Critica Sociale - XV - n. 22-23 - 16 nov.-1 dic. 1905

340 CRITICA SOCIALE LA POLITICA I'fALIANA e il su !rragio uni versale 11 discorso di Fortis a. Napoli è venuto in buon punto per avvalorare la tesi di quei nostri amici - in prima linea Claudio 'l'reves - che reputano impossibile, con la attuale costituzione del Parl~– mento e prima che intervenga un fatto che la l'l– muti, qualunque aziono riformatrice. Infatti, giammai nichilismo governativo raggiunse tanta evidenza, quanta nel recente discorso di Fortis a Napoli. In quello sciatto 1 meschino e inconclu• dente discorso, pronunciato dopo tutte le dotte di– scussioni suscitate dalla tragedia di Grammichele e dalla sciagura che aftlisse la Caifibria; in quel di· scot·so, degno tutt'al più di un Sindaco ùi 1n·ovincia, , che presume rintuzzare le accuse d'indolenza, mos– segli dalla minoranza, con l'enumerazione di tutte le variazioni introdotte nei capitoli del bilancio; in quella pagina di oratoria ministeriale che non resterà certo nè come un modello di stile nè come un esempio di arguzia, c'è, purtroppo, la documentazione della miseria intellettuale della nostra vita politica e la testimonianza dello scetticismo onde sono invase le nostre classi dirigenti. E quello, che rattrista ancora più che non la me– schinità di pensiero dell'uomo che dovrebbe reggere le sorti d'Italia, è l'elenco cli quei 281 deputati che hanno mandata la loro adesione al banchetto di Napoli. A che cosa hanno voluto aderire costoro? Forse alla promessa di « dare esecuzione alle opere già approvate dal Parlamento? ,, Forse all'accenno vago e inafferrabile di voler provvedere alla rhigliore distribuzione dei tributi locali? ]?orse all'asserita necessità di " proteggere e salvaguardare, contro chiunque, i diritti, l'autorità, il prestigio dello Stato? 11 Ahimè! troppo piccole coso per raccogliere in fascio uomini di opposta origine - dal clericale Cornaggia e dal moderato Mantovani al radicale Marcora - tanto più quando nessuno si sogna cli far correre allo Stato gli immaginati pericoli. Questa adesione in massa di uomini e, vorremmo dire, di partiti, che pare,,ano irreconciliabilmente nemici, non ha altra spiegazione fuorchè nel comune desiderio di piegar le ginocchia davanti ad un padrone che non turba interessi e rende favori, e nella comune abiezione a cui sono discese tutto le nostre consorterie poli– tiche, corrotte dall'ombra pervertitrice dei corridoi dove temprano le loro gelosie e le loro diffamazioni per l'appropriazione indebita del potere. Onde, come dicevamo dianzi, la tesi dei nostri amici pessimisti trac da questo spéttacolo di .tri– stezza nuovi argomenti di prova. E il 'l'reves ha mille ragioni di scrivere che 1 deputati non servono più che a rendere favori ai loro piccoli e grnssi elettori, e che essi sono oramai estranei alla rap– presentanza reale dei grandi interessi collettivi (1); così come ha ragione il Modigliani di asserire che, nell'ora attuale, e senza uun profonda rinnornzionc del nostro ambiente politico, la azione riformatrice ò destinata a fallire (2). Ma, se noi non possiamo negare che il momento odierno sia i I meno adatto alle nostre speranze, non possiamo per altro credere che il rimedio prossimo ed immediato consista· - come essi asseriscono - (I) Ii Tempo dtJI 18 110,·cmbre. tt) Nell'A:Lo11e SvcLalLsta del 12 110,·cmbre. A proposito dona quale, e! corre obbligo di correggere un errore In cui sono caduti Il La– voro cl.IGenova o Il Tempo <Il )lllano nell'attribuire a Leoni/la R1S• 1;0Jntl l'a<leslonc dcll'Azlo11t al sufl'rnglo un1Yersale. L'adoslono, Che non por!aYa firme, ern del ,rlornulc, e quo.nto, per conto nostro, css11sin CQnd\zlonuta, lo si ve<lrù nel seguito cliqucs!o articolo. nell'ottenere il suffragio universale. Noi