Critica Sociale - Anno XVI - n. 4 - 16 febbraio 1906

CRlTICA SOCIALE 63 comandato, si trasportavano a Roma circa sette mi– lioni dì moggi, ossia supergiù la quarta parte del– Pintcro raccolto all'nnno. Ma le ruberie, cui erano soggetti gli aratori del tempo dn parte dei gabel· licri, superavauo d'assai la quantità che la Sicilia mnnda,·a a Roma. Noi sappiamo di queste ruùerie per mezzo delle accuse di Cicerone contro Yerre. r predecessori e i successori di costui non oprarono cli\·ersamente 1 e Cicerone stesso affcnrnt: " Sicilia tot homhrnm anlea furia, mpi11as, i11iq1tifates, ig110- miniasque JJerpessa ,, (Verr., J 11 1 26). L'accentramento delle terre siciliane in mano di pochi caYalieri romani, e la soggezione alla graYis– sima imposta di grano, diedero al latifondismo an– tico ht maggioro estensione per lo sfruttamento gra– nifero, facendo distruggere i boschi e facendo ricorrere agli schiavi ergastolani per il lavoro delle i:ille. rn Sicilia furono importati allora da ogni parte dcll'l"n1pero centinaia di migliaia di schifwi. Quel che con essi avrnnne non spetta qui di narrare, quan– tunque sia d 1 importanza eccezionale per la storia cli Sicilia, non essendo questo scritto una storia di a,·. venimenti che il colto lettore deve conoscere. Leg– gendo Diodoro, che fu quasi contemporaneo e sici– liano e ne parla con molti particolari, scorgiamo, attraverso i fatti di un mondo scomparso, i linea• menti stessi della Sicilia odierna. La schiavitù in Sicilia, di carattere prevalente mente rurale, assunse le forme più obbrobriose. Questa particolarità, che il )[ommson attribuisce alla influenza cartaginese in Sicilia, non potea, invece, derivare che dalle condizioni di seh•aggio sfrutta mento dei latifondi siciliani; per il quale non ancora prest.avansi le braccia semi libere della servitù fell· date, nò quelle del tutto libero del salariato, ma libere anche di morir di fame se non faticano a tutto van– taggio del signore della terra. [I fenomeno si è pi ì.1 recentemente ripetuto con la schiavitù elci negri in America. So il particolare carattere obbrobrioso della schia• ,,iti1 romana in Sicilia fosse derivato da intiuenza cartaginese, gli schiavi si sarebbero trovati nella stessa Isola anzichè importarli eia lontano. La ribellione degli schiavi ebbe il suo centro in quello stesso dei latifondi della semina e del pa– scolo, in Enna, sede clel culto di Corcre. Dove si adorava la dea delle biade, ivi stesso s'insorgeva contro In schiavitù, mercè cui lo biade si otteneano a totale vantaggio dei dominatori. Il campo dello guerre servili fu quello stesso dell'aspro latifon• diamo presente. Lu, prima guerra servile, scoppiata noi 135 avanti Cristo, era completamente vinta dopo tre anni dal c.Jnsole Rupilio: ma dopo 28 anni ne scoppiò una seconda, seguita dalla stessa sorte della prima. Sotto Cesare fu abolita la decima, sostituendola con una tassa fondiaria in denaro, perchò il grano siciliano non fu più necessario, dol>O la conquista della Barberia, clell''l~gitto e delPAsia mediterranea. \'erso la fine dell'hnpero romano alla schiaviti'L si anela.va s ostituendo il colonato, non essendo più quella sufficient emente alimentnta dalle cessate guerre di conquista, e nemmeno più di tornaconto per una produzione più abbondante e meno costosa. "' Al– lorchè le sorgenti dell'antico sen•aggio - conchiude La Lu mia la sua storia delle guerre servili in Sicilia. - si videro così appieno esaurite da non hastare al bisogno, è noto come si cercasse attirare nei campi i poveri, i proletari della città, offrendo loro una condizione di mezzo tra. la servilo e la libera: i coloni, prima a patto di un personale la.varo, poi di un canone in derrate o in moneta) ebbero terre da coltivare per sè e per i figli, restandovi personal• mente attaccati, ma potendo acquistare e possedere beni mobili e