Critica Sociale - XV - n. 22-23 - 16 nov.-1 dic. 1905

362 ORITICA.SOClALE J,e grandi superficie a semina o a pascolo sono cinte da torroni di formazione geologica pressochò ug-unle. Basti osservare che in utut superficie totale di chmq. 25.461 i terreni terziari, secondo il Baldarci, sono di chmq. 18.12~l,9, e che dei terreni terziari il più diffuso è il miocene, esteso chmq. 8823,3. In proYincia di 'l'ra1)ani la superficie interna a latifondi per semina e pascolo è divian.con una linea ben precisata dalla zona del litorale meridionale coltivato a vigna e ad altre pìa.nto arboree. Questo spiccato distacco p1·osPguenel Circondario di Siracusa ir1 provincia. di flirg-cnti. Ciascuno può facilmente rilevare tale linea. che divide, con esattezza e senza sfumatura alcuna, due agricolture. Chi viene da Pa– lermo in ferrovia, vicino a Castelvetrano, al ca– sello 110, taglia questa linea divisoria, o può osser– vare subito che le due agricolture rispondono a due dh•erse formazioni geologiche. r terreni interni ciel latifondo sono di formazione antica, invece quelli alberati ed abitati do! litorale consh\110 dì un banco di tufo sedimentario marino sollevatosi in epoca pili recente, nel quale è possibile ca\'ar acqua e pietra, per cui riescono facili le abitazioni rmali. Sembra incredibile che l'agricoltut" dell'una su– perficie non riesca mai a sconfinare dalla linea di– ,·isoria sull'altra, come il delta del Nilo fecondato dai traripamenti ciel fiume è di\'iso con una netta. linea dal deserto laterale. L'esempio tipico che ho portato clclla.provincia cli 'l'ra1rnni non conduce alla conseguenza che OYm1<1ue in Sicilia si riscontri tale netta distinzione geologica Ira i Jatifondi seminativi e le contrade della piccola 1>roprietà; nè quc!Pesernpio prova che l'una fornm• zione geologica non possa dare che il latifondo della semina e del pascolo e Paltra non dia che la spe;-.. zata proprietà. della cultura arborea: attorno ai centri abitati dell'interno, sullo stesso terreno elci latifondi, le culture orticole ed arboree prosperano assai bene; e d'altra parte le attuali zone della pic– cola proprietà erano un tempo pure latifondi per semina e pascolo, spezzati con il contratto di enfi - teusi. L'esempio portflto vuol provare, invece, che, dato il concorso di altri fattori nel tornnconto individuale a perpetuare il latifondo barbarico, la conformazione del suolo siciliano, non che urtare con quel torna• conto, lo fa\'orisce. Ma, se quel tornaconto cessa dinanzi all'interesse collettivo leso, la natura geo– logica del suolo e il clima di Sicilia non impedi– scono affatto, contral'iamente a quanto ha voluto asserire il Rudinì in 1'erre incolte e latifondi, che il latifondo fecondato clal lavoro e dal capitale sociale dia abbondanti e sicuri prodotti alla società consumatrice. l progressi della legislazione e lo S\'i– luppo sociale, al punto in cui trovansi, non hanno potuto distruggere il latifondo se non nei terreni geologici più confacenti alla piccola proprietà, perchè solo in questa si ò visto il rimedio contro il lati– fondo deserto . .Ma se il latifondo rei:ita 1 passando scnzfL spezzarsi alle collettività di h~\'oratori, non esso nrn. la sua triste condizione attuale dovrà spa– rire anche dalle terre che geologicamente lo favo• riscono. La somiglianza del suolo siciliano con quello del– l'Africa settentrionale è rivelata anche dai nomi. In Barheria chiamansi teli le regioni coltiYate a cereali, per contrapposto ai pascoli ciel slull'a. 11 tell ori~i· narinmente significa collina, o s!larn, vuol dire fo rossiccia attribuito alla terra. Sauro in italiano vuol dire cli pelo rosso-scuro. Il tell di Ba!'betia trova riscontro nel tellus lt1.tino 1 nel tallavareri marsalese, nel tavoliere pugliese. La sciarci siciliana corrispon– dente al shara africano, quantunque non sia rossiccia, è ribelle ad ogni cultura, e per molti mesi è im– propria allo stesso magro pascolo. 