Critica Sociale - XIV – n.21-22 - 1 e 16 novembre 1904

328 CRITICA SOCIALE doppiavano 1 in !◄'rancia si qundruplicavano, salendo da 56 milioni 11C'I 1877 a 216 milioni nel 190:l. I~ la spinta alle grn.ndi spese per l'istru zion e si ebbe in Francia quando In democruzia, dir('t.ta dal genio cli Oambetta 1 ,·inse la prima grande bat taglia contro In roat:ionc clC"ricnlc e monarchica e sentì il bisogno di elevare ed CtStf'rHINC la fuuzionC' sociale e nazio,rnle delh, scuola. I~ nn nuo,·o varco a maggiori spese :,,colastichc si è aperto in questi ultimi tempi, per In nuova gra11dc huttaglia data dalla democrazia a quelle Congrcg-azio11i 1 che i partiti conscn'atori ita– liani accolgono tra noi ron visil1ilc gioia. E lo stesso ultimo aumento del hi11rncio prr i 11rn('stri elemen– tari italiani, non di~prczzabile, ma nemmeno tale eia autorizzarci a intonuro il peana, della vittoria. non i.· 8tato strappato forse ai consPn•atori di Destra e di Sinistra dalla agitazione tenace, minacciosa <lei maestri, sccond,,tii dalht pressione delle forzo demo– crntiche ~ Ccrlo, i consen·atori, quando han visto improrogal>il<' il problema, si son fatti belli del sol ili luglio, e si son proclamati tutti amici della t-cuola; nrn non da essi è venuto l'impulso a fare: l'im1rnlso è venuto dalle organizzazioni scolastiche C' proletarie e <bile rorze opero::ie della democrazia (g,·a,,ule acclamazione'. li problcnrn della scuola, dunque, come tutti gli altri problemi, dul cui complesso risulta In questiono sociale, è tecui<'o e politico iniò:ieme i e il nostro ceto, a somiglianza <li qualunque nitro, se vuole che i problemi, che lo riguardano, non restino soffocati nella gran folla deg-li interessi che 1)remono sui po– teri pubblici, deve sen-irsi delle armi della lotta politica per tutelare i diritti propri e i diritti dellll scuola, Anche il non fare politica, cioè appartarsi d;-11campo dclh~ lotta e della vittoria, ò i11 fondo una politica: hl politica degli imbecilli (ilarità). l,a riforma dell,i ,;cuoia. ~el Congresso cli .Bologna una discussione lun~a e vivace si ebbe sul programma della nostra orga– nizzazione. La spinta ad associarci C'rn venuta a noi dalla necessità dì mig-liornre le nostre condizioni economiche e morali, di insorg<'l'C contro la miseria u cui la legge ci condanna e contro ahusi scandit· lo~i che ancora più inaspriwtno la nostra st.ent.,ht curriera. E la nostra Federazione ~orgcva in con– trasto con le 11.:-iSOcinzioniprofessionali di vecchio tipo, le quali dicevano di occuparsi cli problemi pe– lingogici, ma in realtà non si enrno mai occupate che di far delht rotorica, vivacchinndo a furia cli sussidi ministeriali, servendo solo a fabbricare pre– sidi e cavalieri (ilariM, appromzioui). Per reazione legittima contro questo passato di inerzia e di chiacchiero inconcludenti, per paura che anche noi finissimo per impnluclarci nella pedagogia ufficiale e sussidinta 1 ci fu chi propose a. Uologna che la organiizazione non si occupa!:!se se non ciel problema. economico e morale della classe. )la. agli altri convenuti, e alla fino anche agli stessi propo– nC'nti, appan'C' chiaro che un deliberato di questo ge11C'resarebbe stato un atto di e~oismo, un 1 ingiu– i;tizia, un errore. Soi non :;iamo nelle condizioni degli operai, che lottano contro un capitalista 1nivato per strappargli la, maggior quantità possibile del frutto del loro la– voro, e la genNalità dei cittadini non è direttamente inh.