Critica Sociale - Anno XVI - n. 4 - 16 febbraio 1906

G2 CRITICA SOCIALE agricolo. Le dominazioni si succC'dettero per la con– quista cli esse, che passnrono allo Stato, alla Chiesa, nlla Corona, ai Conventi, al baronato feudale. Fu per la origine pubblica che lo terre feudali erano soiigctte al rispetto degli usi civici s11 cli esse. I II ogni dominazione nuova, por lo maggiori esi– g-cnzo della. vita, una parte dello terre pubbliche del pascolo si andava. convertendo in allodi. Con i Sa– rnconi in Sicilia si fO!Hhu·onomolte fattorie agricole nelle terre che erano stato demaniali o della Corona o della Chiesa o dei ~lunicipi o affittate o usato liheramente per pascolo o per altro. Fu perciò che non poche contrade consen-nno nomi di origine sa– racena, perchè prece<lentemcntc, non essendo colti– ,·ate, non arnvano altro nome. Molti rimpiangono la perdita elci demani pubblici e ,·01-rebbero ridarli allo comunità, quando non pen– sino di distruggerli qnotizzandoli. Due i<lee pazze ugualmente. La proprietà. demaniale è di tutti, solo in quanto non è propriamente goduta in pieno da nessuno. Invece la terra comune richiede il lavoro e la produzione comune con i mezzi grandiosi onde solo la collettività sociale può disporre. Il lavoro o la produzione individuale richiede il diritto quiritario della terra. I demani pubblici con lo sfruttamento individuale conservano la binbaric primitirn. Noi, dibattendo ancora in sul 1>rinci1>io del secolo ventesimo i vecchi problemi elci beni demaniali e elci tratturi, ci manteniamo in pieno medio-evo feudale. Questi problemi, non rispondenti pilt ai bisogni mu tati elci tempi, devono dar posto ad altri più urgenti ed ef-lìcaci. Difatti, si vogliono rivendicare gli usi civici antichi usurpati, non per restituirli al pri– stino stato di cui non si sente pill bisogno, ma. per dividerne la terra a piccoli lotti ni contnclini poveri, in ,.enfiteusi perpetua, risollevando un pro– hlcma dell'epoca feudale morto senza soluzione, per dar falsa vita alla effimera piccola possidenza. f demani collettivi da rivendicare, come i latifondi da espropriare, devono restare collettivi sotto la gestione delle organizzazioni proletarie, per dare un più ab– bondante e pili sicuro prodotto al di fuori di ogni sfruttamento d'intermedial'l e cli padroni. .Le terre publ,liche o i fondi sottoposti agli usi civici erauo le terre meno fertili e meno abitabili. J,o terre migliori furono appropriate appena sorso il diritto di proprietà. privata. Oli usi civici che posse– devano le comunità. sui feudi erano tal cosa misera. che servh•a a mantenere nella miseria la classe elci veramente miseri. Il diritto cli spigolare è anzi odioso, come quello di poter raccorro le briciole della ta– vola dei signori. La grande estensione dei demani e degli usi civici nel "Mezzogiorno continentale e in Sicilia proYa il predominio delle terre scadenti, contrariamente alle fanfaronate antiche e moderno sul primato agricolo d'Italia. La dominazione romana e le guerre servili. - Della dominnzione romana in Sicilia non mancano pregevoli opere storiche, e a noi non tocca in questo scritto che dire brevi parole ri• gual'clo al carattere puramente latifondista di quella dominazione. Heconclo la critica storica, comprovata dalla testi– monianza di Polibìo, il popolo romano, pur non con– senziente il Senato, fu spinto a volere la conquista dclh~ Sicili11,scacciandone i Cartaginesi e sottomet– tendo i Greci e i Siculi, in vista dell'utilità cho al pubblico ne derivava. 