stabili colla industria lor propriaj c 1 dn. Costantino in gill, cli quanto il numero dei coloni aumcntavasi, di tanto riducevasi quello degli a11tichi servi, la cui sorte inclinava anzi a pareggiarsi più o mono a quella dei primi. " Però il colonato, anche nella forma efficace del• J'(lnfitcusi, potò strappare qualche brano cli latifondi per spezzarlo in piccole proprietà; ma l'ordinamento fondiario nella sua ~encralifa rimase immutato: anzi, come dimostrerò in seguito, il latifonclismo siciliano trovò nel colonato, o nel borgesato che dir si voglia, 1111 nuovo fattore di esistenza. (Continua). S. CA)DIAHJ.:1n-Sct:HTI. T,a morte, avvenuta testè a Bergamo, di FEDERICO MAIRONI, appena quarantenn<\ ò un lutto di famiglia per noi e per la nostra Rivista. A noi era amico da vent'anni: un'amicizia fatta cli stima severa, di <'Onsensi profondi, di delicate reciproche intuizioni morali i alla uo9tra Rivista fu collaboratore non frequente (le cure della professione non Iascial'ano a lui, povero e scru– polosissimo, molto agio per gli ozi della propaganda scritta) ma apprezzatissimo. Di pochi 1 come di lui, potè dirsi cho l'aziono, il pensiero, 10 stilo formavano una cosa sola, e che lo stile era l'uomo. Ilerchè FEDERICO MAIRONI - e perciò sopratutto la sua perdita dovrel..lb'essere un lutto profondo pel no– stro partito - fu u. un uomo .., nel pili intero e più no– bile senso della parola. Dacchì, toccò anche al partito sociali:-1ta - come ad ogni partito che si estende - di apriro le sue J>orte n tantn orda di incoscienti, di pro– caccianti, di giocolieri e di irresponsabili - FEDERICO MAIRONl 1 nel partito, sembrò ergersi come un'eccezione, un esempio, quasi un t'improvero. Qualcuno (non molti), fra. i nostri compagni, potè forse Cmulnrlo per ingegno: per cnrattere 1 certo, nessuno. Cosi ru che a Bergamo - ambiente non propizio alle dottrine fieramente professate da lui egli, che sde– gnava e sembrn,·a respingere con eccessiva ruvidezza lusinghe ed onori, flnl per conquistare, nolente, la stima cli tutti e l'affetto dei più. La popolarità ~li anelò in– contro tanto più irresistibile quanto più egli sembrava tenerla a Yile. .Diventò deputato dclln sun. città e "enne anche, per poche settimane, alla Camera. Ma il male già. lo minava che 1 sopportato stoicamente per ben due anni, deprecato invano eia una consorte affettuosa e da una corona di figlioli pendenti dal suo sguardo 1 alla fluo doveva spegnerlo. Erano i giorni che pit1 ti.ero si agitava nel partito il dissidio fra la vecchia dottrina socialista e il nuovo clilet– trrntismo rivoluzionario anarchico. Lo sciopero generale di settembre faceva lo sue pro,·e, che dovornno costare cosl duro espia:doni al proletariato inconsapevole. Molti dei nostri compagni pili ascoltati piegarono, indulgendo alParia che spirava, incapaci d'ogni re11lstenzn virile: mol– tilìsimi tacqùero. FEDERICO MAIRONI parlò; e come abbia parlato, ricordano i nostri lettori. Oli improperi, onde allora fo coperto, meriterebbe che venissero inci:,i SO\'ra il suo tumulo. Nossuu postumo elogio è più onorevole del vituperio consapevolmente ntrrontato, per !a rude, schietta, incondizionata devozione al \'Oro. Quella. voce tace per sempre. Ma non ha mai mentito, non ha mai piaggiato, non s 1 è mai risparmiata, quando il tacere era vile. Ì•: aneora 1 nel silenzio dei nostri ri~ cordi, più forte del cicaleccio rumoroso di tanti mal vi\•i. I-~ il \'UOto non sarà colmato, che la partenza di FE– DERICO MAIRONI aperse - lacerando - nelle nostre Ilio, noi nostri cuori. (. I. La Critica Socinle e il Tonq,o, per l'rtalia: mmo L. 22, semestre L. 12 - per l'.l!:stero: amw L. 40, semestre L. 22. L<i Criticn Souinlo e l'Avanti! costano per l 1 1talia: amw L. 22, 1~emestre TJ. Il - per l1Estero : amw L. 41, semestre L. 20,50.

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