Critica Sociale - XV - n. 22-23 - 16 nov.-1 dic. 1905

364 CRITICA SOCIALE di sè libertà alle braccia che tengono nascosta un'arma da fuoco. Il cappuccio chiude quasi completamente la faccit1, mentre Je braccia possono liberamente muo– versi, J)OL' tirare una schioppettata eomc per guidare un carrn, un aratro. Il clima di Sicilia, favorevole al mantenimento del latifondo deserto, riesce favorernle alla. delinquenza anche con il cappotto che serve a difendere (11;11 clima stesso. Si fa presto dai fratelli nordici a biasimare l'uso dello scapolare; farebbero meglio a non far partire dalla loro regione il vento freddo verso la. Sicilia. Un altro pregiudizio sulla Sicilia è quello contro il malgiudicato scirocco, che •riesce benefico e male· fico in senso inverso al giudizio che volgarmente se ne fa. Lo scirocco è fecondatore delle colture asciutte, , e concorrn al mantenimento del latif'ondismo. Bsso qmLlche volta 1 quando è eccessivo, danneggia le cam– pagne, ma dà la grnna ai cereali, fuga le mosche e le zanzal'C, cd è sfavorevole allo sviluppo dcll'oidiwn e rlella peronospora. Invece i venti che arrivano sulla Sicilia dai paesi della civiltà apportano malattie al– l'uomo e alle piante. Lo scirocco è snervante, ma è salubre, e non porta con sè nessuno degli animali feroci dai deserti ove sorge. I contadini siciliani affermano in un proverbio l'influenza benefica dello scirocco, dicendo: beata quella annata che da scirocco è goyernata ! Come riferisce il Lioy in ~Nuova .Antologia, del 16 marzo 1900 1 Tommasi-Crudeli provò con le stati– stiche, contrariamente a quanto si è creduto, che gli anni cli minimo per cento di fcbbi·i malariche sono quelli cui corrisponde il massimo numero delle sci– roccate ed il terreno è asciutto. Or è saputo che con lo scirocco le zanzare si nascondono; quindi la nuova teoria sulla maiaria ò prornta dalle stesse vecchie co· noscei_1Ze 1 e riconferma l'azione benefica dello scirocco. La insularità. - La naturn insulare, unita• mente alla estensione della Sicilia, conconc a man– tenere deserto il tratto centrale, perchè questo non può trovarsi in rapporto che con la sola parte lito– ranea. dell'fsola, essendo direttamente chiuso alle correnti continentali di scambi. Se la Sicilia fosse più piccola o di forma allungata, questo nucleo cen .. trale così deserto non esisterebbe. La penisola ita• liana non è meno larga della Sicilia, ma ivi le co– municazioni con il continente europeo possousi te• nere per mezzo della parte centrale o appenninica, e le più importanti città trovansi appoggiate all'Ap– pennino nnzichè sul mare. In Sicilia, invece, fin da tempi immemorabili i Sicani e i Siculi ebbero città sul mare, dove fiorir cloveano i commerci e le arti. 1'utti i popoli- poste– riormente venuti si sono stanziati sulle coste e vi hanno edificato illustri città. L'interno dovea perciò fin d'allora essere più spopolato e incolto, cioè presso a poco nello stato del latifondo attuale. La parte meridionale della penisola italiana, che più rassomiglia per condizioni materiali alla. Sicilia, ha tuttavia una grande differenza con questa: gli scambi dell'Oriente con Roma hanno dovuto attra– versare la penisola anzichè girarla; Brindisi fu ed è il porto destinato a questi scambi. La Sicilia. in– vece si gira. La Sicania propriamente detta, ossia la Sicilia oc– cidentale, dovo più predomina il latifondo deserto, è caratterizzata dall1aspetto delle montagne che hanno curve diverse dai monti della Sicilia orientale e spe– cialmente dai Pelori. La divisione della Sicilia sotto Roma in. llue provincie, spai·tite dalle due [mere, trova fondamento nella. natura geografica e nell'etno– grafica. fl tratto centrale della Sicilia tra il Belice e le due !mere, tolte le 1.one marittime, fu nel tempo antico quasi deserta