Critica Sociale - XV - n. 22-23 - 16 nov.-1 dic. 1905

CRITICASOCIALE 3G3 Nel bel mezzo di questa zona, che arriva alla la– titudine dei Pirenei e dell'Agro romano, giace la Sicilia con il carattere più spiccato della steppa arida e delle oasi fertilissime. La Sicilia puossi considerare come un gruppo montagnoso che si eleva in una immensa steppa invasa dal mare. L'isola che ne sa– rebbe risultata conse!'va la natura di steppa; mari– ceve dal mare che la circonda i pochi giorni di acquaz– zoni alternati con lunghi periodi di siccità, ed un clima mite, ugualmente lontano dagli estremi di tem– peratura. Le vallate costiere della Sicilia dànno la maggioro prosperità agricola in conseguenza della maggiore quantità d'acqua che ad esse affluisce. Nel rilevare i rapporti tra il clima e il latifondo di Sicilia non trattasi di una determinante necessaria e sufficiente ma di semplice concordanza o di con• nessione tra le condizioni geografiche iniziali e le forme dell 1 agricoltnra. Non trattasi di una fatalità ineluttabile d'inferiorità agricola in conseguenza del clima, ma di un vantaggio che il latifondismo della semina e del pascolo troYa nelle C0)1dizioni clima– tiche di Sicilia. Un proverbio siciliano dice che anno governa, tanta è la preponderanza delle vicende climatiche nella produzione agricola. Certo, mancando ogni impiego di capitale e di lavoro per la trasformazione penna– nente del suolo agrario e per la completa difesa delle colture, e limitando il lavoro nei latifondi a primitive pratiche colturali, il governo della produ– zione risiede principalmente nel corso vario delle str,,gioni. I lavori profondi, le opere permanenti cli scolo, le concimazioni integratrici della fertilità naturale, la scelta delle sementi, la.difesa che i progressi tecnici permettono contro i parassiti e i rigori climatici, le macchine mosse dal vapore e dalla elettricità per preparare il suolo, seminare e raccogliere, oh! go– verneranno assai più che non i capricci del climn ! Il clima non governa più l'uomo come all'epoca degli abitatori delle caverne e delle palafitte. Oli abiti, le abitazioni, gli alimenti preparati dall'arte e l'igiene rendono possibile la vita dell'uomo quasi ovunque e in ogni stagione. Così sarà possibile, per colture seminatrici dei latifondi, una sicura e abbon– dante produzione, se i mezzi di difesa e quelli di lavoro saranno usati, non più in forma separata da ogni semplice colono impotente, ma dalla coopera– zione sociale nell'interesse della collettività consu– matrice. Digià per Je colture orticole e cli giardinaggio la sola impresa privata è riuscita ad attuare in modo sicuro i mezzi di difesa agricola contro le avYersità climatiche. Ma l'interesse priYato, che mantiene scarsa l'agricoltura dei latifondi, non potrà mai mutarsi, se non cedendo all'interesse collettivo associato. Poca è l'acqua che cade in Sicilia: in media circa un mezzo metro all'anno; ma essa, più che poca, è ma! distribuita ai fini dell'agricoltura. Cai.le in meno di cento giorni, si rovescia torrenzialmente dilavando Je costiere, e per molta parto torna ad evaporarsi subito. Spesso dopo l'inverno non piove più, e manca la pioggia primaverile che decide dei seminati tardivi ed è sempre benefica anche per i seminati d 1 inveruo. Un proverbio siciliano dice: A uia,·zii chiova, chiova ! (piova, piova!) E acl ap,·ili senza fi11i; Ed <1 mojii 1111a bona Pri scut11lari li risini (fo.r cadere gli insetti afidi dalle piante). Correggono in parte la mal distribuita piog~ia e la siccità primaverile per i seminati le forti brinate (acquazzinaU) e l'umidità trattenuta nella creta del suolo. In Sicilia spesso tra la fine di maggio e i primi di giugno fa un po 1 di pioggia, nella quale i clerico– borbonici un tempo vedevano il dito di Dio che fa- ceva andare a male la festa dello Statuto a Palermo. 