'l 1 ra il tell e il sluira c'è l'opposizione che passa tra la popolazione sedentaria e quella nomade. In Barberia dicesi dakkla il piano coltivato e fertile dentro una vallata o sul horclo di un fiume o del mare, o corrisponde alla <l<Ìcala siciliana. Nella Kabilici di Barberia si dice arkerbau la cultura con l'aratro . .[n Sicilia il primo col1>0di aratro si dice calibi, e la rottura del suolo con l'aratro carbari. In Sicilia il darsi alla vita ran– dagia dicesi darsi aWarabla: Arùbia, con accento spostato, significherebbe paese di nomadi. Uno studio comµleto sul suolo siciliano ci porte– rebbe ad un confronto con le altro regioni clell'rtalia meridionale e con la Sardegna. Questa, quantunque abbia suolo assai fertile e sia ricchissima di mine– rnle, mantiene una spiccata inferiorità. rispetto alla Sicilia. Le due maggiori isole del Mediterraneo hanno pressochè la stessa superficie e lo stesdo sviluppo costiero, con leggicra differenza in meno per la Sardegna j eppure questa ha una popolazione di circa un quarto di quella siciliana. La inferiorità della Sardegna le cli\'iene forse principalmente dal clima eccessivamente fastidioso e malarico. Un altro fattore d'inferiorità è la maggiore distanza dal continente e la natura impervia delle sue coste, in modo che l'isoli\ di Sardegna, più che la Sicilia, fa un mondo a sè. Questi confronti ci allontanerebbero dal t.ema pro• fisso in questo scritto, mentre dobbiamo conchiudcl'C sull'esame del suolo sicilhtno rispetto alle culture. La cultura dei cereali o delle leguminose occupa io Sicilia circa 900 mila ettari {il solo grano ne occupa 659.833), ed il pascolo occupa circa 400 mila ettari di terreno. Queste superfici, riunite in un milione e trecento mila ettari, costituiscono nella quasi totalità la zona dei latifondi. La superficie della Sicilia cd isole annesse è di 25.740 chilometri quadrati, ossia 2.574.000 ettari {la sola Sicilia è di chmq. 25.461); da cui togliendo il 30 °· 0 approssimativo per aree incoltiYabili, restano per l'agricoltura ettari 1.800.000 circa. Di questa Stl()Crficiecoltivabile i latifondi a semina e a pascolo, nella quantità, come vedemmo, di 1.300.000 ettari, rappresentano più dei due terzi. Però l'area incolti– Yabile, eccetto la parte occupata da città. e villaggi, è quasi completamente, nel suo aspetto, simile al latifondo seminativo e al pascolo, con cùi può dirsi che faccia una superficie unica. Tn modo che la su– perficie deserta, seminata o no, è più di due milioni di ettari, cioò i quattro quinti del suolo siciliano. Il clima. - Le terre comprese tra le latitudini dei Pirenei e dell'Atlante algerino formano una zona intermedia, che ha in parte i caratteri della regione saariana ed in parte quelli dell'Europa centrale. }Jsse sono ancora la steppa, rotta da oasi, che si avanza verso nord, e più si avanzerebbe, come in Asia, se il ~Ied.iterraneo non ne addolcisse il clima. Il Me– diterraneo offre una grande superficie di evapora– zione in una zona che sarebbe naturalmente molto più secca - come rileva Jean Brunhcs in Etude de ge'ographie humctiue: J.'irrigation. Questo mare mitiga gli estremi di calore e di freddo nelle terre che bagna, e con la sua potente evnpo• razione estiva dà le pioggie invernali, più Yiolente che benefiche. Molta parte della pioggia caduta si precipita col mezzo dei torrenti al more, molta altra parte torna subito ad evaporarsi. Dopo, tra il prin– cipio e la metà di primavera, le pioggie cessano quasi del tutto fino all'i11\'erno successivo. La vege– tazione erbacea cessa in estate, eccetto che nei Juoghi irrigui; e resistono solo le piante che cacciano le radici ad una profondità dove non arriva Parsura estiva. Questo sti,to cli cose varia con l'altitudine, con le correnti dominanti dei venti, con la confor– mazione del suolo. Nella primavera le forti brinate sostituiscono in parte la mancanza di pioggia.

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