compren– diamo benissimo che i nostri amici,davanti al dolore pun«ente di questa stasi paralizzante, invochino l'an;stetico che lo attenui; e comprendiamo anche che, a superare l'inerzia, essi invochino u_n 1 agitazio:1e larga e profonda nel paese. Il moto è vita,. e la vita è l'antidoto piì1 efficace contro la putrefaz10ne. Ma, oltre questa funzione di ginnastica muscolare, pos– siamo credere veramente che il suffragio universale porti in sè il rimedio ai mali che ci affliggono? Qui è dove sorgono i nostri dubbi, che crediamo dove– roso di esporre. . .. Curiamo l'ammalato e non la malattia - insegna un vecchio canone del positivismo scientifico. B noi, per curare quest'accidia 1 in cui è scivolata la ,,ita politica italiana, non possiamo astrarre dalle sue ragioni rcali 1 per dissertare su quelle astratte e teo• riche che altrove sogliono produrla. Ora, sarebbe recare ingiuria alla verità l'affermare che in Italia l'avversione alle riforme, la proclività all'inerzia, il misoneismo pauroso, siano dovuti allo spirito irrectucibilmentc conservatore e refrnionario delle nostre classi dirigenti. Oh! fosse così! Vorrebbe dire che c 1 è in Italia una classe che è contenta del suo stato, che non ha hisogno di chiedere novità pericolose e che sa difendere, contro le classi nuove e nemiche, il suo tranquillo dominio. Ma in Italia nè questa classe esiste, nè, tanto memo, è rappresentata in Parlamento. Se non ere• dessimo di urtare troppo le nostre credenze conven– zionali, vorremmo anzi dimostrare come dall'inerzia dello Stato quella che più soffre è la borghesia ca– pitalistica. Essa, più del proletariato, ha in quest'ora tutto da attendere dallo provvidenze governative: dalla scuola, non più fucina di avvocati, ma palestra di industriali o di mercanti, alle bonifiche, alle strade, alle ferrovie, alle riforme fiscali e doganali. Non è, dunque, lo spirito conservatore di utta classe già salita in fortuna, quello ohe preclude la via alle forze riformatrici, talchò basti accrescere queste forze, immettendo nel loro alveo le acqm, già insofferenti di inerzia dei senza suffragio, per vedere domato di colpo il misoneismo degli arrivati e iniziata l'opera audacemente rinnovatrice dei so– praggiunti. La resistenza a tutte le novità - anche a quelle, anzi specialmente a quelle che giovano alla borghesia.--- ha ben altra origine: essa deriva dalla inettitudine delle nostre classi politiche a intendere e a tradurre in atto i bisogni del paese, e nell'arti– fizioso aggruppamento dei partiti, per cui essi, scambio di essere forze vivo e salutari, sono orga• nismi fossili che attestano soltanto di un passato ormai spento. Si guardi, infatti, alla profonda trasformazione a cui noi assistiamo, troppo immemori per assegnarle l'importanza che merita. Anco1:a cinque o sei anni fa, tutta la politica italiana gravitava intorno a due poli: libertà e reazione. ì\Ia oggi il dilemma è supe– rato, o meglio si ò complicato con ben più ponderosi problemi. Oggi la libertà astratta - la libertà di quell'ultimo girondino che fu Giuseppe Zanardolli - ha bisogno d'integrarsi con le riforme eoonomiche, se vuole resistere vittoriosamente alla reazione che si appiatta minacciosa dietro l'inerzia. :Ma,per questa politica di riforme economiche, quale dei vecchi par– titi ha una idea cohcorclc e una volontà ben ferma? Non certo quel partito conservatore che, durante il ~Jinistero Pelloux, faceva capo al Sonnino, però che, mentre quest'ultimo non teme le audacie rin– novatrici, i suoi antichi pretoriani amano nascondere la loro ignoranza nel mare senza vento della politica fortisiana. Non certo lo scarso manipolo degli za– nardelliani, a cui basta lo sventolio della vecchia e

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