'l'ale pioggia, specialmente se assai prossima alla mietitura, può distruggere il prodotto del grano, oltrechè ora favorisce lo sviluppo della peronospora contro la vigna. Se le pioggie sono cccedsive in inverno, le sementi possono venire distrutte prima di germoglial'8. J noltre i seminati assai precoci vanno maggiormente soggetti ad essere soffocati dalle erbacce spontanee. In una parola, in Sicilia. per i seminati le pioggie devono essere regolate col rubinetto a volontà. li proverbio dice: acqua e suli fa lavuri (seminato}, snli e ventu fa frwnentu. I pericoli climatici sono per i seminati di Sicilia numerosi e continui: perciò anno governa; e tutti concorrono a dare tornaconto all'or– dinamento agricolo coi latifondi. Poichè le preoccupazioni date dal problema meri· dionale, che ognora più s'impone, fanno comparare il Sud con il Nord d'Italia, diventa necessario, a pro– posito di clima, dimostrare in questo una causa fisica di così spiccata fliversità regionale. Il Sud <l'Italia ha abbondanzH. di sole con siccità e il Nord abboodanza d'acqua con cielo uggioso. In Sicilia il nemico dei prati e dei foraggi è l'estate caldo e secco, mentre in Lombardia il nemico di essi è l'inYerno rigido. Nella prima bisognerebhe, come per l'orto, inaffiare i prati in estate, e l'acqua a quest'uso manca; invece nella seconda con le marcite difen– <lousi i prati dai freddi inYernali coprendoli d'acqua, che trovasi abbondante. A questa differenza di clima fa riscontro una cor– rispondente differenza di suolo agrario. Nella pianura lombarda, del pari che in tutta la zona subappenni• nica, abbondano i teneni alluvionali 1 nei quali è possibile rinnovare lo strato coltivabile rivolgendo quello immediatamente sottostante. Invece nei ter– reni in posto della collinosa e montuosa Sicilia ciò non è possibile. Per il pascolo asciutto richiedonsi estensioni grand; 1 perchè esso riesca utile alla pastorizia. 11 suo frazio– namento lo farebbe grandemente riuvilìre ed anche riuscire inutile per l'industria armentizia. Il bisogno cli grandi superfici di pascolo asciutto ha dato fin dalla antichità una preponderanza territoriale alle terre pubbliche nel Mezzogiorno e agli usi ciYici nelle stesse tel'l'e divenute poi feudali. Dato il pa• scolo asciutto iii grandi estensioni il quale secca in estate, è necessario che il bestiame emigri secondo Je stagioni tra le marine e le montagne. [I clima splendido della Sicilia è guastato dal YOnto. Questo però non è un prodotto locale, ma spira sempre da lontano. La Sicilia trornsi al punto di convergenza delle grandi correnti aeree che investono il J\[editer• raneo. L'influenza benefica del mare fa piccoli gli scarti di temperatura tra l'inverno e 1'estate; ma il freddo e il caldo sono più propriamente portati in Sicilia dai venti. Le ne,,icate sui Pirenei o sulle Alpi o sui Balcani dànno i venti freddi di maestro, di tramontana, di grecale e di levante; i cicloni del– l'Athtntico portano le tempesto con i venti di ponente e di libeccio; le arene infuocate de:la zona saariana mandano i venti caldi di mezzogiorno e di scirocco. .Nelle ore che la temperatura arriva alFombra a 35 e a 40 gL·adi 1 l'aura marina apporta un benefico re– frigerio. E allora che i contadini e gli animali possono sopportaL'e la dura fatica della trebbiatura, ed è allora. che il vento permette di spagliare il grano nell'aia. Jl cappotto dei contadini di Sicilia, detto st·apolare, è fatto piì1 per difendersi dal vento che daJ freddo e çlalla pioggia. In mancanza sua, durante il la,,oro a_gricolo di pieno in,·crno, i contadini di qualche paese pii1 tormentato dal Yento mettono un fazzoletto in testa a guisa delle donne. Vic~versa, spesso le donne mettono lo scapolare degli uomini. Sostenuto dagli omeri e dalla testa lo scapolare lascia dentro

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