Critica Sociale - Anno XVI - n. 4 - 16 febbraio 1906

CRITICA SOCIALE 61 degli studi secondari a chi vi ha speciale dis11osizione, darebbe resultati molto migliori di quanti non ne dia oggi l'insegnamento classico distriln1ito per otto anni e propinato a tante menti infantili disadatte ad approfit– tarne. E vogliamo vedere se la scuola classica organiz• zata coi criteri nostri darà resultati migliori o peggiori della scuola classica tradizionale. In favore di questa soluzione, elle noi proponiamo, del problema, milita anche quella ragione di opportu– nità, che è stata già accennata dal Rìcchieri. Xoi, si sa, non abbiamo nessuna ragione di dubitare delle buone intenzioni e della lealtà del Go,·erno e della maggio– ranza parlamentare 1 i quali hanno sempre mantenute le promesse fatte a noi. Ma non possiamo escludere che, dinanzi a un progetto di rirorma generale speth.colosa, vi sia della gente ingenua e bene intenzionata, la quale reputi in buona fede essere utile sospendere la discus– t1ione e la votazione della legge sugli stipendi 1 dal mo– mento che la riforma generale della scuola sopprimerà alcuni insegnamenti, ne.introdunà altl'i, varierà. l'esten– sione e l'orario di i:tltri, sposterà. i rapporti fra l'ammi• . nistrazione e il personale, obbligheril- a ricercare nuovi spedienti per l'organizzazione della carriera. Q.uando, invece, non si trattasse d'altro che di iniziare la riforma con piccolo modesto tentativo, i pretesti per far arenare la legge sugli stipendi sparirebbero 1 e nessun mal in• tenzionato potrebbe dubitare della lealtà. del Governo. Pur troppo 1 la. nosfra proposta ha due inconvenienti, elle non c'è lecito dissimulare. l~ssa toglie anzitutto ogni speranza di riforma immediata, e ci costringe ad aspet• tare una decina d'anni per vedere i resultati dell'espe, rimento. Certo il metodo dei colpi di Stato è piì1 spie• ciativo. Ma 1 con le riforme subitanee, tumultuarie, mira• colose, giacobine, è stata dissestata la scuola; solo il metodo delle riforme lente, caute, meditate, già messe a prova, potrà salvarla. Inoltre la nostra proposta porta un aumento immediato di spesa, perchè si tratta di fondar nuove scuole senzi~ sopprimere a un tratto nes– suna delle antiche. Ma. è orn ili finirla col ciarlatanismo di agitare le questioni scolastiche con la illusione che le riforme si possano fare senza spesa. E noi dobbiamo dirlo una buona volta, che le nozze uon si fanno coi fichi secchi, e che qualunque l'iforma scolastica non potrà non portare. un notevole aumento di spesa. Vinalmente, nel proporre Pesperimento, noi dobbiamo affermare anche le garanzie necessarie perchè esso riesca leale e serio. Se i resnltati degli esami dovranno dare una fra le prove della superiorità. di un tipo scolastico sull'altroi ò evidente che gli esami dovranno essere fatti, nei vari istituti messi in coucol'l'enza, con le pili rigide garanzie, da Commissioni in cui tutti i partiti sieno rap– presentati. E, se ò giusto che i! raftòrzamento della scuola classica sia compiuto con piena libertà o illimi– tata responsabilità <la coloro che accettano le delibera• zioni classiciste del Congresso di l.