Critica Sociale - XV - n. 22-23 - 16 nov.-1 dic. 1905

CRITICA SOCIALE 345 Giorni sono, uno dei parteciJJanti al Co1wcg110 clas• sico di Firenze, che è tra i migliori insegnanti nostri di lettere classiche, mi dicern cho la sua fedo 1 prima piena ed intiera nelle deliberazioni che quel Convegno aveva preso, era stata scossa dalla lctturn del mio arUcolo. Jlcr oggi noi non chiediamo altro: far sorgere negli av– versari il dubbio o convincerli quindi dell'utilità di un esperimento. 11 Ceccaroni rifiuta l'esperimento del no– stro progetto; io, più liberale cli lui 1 vorrei proporre due esperimenti contemporanei, il nostro e quello dei classicisti plul'imisti. Pcrchò noi non vogliamo, come il Ccccaroni, somiglio.i·e a Cesare Cremonini, il quale non volle guardare nel cannocchiale di Galileo, per paura cbe Aristotele restasse veramente smentito dall'esistenza delle macchie solari; la nostra fe<lo ò pi 1'1 salda· o non teme la prorn. del fuoco; invoca inncc l'esperimento, e per noi e per gli àltri. RODOLFO :Mo:,.oou·o. Sindacalis"lo e socialismo ovvero ÌTTfpiegafi ed operai Per le dottrine politiche ci sono i brevetti come per le scoperte industriali e i rappreJentanti autorizzati per i singoli Stati esteri, che ha uno o si prendono l'incarico di diffondere i nuovi ritrovati sul mercato dei vari paesi. Qualche volti\ il brevetto appare nuovo ~oltanto perchò gli si è disegnata una nuova marca depositata o affib– biato un nome diverso e più esotico; ma già si sa che il còmpito delle apparenze è quello di ingannare. Con ciò io non voglio mancar di rispetto nè al sindacalismo nè ai suoi rappresentanti: prima di pronunciarmi iu proposito sento il bisogno di formarmene una idea pre– cisa e di sapere quale fra i vari rappresentanti è quello ver,,meote autorizzato, depositario del brevetto auten– tico. Si è discusso dell'argomenlo su giornali e riviste, in Comizi e Congressi; anche la Critica ha visto le sue colonne campo di battaglia incruenta. li risultato, credo, non è stato dhrerso da quello di tutte le discussioni teoriche: ognuno è rimasto del parere di prima e vi si è aozi più che mai conformato. Perciò io mi guarderei beno dall'esporre in pubblico un giudizio o un'opinione; sono pili modesto e non domando che qnalche schio.ri – mento per potere anch'io formarmi la inia brava sen– tenza da pronunciare almeno fra me e me nelle grandi occasioni. A questa mia domanda porge occasione una delle conferenze tenute sull'argomento alla Camera del lavoro di Milano 1 quella di Arturo Labriola 1 di cui mi duole di non aver notizia se non dai resoconti dei giornali D,d Tempo rilevo che l'oratore, dopo aver dichiarato quesiti iout,ili le domande: Che cosa è il socialismo? che cos' ò il sindacalismo? - ne ha per altro stabilite le note specifiche o difl'e1·enzia\i. Cito dal resoconto: " la nota specifica è che il partito sociaHstn 1 oltre che "occuparsi degl"interessi proletari, si occupa dì interessi u differenti, riferentisi alla piccola proprietà 1 agFimpie– u gati, ai profet:ìsori secondari e altri funzionari dello u Stato. Il sindacalismo, invece, il quale altro non è, 11 fatte le debite concessioni alle mutate condizioni s0- 11 ciaJi 1 che la pratica del vecchio socialismo, ritiene che 11 il movim~nto socialista debba avere per esclu.sivo sog– " getto la classe lavoratrice salariata n· La preferenza del Lal)riola per il sindacalismo di fronte al socialismo, anche rivoluzionario, non sarebbe duuque, in fondo, se uoo "la sua antipatia per il mo 4 viroeoto professionale degli impiegati o in ispecie per quello dei professori secondari, ai