessione, supponendola possibile 1 di lii\ lembo dell'Italia ad uno Stato vicino offrirebbe oggi tale una mala gatta da pelare al conquistatore vittorioso, da non parerci possibile che ad alcuno, che non esca direttamente dal Manicomio provinciale, possa venirne il desiderio: ma avevamo premesso che reputavamo l'ipotesi a dirittura inconcepibile, e perciò non ci correva obbligo di discuterne molto seriamente le conseguenze. Rammentarci quindi ~ come fanno ad una voce il Corr·iere della Sera e l'Esercito (5 e 7 corrente)– l'esempio dell'Alsazia Lorena, è uu ragionamento bislacco. I paragoni, insegnano i loici, devono cor– rere con cento piedi, e questo zoppica persino dai due coi quali vien fatto. Quella del '70 fu una guerra voluta dalle due nazioni antagoniste, le quali avevano, per assalirsi e per tentare di diminuirsi a vicenda, ragioni specialissime e ben note, delle quali nessuna nazione ha oggidì verso l'Italia le somiglianti - se almeno uoi non ci ingegniamo a crearle a bella posta! E così, quando scrivemmo di " decoro nazionale,, per dire che, se mai, esso ci pareva a bastanza sal– Yaguardato dalle forze di cui disponiamo, dovevamo mettere un richiamo e una nota per avvertire che nel nostro discorso c'era una punta d'ironia? Pal'8 di sì, poichè Ja Lombardia (o corrente) ci obietta che essa al decoro tiene assai meno che al bilancio e, se non fosse che per quello, ridurrebbe le spese. Bravissima! E grazie, ottima consorella, dell'aiuto inatte,so che ci recate. Finalmente, quando CotTiere e Lombardia ci osseL'– vano che la nostra tesi delPimpos:,ibilità di un'inva– sione dovrebhe portarci più in là di quello che fu il nostro segno - alla riduzione, cioè, e magari all'abo– lizione dell'esercito - ripetono quello che avevamo scritto noi stessi. Senonchè, parteggiare per la ridu• zione dell'esercito sarebbe mai una ragione sufliciente - quando è posta la questione di uu aumento delle spese militari - per perorare e per votare in favore? F, concludiamo questa rassegna preliminare col no– tare il singolare antropomorfismo della 'l'ribmw (6 corrente) e il non meno singolare daltonismo onde è affetto un giornale ministeriale di Napoli, il Don Mm·z-io (7 corrente). La prima, rilevando l' os– servazione da noi fatta, che, fiuchè il paese si di– mostra corrivo ad accordare nuovi fondi, è utopistico pensare che il vecchio organismo militare consenta un'ardita e dolorosa. chirurgia, ci oppone questa si– militudine clinica: "quando 1111 corpo appare organi– camente debole, anche per morbi localizzati, se non Jo si vuol ridurre a dirittura inutilizzabile (sic), pl'ima di sottoporlo a tagli anatomici, è opportuno ridonargli

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