Critica Sociale - XV - n. 22-23 - 16 nov.-1 dic. 1905

344 CRITICASOCIALE ri\'clcrà in altri maggior propensione per gli studi clas– sici o per i tecnici, ma lo. rivelazione vuol esser prepa– rata dalla formazione dell'intelligenza. E già contro lo Ussani avevo osservato non esser questa funzione for– mativa un avviamento temporaneo ai più disparati indi– rizzi per suscitare e irritare le inclinazioni puerili, sì bene esser formazione dell'abitudine di osservare, di ri– flettere, di cogliere i rapporti delle cose e delle idee e saperli esprimere; ginnastica insomma dell'intelligenza, perchè questa pure, per così dire, si nrmi dl ossa e di muscoli potenti 1 preparandosi al momento di scc>gliere il cammino. Il Ceccaroni nega che questo momento ar– rivi prima della licenza liceale o, magari, <l'un biennio d'Università-, e cita Vi!o Volterra e le ragazze che, dopo essere state le prime nel ginnasio inferiore, restano in– dietro ai maschi nel ginnasio superiore o nel liceo. E qui mi duolo dì affrontare il sacro terrore del Ceccaroni per la luo filosofica; ma di questi problemi non si può parlare senza ricorrere almeno ni risultati della psi– cologia. Le femmine (potrei citare un'intiera biblioteca di studt sulla clonua) sono generalmente più precoci dei maschi; e la psicologia comparata dimostra che la precocità è seguìta da un arresto più rapido. Il gattino sa orizzon tarsi nel mondo dopo pochi giorni; il bambino solo dopo molti mesi; ma l'uno s'arresta e l'altro prosegue nel suo sviluppo mentale; e lo stesso accade in generale noi confronto fra l'uomo e la donna. Come ciò possa va• !ere contro la scuola unica io non so vedere. C'è poi Vito Volterra e l'altro matematico. i~ vero: ac– cadono casi di studenti che solo molto tardi si innamo– rano di una disciplina; ma ciò spesso dipende dall'in– i,egnante (lo dichiara. lo stesso Ccccaroni e io 1 per es., ricordo di aver attraversato periodi alternanti di sim• patia o antipatia per il latino e il grecoi cam!Jiando di professore); e sopra tutto deve notarsi che 1 quand'anche solo alla fine del liceo o più tanli si riveli l'attitudine per mm singola disciplina, non altrettanto può dirsi di un gruppo di discipline. Vito Volterra. sceglie matematica dopo due anni d:Uninrsità; ma prima aveva scelto storia naturale; dopo la. scuola unica avrebbe quindi preso la sezione scientifica, non la letteraria o la magistrale, e si sarebbe trovato pienamente a suo posto. Allo sviluppo della pubertà mentale, q_uale si avrebbe al termine della scuola unica, si rivelano le tendenze fondamentali, non quelle specialis3ime; ma queste basta che si sveglino più tardi, al momento di entrare alJIUniversità. Al Cec– caroni1 matematico, non occorre che io dica che abbiamo e possiamo ben contentarci dello condizioni 11ecessa1'ie sufficienti, lo quali dallo studio dello sviluppo psicolo– gico ci risultano sempre esistenti al termine di quella crisi che io, col Romagnosi, ho chiamato della pubertà 111e11tafe. 'l'ra i 12 e i 14 anni dal bambino sorge l'uomo, sotto il ri-1petto fisico, come sotto quello morale e in– tellettuale; allo stesso modo che muta. il timbro della voce e appari9COUOi primi sintomi della sessualità, mu• taoo anche i sentimenti e le tendenze, e si affacciano i primi indizi delle inclina1ioni nuove e permanenti, che si svolgeranno pienamente e si conserveranno estenden, dosi e apr,rofondendosi nell'età adulta, sostituendo gra– datamente e completamente le inclinazioni infantili. Ecco il momento adunque in cui, in questo primo affer– marsi della personalità, il giO\'ane può essere in grado di scegliere con fondamento non le diramazioni speciali e secondarie, ma le grandi arterie nelle quali si rami– ficherebbe la scuola unica, distinguendosi nelle sezioni superiori. Porre l'obbligo della