'l'alo utilità riguardava prin– cipalmente la conquista delle terre, da cui Homa a.vea per i pubblici bisogni incominciato ad impor– tare il grano. Nell'antichità e nel metlioevo il commercio ciel grnuo quasi non esistcra <la un paese all'altro. li grano proclucevasi ovunque per i bisogni locali, con grandissimi scarti di inutili abbondanze e di mici– diali carestie. rnra vietata la. esportazione per timore di fame. Il trasporto era inoltre reso difficilissimo e quasi impossibile da tanti ostacoli. Gli Stati, cho por suprema1,ia politica atti1·nvano una grande popo– lazione e tenevano numerosi eserciti, non avendo sufficiente produzione granifera locale, erano co– stretti a conquistare i paesi dove produceasi pili abbondante e pii1 sicuco il grano. Roma fu lo Stato r1ntico che maggiormente sentì questo bisogno. La. prima guerra punica per la conquista della Sicilia. servì ad assicurare la provvista .di grano al popolo romano. Poi allo stesso fine furono conquistati altri paesi, fra cui principalissimo l'J~gitto. Per alimentaro l'immensa citfo dominatrice cli tante genti, non prov– vedendo il commercio privato, erano necessarie fre– quenti distribuzioni a prezzi rihassati o anche gratui• t,unento del grano ritirato dalle provincie soggette Quindi la necessità. di COJWertire la Sicilia in un immenso latifondo cli Stato, dichiarando la maggior parte delle terre conquistato ager publicus, che si nffitta,•a o si lasciava usurpare dai potenti priYati, e sottoponendo a tributo privato tutte le terre. Oggi gli Imperi mirano ad assicurare in pii1 ampi mercati la produzione industriale e ad innalzare, al– l'opposto degli antichi, le barriere doganali contro i grani esteri per proteggere quelli nazionali. Catone chiamò la Sicilia « il granaio di Roma ,,, e tutti hanno ripetuto come gloria questo titolo, che dichiarava invece la Sicilia ridotta a fornit·e per sog– gezione alla classe governante il prodotto delle pro– prie terre e del proprio lavoro. Che onoro per la Sicilia, che avea del nomo suo menwigliato il mondo antico, essere divenuta non altro che un " granaio ,, dei dominatori! La Sicilia, pur riccn. cli elementi italici, non go– dette lo stesso trattamento che Roma fece alle po– polazioni della 'J'èrraferma italiana, e fu prima di altre chiamata, per dispregio, provincia, cioè con– dannata a non mai partecipare alla grandezza ro– mana. Cicerone ossen•a ( lrerr. III, 3), che, come le tributarie provincie erano i poderi (praeclia) ciel po– polo romano, dovea questo pill godere di un predio quasi suburbano quale era considerata la Sicilia. L. Floro (Ili, 19) pili recisamente afferma: J'erra, frugum ferax, et g11adommoclo suburbana. provincia, lafi(1mdiis civium Romanonmi lenebalur. La Sicilia, più che dipender amministrativamente da Homa, ne subiva una depauperante soggezione tributaria. I Romani applicarono a tutta la Sicilia la legge geronica dei tributi in natura cli grano. Oerone di Siracusa avm•a ridotti tutti i tributi in un solo, che era la decima dei prodotti clell,aterra. ]fa Roma avea rincarato la dose. Oltre la solita decima senza alcun prezzo dovuta, il Senato decretò che fosse im• posta una. seconda decima, pagata però al prezzo cli tre sesterzi il modio, ed infine altri ottocentomila. modi da contribuirsi dHlle varie città al prezzo di quattro sesterzi secondo un riparto fatto dal Pre– tore della provincia. Quei prezzi imposti erano molto al di sotto di quelli ciel mercato, o su di essi si facernno Yarie ritenuto vessatorie. La riscossione del grano era. appaltata a lodri gabellieri, che truffttvnno come poteano i produttori, proprio come si fa ora nella divisione del grano sull'aia. Il Pretore asse– gnava il luogo dove ciascuno dovea portare il grano obbligato; e, siccome potcasi anzichè la derrata [)f\– garnc il prezzo, il Pretore per soverchieria coman– da.,·a che essa fosse consegnata in luogo lontano e cliffìcilc. Sotto Yerre furono leg-almontc estimate le decime tre milioni di moggi; e di conseguenza il prodotto totale fu di trenta milioni. Quindi, tra decima, se– conda decima e gli ottocentomila moggi cli grano

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