Critica Sociale - Anno XVI - n. 9 - 1 maggio 1906

CRITICA SOCIALE di Ministero del Ia,,oroj non insomma di tutto quanto migliora la condizione economica O morale del proleta– riato, all'infuori dell'o1·ganizzazione di mestiere. Se, ad esempio, in Italia dovesse ini1;iarsi un'agita– zione per raggiungere quello che - a mezzo della le– gislazione e dell'intervento dello Stato - hanno recen– temente ottenuto i lavoratori francesi, di avere, cioè, assicurati i giorni della loro vecchiaia con una pensione di un franco al giorno, i sindacalisti si opporrebbero (o per lo meno dovrebbero opporsi Sf:lavessero un po 1 di co– raggio o un po' di coerenza) con tutte le loro forze al– l'attuazione di una tale riforma, come quella che non è consona ai principi del liberismo di cla<Jse. Crediamo però che, qualora questi signori volessero persistere sul scrio nelle. !oro controagitazione e non mettessero a tempo debito le sordine ai loro strumenti liberistici, troverebbero le più dure resistenze e la piì1 aperta rea– zione in seno alla stessa classe lavoratrice, la quale sa e sente quali sono i suoi veri bisogni. Allora sarebbe interessante vedere quali sono i pili fedeli interpreti della coscienza operaia; allora, mentre si chiarirebbe ,!inanzi agli occhi del proletariato quali sono quelli che effettivamente cooperano alla sua graduale ascensione, e quali quelli che non sanno compiere eccellentemente che un'opera d'infruttuosa negazione, a vantaggio, in uit;ma istanza, della conservazione sociale, si appalese– rcbbe anche da che parte stieno i ciarloni, i ciarlatani e i dirnlgatori di spropositi .... Venendo alla seconda pretesa accusa (più su formu– lata) del riformismo contro il sindacalismo, il Panunzio add09sa ai riformisti la veste di collettivisti integrali e autoritari, e dopo di averli, con un sotterfugio logico, così metamorfosati, imprende con essi a JJO!emizzare. i. li riformismo vuole la statizr.az.ione di tutti i rapporti economici; il centro della ,·ita è da esso spostato dal– l'indivirluo allo Stato; da esso si prevede un piano uni– tario, Wti(Ol'me, simmetrico di produzione, che i)rescinde da tutte le difforenze sociali e naturali attraverso cui le primitivo forze economiche <levonsi esplicare. Il col!et• tivismo autoritario propugna la subordin 1z:one e l'irreg– ,!.;'imentazione di tutte le libere e vive forzo ecouomiche ne! meccanismo schiacciante dello Stato. Il sindacalismo vuole invece affidare la gestione della profozione alle libere associazioni degli operai produttori (Sindacati) in libera concorrenza trn di loro; solo per questa via si può realizzare il ma:rimuin edonistico social1 ea elidere, as-iieme al profitto capitalistico, tutte le rendite di mo– nopolio w 'l'alo il senso del ragionamento del Pan1rnzio. Ora, qui conviene dare una qualche dilucidazione per di:isipare i possibili equivoci. 11concetto di socializzazione dei mezzi di v1·oduzione è certo uno dei più intricati e complessi; esso non è stato ben chia1·ito dai teorici del socialismo. Già. il llernstein nelle sue Voraussetzu11gen aveva no– tato le difficoltà che si incontrano nel definire il signi– ficato della stessa parola u socialismo w In un modo generico non sarebbe inesatto il dire che si avrà la socializzazione dei mezzi di produzione quando i componenti dell'aggregato umano potranno soddisfare ai loro bisogni e produrre colla massima intensità. e col minimo sforzo possibile, senza che esista la possibilità per chicchessia di usufruire di una qualche rendita di monopolio o di appropriarsi un qualsiasi profitto a ti– tolo (li gestione dell'intrapresa economica. Il fenomeno dello sfruttamento nou si verificherebbe, perchè l\d ogni reddito corrisponderebbe un costo e non sussisterebbero le rendite di monopolio e i profitti degli imprenditori. La socializzazione ò per noi un fatto dinamico e ten– denziale, che arriverà al suo pieno compimento, al suo stadio limite, in un tempo indefinitamente