<'irenze,occorre che la scuola nostra sia organizzata e sorvegliata non da coloro, che non la vorrebbero, ma da noi, che crediamo alla utilità di essa e che dobbiamo e~sere pienamente lil>eri nella nostra azione per poterne essere, senza scuse, re– sponsabili. E 1 perchè la riforma sia seria, occorre che non venga preparata da Commissioni clandestino e irre– sponsabili o poi bandita con impro\'Visi decreti, che at– travel'sano l'aria come fulmini a ciel sereno c contro cui non c'è riparo, ma de\•e essere preparata da una Commissioi1e, che hl\'Ori alla luce del sole, e pubblichi i progetti JH'ima che divengano esecutivi) e dia modo così ai com11etenti di esaminarli, discuterli, correggerli, migliorarli. Ultima condizione essenziale, infine, percbè l'esperimento sia serio, è che Pattuazione della riforma non sia affidata ai decreti ministeriali e reali e alle Circolari o alle istruzioni o ai telegrammi e'Splicativi, con cui ogni ministro distrugge l'opera del predecessore quando non distrugge la propria, ma a leggi determinate e stabili. E la interpretazione e il graduale sviluppo di queste leggi van sottratti all'arl>itrio dei ministri, ma devon essere clicompetenza di un corpo elettivo perma– nente, senza il cui parere il Ministro non debba poter assumere nessuna iniziath•a, e che potrebb'essero il Con– siglio Superiore rinnovato con l'introduzione dei rapprc• sentanti delle scuole secondarie. Con garanzie rlì questo genere la riforma certamente riuscirà. (Applausi wumimi e 1J1·oltmgati). (L'oratore lesse poi il suo ordine del giorno, di cui si è smarrito il testo primitivo, ma che corrisponde nell'in– sieme, salvo alcune aggiunte e trasposizioni concorda.te coi relatori, a quello \'Otato dal Congresso). I PRECEOKNTI STORICI DEL UTIFONOO SICILIANO li. J_/epoca, 1·01nwn,a e il latifondo. I demani pubblici. - L1ol'igine dei de– mani nel Mezzogiorno e in Sicilia è la stessa del latifondo, e risiede nella natura del suolo e del clima. Il terreno, più conYeniente alla agricoltura estensiva e alla pastorizia vagante e per boscaglie, dà il de• manio pubblico e il latifondo pl'ivato. • La cultura specializzata, e più o meno intensiva, <là invece, l'al– lodio privato, il luogo. Or il suolo meridionale col– linoso, e sotto un clima caldo o asciutto, proferisce l'agricoltura primitiva a grandi superfici. Il demanio pubblico e il latifondo baronale esprimono ambedue la resistenza della. terra allo spezzamento: è un fatto giuridico secondario, derivato da vicende storiche) che il latifondo pubblico, cioè il demanio comunale, di\'enti latifondo privato. l pl'imi possessori della tel't'a meridionale) per con– servare il modo migliore di sfrutt11mento agricolo col pascolo, col bosco e con la semina, laschìrono la maggior superficie ad uso comune, formando l'ager JJlt{Jlicus. Lo conquisto dei Oreci, dei Romani) dei Bizantini, della Chiesa, dei ){usulmani e doi Xor– manni mirnrono principalmente ad appropl'iarsi le terre pubbliche di Sici\if1. Sotto il dominio romano lo torre conquistate divennero in parte di dominio privato, costituendo l'ager limitntus, ossia 11/i do- 111i11us; ma, per soddisfare ai bisogni collettivi del popolo conquistatore, le terre occupate ro·rrnarono pl'incipalmcnte Jlimmenso agf'r publicu:,, ossia 11ti ci1:es. La conquista della terra da parte di popoli inva• sori fu possibile, perchè la terra era principalmente di demanio pubblico. Non si riuscirchbc n compren– dere come un territorio sminuzzato in tante pro· priefa potesse essere per intero espropriato ad un numero grandisaimo di proprietari. Che la propriet;\ territoriale, prima dei :\[usulmani, fosse in nHu10 di pochi, si deduce da\1 1 immenso territorio posseduto dalla Chiesa e cb quello non poco di proprict.\ della Corona sotto i Bizantini. J,e terrn puhhliche servirono sempre e quasi del tutto per pascolo. Or dove, come in Kicilht, il sistema ag1·ico!o dctermiuato dtil clima e dal suolo richiedo una. grande estensione di pascoli naturali, le terre pubbliche comprendcvu.no ht maggior parte del suol()

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