scelta. prima di questa crisi, in ~ui le tendenze si formano e si trasformano, con– duce a scguil'O false tracce o prender la via a casaccio. Su questo punto fondamentale non mi dilungo oltre, pcrchè spero non sia necessario i e \'Cngo alla questione secondaria., dell'opportunità di insegnare il latiélo ai bambini appena uscii.i dalle scuole elementari, e, quindi, d'introdurlo fra le materie della ~cuoia unica. Dice il Ceccaroni: la difficoltà dello studio è argomento in fa– vore e non contro, perchè ha grande virtL1 formativa; nè, d'altra parte, si deve credere che Io studio debba esser di vocaboli per cui il bambino non ba le idee corrispondenti. Io (è opportuno dichiararlo) sono ben lungi dal disco– noscere l'efficacia. formativa degli studi classici; anche recentemente, nella Rivista filosofica, notavo come ben tre distinte finalità formative essi abbiano: sviluppo della attività. intellettuale, del gusto estetico e della. coscienza morale. Ma, di queste, le due u!Ume evidentemente ri– chiedono la lettura e ~o studio diretto di capolavori Jet• terari e fllosofici dell'antichità classica, e quindi, esi– gendo la perretta e profonda conoscenza della lingua, e capacità intellettuali adeguate, sono possibili solo in parte nel liceo, e sopratutto all'Univerdità. La.prima 1 dal suo canto, può esser considerata sotto due rapporti; cioè nella parte filologica e nella 'filosofica. Questa con– siste nell'impulso, che allo sviluppo mentale imprime la conoscenza del pensie1·0 antico e del suo contenuto filo– sofico: devo quindi esser riserbata ad età più matura (Università, e solo in parte liceo). Quella consi~te, come scriveva il 'l'arozzi, nell' (' abito della comparazione fra 11 l'espressione delle idee e dei gruppi d'idee fra la " lingua vi•m e le lingue morte dotate di una potente " virtù sintetica razionale, che rende più limpida l'ac– " quisizione dell'idea medesima e serve assai meglio a " fissarne nella mente i collegamenti naturali, onde l'a– " bito del ragionamento risulta 11 • :Ma il Ceccaroni non ha bisogno che io gli os~en•i come il confronto fra le varie lingue, nella struttura morfologica e sintattica e nel diverso atteggiamento del pensiero, ricbieda una ca– pacità astrattiva che invano si esigerebbe dai bambini a IO anni. Per cogliere la diversità nell'espressione delle idee, si presume che già sia posseduto quel corredo di idee che ai bambini invece mancà. Altro è il caso del francese, che si insegna per fini puramente pratici 0 informativi, e non esige quindi le condizioni indispen• sabili per il latino, che, come lingua morta, non am– me~te la sostituzione di una finalità pratica alla ·forma• tiva. Ecco perchè è utile e necessario riserbarne Io studio a più matura età, quando può esser compiuto più rapidamente ed utilmente e senza ingenerare quell'av~ versione che sorge ineYitabile nell 1 otà infantile. Queste con9iderazioni ed altre in numero grande, cui rinuncio per imitare l'ami~o Ceccaroni nella virtL 1 del sacr!fìcio, mi dispensano dall'insistere sugli inconvenienti pratici che reca. la scelta sbagliata, perchè immatura. Mi contento di notare come il Ceccaroni, coll'ammettere che alla fine dei 4 anni di ginnasio la scelta sarebbe veramente detel"minata dalle attitudini dell'alwmo, ade– risca ali.a mia opinione, che prima aveva rinnegata, che a 4 a1rn1 almeno dopo la scuola elementare possa 0 del>ba collocarsi ìl momento della scelta. Io m'associo toto corde alla sua previsione che la scuola ò " l'unico tempio che rimarrà 11 sempre nell'avvenire; voglio sol– tanto che in questo tempio i fedeli apprendano a rin• graziare la dea Minerva e a darle tributo di lodi, non a bestemmiarla come divinità tiranna, che opprime e soffoca le libere aspirazioni lndiYiduali.

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