Critica Sociale - Anno XVI - n. 7 - 1 aprile 1906

CRITICA SOCIALE 109 Iuta quello che tenevano o in ufficio di amministra• zione o sottoposto a condizione; estesero i loro di– ritti oltre quello ch'era stato conceduto, divisero, cedettero in parte i loro fondi e crearono tanti altri suhfeudi a loro soggetti, senza in ciò dipendere dal Sovrano; e però altri patti, altri ohblighi con CO· storo: gravarono a lor talento di tributi e di pre– stazioni i subf'cuclatari ed i loro soggetti, a malgrndo dei contrntti: eia ultimo scossero la soggezione che li legava al Sovrano e spesso francaronsi dal pre– stare quei tril)Uti e quei servizi, ai quali per feudale instituzionc o per contratto cran tenuti. Aggiung-i le usurpazioni fatte di paesi e le illegittime occupa– zioni" (LUDOVICO BIANCIIIXI: Della .SIOJ'i(teconomico– cirile cli Sicilia. Libro I, pag. 12-1-). Federico 11[ permise le alienazioni senza consenso del re, forse con l1inlonto di menomare la potenza feudale rendendo le baronie circolahili per via della concOt'l'enza. " Ma, soggiung-e il Biiinchini, hL vena– lità dei fouclì non canginva menomamente la condi· zione delle cose, dal nome del padrone in fuori: e di vantaggio facea che si unissero nelle mani dei piì1 ricchi gran numero di feudi; per la qual cosa accrescevasi e non isminuivasi il potere feudale: d'altra vio clava animo a molti di aspirare a diventar feudatarì, qunnclo in agevol modo per mezzo ciel denaro potcasene fare l'ncquisto. Aggiungi che non mai il Sonano negava cli costituirsi nuovi feudi; e quindi tutti erano intenti a farne sopra poche case e terre, e finanche sopra renclit(> e salari .. , li latifondo, che per necessità dei tempi era di• venuto feuchile, man mano che cessavano le ragioni della feudaliti\, tendeva a conservarsi, trasformandosi in potente strumento di capitalismo borgh ese. Ove si rnde che in re~ime di propriefa priva.ta il torna– conto del latifondista vince quello sociale, e questo non può mai affermarsi se non modificando il diritto quiritario. Non fu, aclunque, tutta abnegazione quella clei baroni siciliani, quando, nella memornhile notte ciel 20 luglio 1812, in cui si rifondeva l'antica costitu– zione, dichiarnrono da. sò aboliti tutti i privilegi feudali, e i feudi convertiti come semplici allodi in assoluta proprietà privata ed alienahilo. Il prolota.• riato rurale, non più infeudato, mutava servitù col salariato, con la gabella, con la colonin. parziaria, detta in icilia borgesafo. I.a costituzione del 1812 "' aboli,•a senza indennità gli usi civici a.'lsoluta– mente angarici che i singoli ed i Comuni esercita– vano sui feudi dei baroni; e lasciava nei boschi libero ai proprietari il taglio degli alberi atti a negozio, abolendo ogni restrizione angarica ,,. "' Restrizione angarica - esclama il Loncao nella sua Genesi del latifondo in Sicilia - chiamava il Parlamento il diritto che aveano i contadini di po• tervi legnare!,, Da una Costituzione, rinnovata dagli stessi baroni e conservatrice sotto altra forma del priYilegio fondiario conquistato per via cli usurpazioni, 110n poteasi attendere cli (>iii del bene che pur con– teneva. J baroni aveano da sè proceduto al frazionamento per mezzo della enfiteusi, dì quei pochi tratti dei latifondi che meglio prestavansi ad una permanente stanza cli piccoli coloni. 