quali lo Stato ha po– tuto dare quei milioni che ai ferrovieri vennero negati,,; la distinzione fra le due dottrine politico-sociali ripose– rebbe sulla differenza fra impiegati e lavoratori. E qui lo mie idee cominciano a confondersi. Qual' è il criterio differenziale fra impiegati e lavoratori, per cui il socialismo dovrebbe respingere i primi via costà con gli aUl'i cani, o occuparsi dei secondi soltanto? TI salario? Una volta, alla Ca mora, il divo Guido Bac– celli, a chi lamentava la meschinità dello stipendio dei profellsOri, rispondeva.: quello non è salario, è onorarium Mme1·vae; che monta dunque se quantitativamente è derisorio, quando qualitativamente può vautare la sua generazione da una dea delt'Olimpo? .MaArturo Labriola non é un classicista; è un economista, e, io credo, guarda anche alle cifJe e alle statistiche. E, se io voglio seguirne l'esempio e considerare i nu– meri, trovo, è vero, fra gli impiegati (non, ahimè, fra i professori) pochi alti papaveri che possono con soddi– sfazione attendere il 27j ma veggo che la grande mol– titudine ha spesso stipendì inferiori, e non di poco, a certe speciali categorie di lavoratori. Gli straordioarì e i fattorini postelegrafici, gli scrivani delle prefetture e d'altri uffici centrali e provinciali, tanti professori, che guadagnano da 1 1 5() a ,1 lire al giorno (cito pochi fra numerosi esempi) invidiano il salario dei facchini del porto di Genova e dei macchinisti delle ferroYie. Duu– que non la quantità. muove Arturo Lal)riola a classifi– care i primi fra i borghesi e i secondi fra i proletari. Forse allora la distinzione fra salario e stipendio? Neppure. I ferrovieri 1 che il Labriola ha 1 come lavora– tori, contrapposto a professori e impiegati, non hanno Fincertezza del domaui: hanno retribuzione fissa e di– ritto a pensione. Dunque? Resta la differenza del rapporto col capitalista o del gonere di lavoro. L'operaio, ha detto il Labriola, va considerato come un produttore di obbiettive utilità sociali, che ha pure la consapevolez.:a ch'egli del proprio sforzo non gode che una parte minima. Ora, gli impiegati postelegrafici, i maestri e professori, gli impiegati del genio civile, ecc. debbono escludersi dalla categoria dei produllori di obbiellive utilità sociali? O debbono non essere consa– pevoli che del proprio sforzo in vantaggio della collet– tività. essi ben poco godono? Ovvero debbono ritenersi diversi dagli altri, perchè l'utilità da essi prodotta non sempre può misurar:;i in lire e centesimi, e riguarda la collettività ioYcce dell'individuo capitalista? Il Labriola è troppo intelligente e valoroso economi– sta per pensare a semplicismi cosi grossolani, che, fra l'altro, condurrebbero a escludere dalla classe dei lavo• ratori tutti i ferrovieri, da lui citati ad esempio. Sicchè io non veggo altro elemento cui appigliarmi so non la differenza della specie di lavoro: intellettuale per molti degli impiegati 1 manuale per gli altri. Passando sopra a11a osservazione pedantesca che anche il lavoro intellettuale può conferire il titolo di lavoratore {che io non esito per questo riguardo ad applicare allo stesso Labriola), non disconosco'. che esso non può fare le mani callose, che una dolle tante frasi proverbiali suole attribuire ai lavorato1·i autentici. Forse per questo il Labriola ha paragonato altra volta i professori alle ..... figlie di gioia, che, certo, i loro calli non li hanno sulle mani; forse per questo vuole escludere dal novero dei lavoratori quegli impiegati clie, come i fattorini poste- *

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