di centri abitati e costituisct, il nocciolo del triste latifondisrno siciliano. Il paesaggio. - L'aspetto delle campagne siciliirne nei tratti a latifondi collinosi o montuosi ha del solenne e del maestoso che conquide. La mente intravede quali splendidi paesaggi darebbero quelle campagne se abbellite di piante e di ville ed animate dalla operosità, dell'uomo. L'aspetto squal– lido e selvaggio, sotto un cielo splendente, della morta. campagni~ siciliana clelPinteruo> è, dirò così, il prodotto pittorico della natura resa più maligna da.Ilo sfrutt,tmento latifondista. Di questo aspetto nessun letterato, nessun artista, nessun viaggiatore si è mai bastantemente curato. La Sicilia è cono– sciuta nelle illustrazioni pittorfohe o letterarie per le bellezze delle sue hrcvi valli aperte sul mare e del suo litorale orientale, o pei meravigliosi ruderi di città marittime scomparse; poco o nulla per la immensa solitudine dell'interno. La campagna ro– mana ha ispirato non pochi letterati ed artisti) non per aHro che per l'importanza storica di Roma. )fa ancora si aspetta lo storico che sveli il mistero di tanta grandezza imperiale sorta in un territorio anche allora SQllaJ!ido come ora> anzichè nei fertili confinanti paesi della Campania e della Etruria. Pure, il paesaggio ha una grande influenza sul· l'indole delle popolazioni. Nel latifondo montuoso la gente ha cnrntterc maschio, comechò rude. J:'oche parole e più fatti, sì nel bene che nel male. Essa è per omertà seria, la sua voce è grossa e rauca; la sua sagoma morale è spiccata come il frastaglio dei suoi monti. Nelle pianure della spiaggia, invece, il carattere della gente è piatto come la linea della · campagna. La terra della semina, la cui superficie ondulata si estende oltre lo sguardo umano, muta uniforme• mente durante l'anno tre volte coJore: prima è cupa per le zolle smosse dall'aratro, poi è verde per i seminati, ed infine è tristemente giallognola in se– guito alla mietitura, senza che nulla sollevi da queste uniformità di tinta e dalla moda quiete che incombe sui campi, se si eccettui il sonnifero suono delle campane dei buoi stupidamente pascolanti, o di tanto in taD.to la patetica suonata col fischietto di canna o c.ol mctriolo del pastore. Nelle pur deserte campagne siciliane vanno dive– nendo più rari gli animali selvaggi: serpi, lupi, volpi, donnole, uccelli; ma vi restano, in tutta la seh•aggia vigoria della fauna tropicale, gli insetti, fra cui principalmente le mosche. Di che si nutrono, in così sterminato numero, le ronzanti mosche, se si avventano con tanta fame sull'uomo e sugli ani– mali da lavoro? Nelle calde ore di estate l'aria è piena del loro ronzìo i e la silente quiete delle notti estive è rotta dallo stridore di innumeri insetti in cerca di un amante. I timpani (colline), di cui è sparsa la campagna siciliana, sembrano dune consolidate del deserto. 'l'ra di essi, senza un albero, con rari e squallidi caseggiati sulle alture o a mezza costa) con le linee d 1 intersezione alla base solcate da torrentelli mala– rici, si prova un senso di solitudine e di sconforto, specialmente sull'imbrunire, che vince quello de– scritto da Dante nell'ora che volge il disio ai na– viganti. Sembra. che al sorriso del cielo la terra risponda con un singulto selvaggio. La fertilità na– turale della terra non tutta si sprigiona. e si con– verte in prodotti necessari all'uomo, perchè impe• dita dall'interesse insocievole della proprietà pri– vata. A questo contrasto tra il cielo e la terra, tra la ricchezza di forze produttive e la povertà dei pro– dotti, fa riscontro l'altro, che un popolo di grande ruzza e di grande storia sia ognora il pili discusso e il più male apprezzato. (Continua). s. CAM.\lARERI-SCUR'l'I,

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