'l'ali concessioni mancavano di atti regolari; e i canoni riscoteansi o in prodotti o in denaro colla mww baronale. La enfiteusi elci feudi seguiva il bisogno sentito dai :Municipi di promuovere il migliora.mento dell'agricoltura con le concessioni enfiteutiche di non poca pa1·te dei dc– manì pubblici, appunto perchè gli usi civici limi– tavano lo srruuamento della terra a forme primitive e barbariche. Il fatto piìt degno di nota che seguì il cessare della feudalità. è che l'aboli7,ione del fidecommesso e del diritto cli maggiorasco, in cui crn impernic1,to il sistema feudale, non portò pc1· conseguenza la. distruzione del latirondo. Questo ancora preYale in tutta la su{l, barbarie antica. Anche quando un feudo si divide trn gli eredi, le parti non arrivano quasi mai ad una piccolezza inferiore ad una cinquantina cli ettari, e restano sempre nello stesso condizioni clel tutto da cui derivarono: pili spesso si cerca, per via di compenso fra gli eredi, di mantenere unita ht grande proprietà fondial'ia. 11 latirondo, che fu colletth·o con i demani pub blici ed in parte con la feudalità, so divenendo possesso privato perdette il suo carattere di utilW1 collettiva, può tornare in modo più sicuro e più effi– cace un nuovo strumento di produzione collottl\'a socializzandolo. Con questa differenza, però 1 che nella terra pubhlica e nel feudo soggetto ad usi ciYi<'iogni misero potca separatamente per sè mccogliere i frutti spontanei o richiedenti poco o semplice lavoro di hrnccia: legnatico, pascolo, scmi,rn, cave, e cose si• mili; nella terra soci,Llizzntn, invece, gli u·rnart di essa si organizzano per lo sfruttamento collettivo con la coltura industrializzata in grunde. La ripartizione dei demani pub– blici. - fn seguito alla nholizione dei vincoli feu• dali, un prohlema dei più importanti rimasto inso– luto fu quello di svincolare i diritti promiscui che le Universitìt con gli u~i civici e i feudatari con lo loro investiture j?Orleano sullo stf'sso latifowlo. La leggo J)rovvicle che fosse distaccata da ogni territorio feudale una parte non minore di un quinto, in compenso alle Uni\•ersitft degli usi civici antimL– mente esercitati, e per ripartire tal compenso fra i cittadini prereribilment<' i più po,·eri a piccole quote enfiteutiche ed alienahili dopo uno o due decenni. La stessa ripartizione si stnhiliva. per i demani co– munali. Dalle dette ripartizion: si eccettuavano le terre boscose e le altro similmente necessarie al do– minio collettivo. Con queste leggi, riattaccandosi alle antiche leggi agrarie cli Tiberio Gracco e cli Giulio Cesare, si credette di promuovere la piccola pro– prietà coltivatrice ed al sicuro da ogni usuq>aziono da parte dei potenti. )fa la clausola della inaliena– bilit;\ delle quote per un decennio, portato poi ad un vento1111io,fu elusa dalla tendenza in\'incibile a !'icostituire il latifondo, nrtificiosiunente per poco spezzato, aggiungendo la perdita insanahile degli usi civici antichi a danno dello generazioni future e a danno della pastorizio. Però la frode maggiore si fu che ht stessa legge di svincolo dei diritti promiscui restò per gran parte lettera morta. Gli cx baroni e i loro succcssorì hanno sempre trovato nelle autorità amministrative i ma– nutengoli delle loro usurpazioni e nella magistra– tura le difese per 11011 restituire il pntrimonio dei poveri. [ Comuni stessi lurnno defraudato i cittndi11ì ritenendo patrimoniali e quindi alierrnhili quasi tutti gli antichi demani, per lasciarli inqn111emente usur– pare dai pezzi grossi spadroneggianti nei Comuni stessi. Così si vieta l'uso civico di legnare o lii pa• scolare o di cn.vi :trpietra o cli raccono i frutti spon– tanei della terra, pretendendo di natura patrimo– niale la terra dove le Università ilnnno esercitato quegli usi. Son veggo come possansi mantenere i demani pubhlici in mezzo alla g-ara feroce por l'arquh1to della terrn, come non vive una pianta in clima av– verso: essi potrnnno esoerc rispettati qunndo i Inti• fondi privA.ti passino pure alla colletth•ità. Gli nm– ministratol'i comunali, che dovrebbero difendere il 1>atrimonio pubblico, sono gli stessi usurpatori cli essi o i loro rappresentanti i i deputati sono gli eletti deg-li usurpntori; e i ministri sono sostenuti col voto di quei deputati. TI rimedio non può venire dal– l'alto ma dal basso 1 co11 lo organizzazioni dei hwo-

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