lontano. E-isa è però già iniziata e io via d'attuazione; a noi non compete altro che di accelerarne il ritmo o di eli– minare gli ostacoli che si op11ongono al suo divenire. Come fatto che ha il suo punto di applicazione sui rap– porti economici, che formano la base e il sostegno di tutto l'edificio sociale, la socializzazione non si effettua che gradualmente. Ma, se il nostro concetto cUsocializzazione presuppoue l'e1Joluzio11e lenta e 1·ifìuta le soluzioni rapide e violente, non per questo esso ùnplica o presuppone quello del col– lelfivismo integrale o dell'irreggimeulazione cli tutte le forze eco11omichenel meccanismo dello Stato. ln altre parole, tr,, socialismo riformistico e collettivismo intf'grale 11011 v'è t·apporlo necessario cli dipendenza, di guis1t che l'uno non sia che il corollario fatale dell'altro. L'opera del– l'iudirizzo nostro ad altro non è rivolta che a facilitare al proletariato il suo innalzamento materiale e intellet• tuale, fornendogli tutti i mezzi e tutte le occasioni 1 perchè possa acquistare le capacità tecniche necessarie a gestire la produzi11ne sociale. Parallelamente alla loro ascen– sione e capacità 1 le classi operaie sapranno foggiarsi colle loro mani - senza schemi rigidi e aprioristica– mente stabilili - gli strumenti della liberazion9 e eman• cipazione economica (1). In un caso però dobbiamo dire che noi siamo pro– pugnatori decisi della statizzazione e della municipa– lizzazione, ed è quando si tratta <li abbattere le posi– zioni monopolistiche o di abolire le cosidette 1·e1idile libere. Questa forma di colleltivismo parziale potrebbe for– nire un'apparenza di ragione all'asserzione del Panunzio, che i riformisti, cioò, vogliono comprimere tlttte le forze economiche nel meccanismo dello Stato. >la la realtà è che solo l'impresa 1mbblica coattiva è iii grado di gmeralizza1·e le remlite !li monopolio per modo che tutti i cittadini ne usu{ntiscauo. Ciò è in un certo senso ammesso anche dal Pa.uunzio) allorquando dice che i re1diti provenienti da monopolio natura.le o da differenze telll1riche devono essere trasformati da red– dito privato in r~ddito sociale 1 e che ogni reddito mo– nopolistico deve confluire nel patrimonio w1itario della sociètà economica lavo1·atrice. L'unica differenza è che, pe1· noi riformisti, l'istituto che deve generalizzare i (I) Quanto ;1. )larx, Il l'anunzlo fa bene n r11,ctere che li comunista tcdc;;co non hil mal parh\to, sia ucl Capi/ii/e cho negli altrl scritti, di cotlettlvlsmo o (\! oroa11i::::a::lont <'OlletUvistlca della socitlrì. Marx ha dato soltanto (o ha creduto di <lare) la linea di formazione del capltttlls1uo: egli lm avuto ao11rntutto di miri\ di mostrare - col m"tocto <llalettloo-1\ege\lano - come si sia venutit costttuondo la odtermt forma di J)roùuilone e quali s!ano gll e!ementl di 11ega::io11e che la condurr/Ul!lO ul òl:1so1v1mento. )11\l"X lrn cr<Hluto <Il tracolM·e obleflivammlt (Tn ~IASARYK: Vi.e phtlosoJ)llfsclieii 1md socio/ogiscllen (,'ru11dlage11 de:; .\Uw.i:imus, Wlcn, 189~) Il process11s del capitalismo come uno sclcuzlato descrive mi 1,rocesso chimico. l,a :ma fu ner Altro un'Illusione, J)erehè nono studio o nella dc~crlz\0110 del fRttl soc\(11!- In cui si \nslnuR e si lntrccelu l1 renomene speoltlco delll\ coscttwrn 1111w1111 - non si può prescindere dal sentimento, dall'elc– m~11to s11bieltiro. Il soggettivismo domina neeossarht111e11tc la com– prensione (\\ tutti I fenomeni 11nu111L. "r,a storia aene wee, del ratti del co~tumi, dello creaz!onl dell'umnuitÌI, HOJl potrà mal esser ved11ln fuori di 1101, come un fenomeno ol;)lettlvo, collocato lontano aa ogni rnpJJOrto e azione del nostro sentimento e dello nostre I\SJJlrazlonl sarit Mmpro al contrarlo un riflesso di questo ultime, perchè solo JJer esse no! potremo Intenderlo e s11lcgarlc. ,, (O. Y11.1,A: f!idP(l/i.~mo 111u1lel'l10. 'l'orino, Bocca, 190r., l)Ag. ,1881.

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