•ressata nel conflitto e si pone pC'r sentimento di umanità con gli 01>orai. Noi ci tro,•iamo cli fronte allo Stato, cioè alla universalità della Nazione, la quale deve nPIIO i;tesso tempo riconoscere la giu– stizia delle noFitre domande e pa~arne le spese, sia c·on un aumento di tasse, sia distrihuenclo meglio lo tasse che oggi paga fra i cli\•ersi rami del puhhliro servizio. Ciò posto, noi non solo abbiamo dei diritti, ma abbiamo elci doveri. Noi ahbiamo sopratutto il dovere cli far corrispondere alla maggior s1>csn, cht chiediamo per noi, una corrispondente utilità ciel nostro servizio. Ora. la scuola nella quale e della quale viviamo. è perfetta? Di'Lessa tutto quanto ha da essa il di ritto di aspottar.iJi la Saziono? Certamente, un pro grosso immenso han fatto specialmente in questi ultimi vent'anni lo nostre scuole: pl'Ogresso che assai a torto ha cercato il ministro della P. f. nel discorso di Venezia di addurre come nrgomento dello curo, che i partiti conservatori hanno avuto per la scuola, perchè ossa è opera non elci ministri, alcuni dei <1uali furono ciarlatani incompetenti, o altri, pur buoni, furono paralizzati dalla indifferenza plumbea delle maggioranze parlamentari ,·orso i problemi della scuola; ma è merito tutto esclusivo della classe in– segnante, che ha riparato in parte con la sua ahne• gaziono all'opera negativa o malefica dei politicanti o degli alti burocratici (fragorosi aJ)J)lausi). Ma questo progresso non basta. Le nostre scuole sono ancora ben lontane dal cor– rispo ndere ai bisogni della societit che si rinnova; sono invecchia.te, mal coorclimtte runa con l\tltrn e con le necessità della vita; molto lavoro che in esse si compio è improduttivo, molto che produce ahba 4 stanza potrebhe produrre cli pili. Ora 1 una riforma scolastica non può esser promossa nò dagli uomini politici nè dai burocratici del .\linistcro. Unu rirorrna scolastica non può essere promossa che da noi col sussidio della esperienza e della competenza, che noi soli abbiamo, perchè noi soli vi,·iamo a contatto degli alunni e facciamo centro della nostra l'ita lu. scuola. ]~ noi ahbiamo il dovere di metterci a capo del movimento per la riforma scolastica. Abbiamo il dovere cli dotar ht .Nazione di quelle seuolc che me– glio valgano a prepararle cittadini liberi, lahorio!:li, capacì. Così il nostro statuto federale, mentre affer– mava la necc.!-lsità dell'azione politica e proclamava la urgenza di risolvere la questione economica e morale degli insegnanti, proponeva anche a scopo della nostra opera associativn la riforma della scuola. Anche in questo caso il motivo economico non tar– da.,·a a detC'rminare un'azione', che sconfinava dui limiti ang'usti della necessità economica, ma inve– stiva tutta la <1uestione scolastica da tutti i :rnoi lati (lungo apJJlauso). La bufera 1u1sia1Ht. Seguì l'anno scolastico 1901-l!)02, a□no di tenta– tivi incoerenti, cli moviment.i incerti. :Molti avevano ancora fede nel metodo delle petizioni: e di peti– zioni se ne fecero moJte, se ne fecero troppe; ma nessuna ca,•ò un ragno dal buco, e così la vecchia scuola degli inchini e clolle genuflessioni, rilmtse definitivamente discreditata. Oggi accenna a risor– gere, ma è la galvanizzazione momentanea di un cadavere. lntanto il ministro Nasi face, 1 a nel .Ministero della. istruzione quella strage, che il pubblico ha potuto nella relazione Saporito ammirare. :\là le col1le, che la relazione Saporito ha denunciate, non sono che una parte di quelle a. cui noi ahhiumo clon1to assi– stere fremendo e protestando. Si è fatto un gran chiasso intorno ng'li sperpcl'i economici ! ~la non si è badato, come si s0,rebbe dovuto, a quella colossale opera di corruzione, che il Nasi compì disponendo dispoticamente e immoralmente degli uffici scola– stici. Xoi vedevamo invasa la scuola da. uomini spre– gevoli senza competenza e senztl senso moral(I-; ve– devamo violati brutalmente i diritti dei buo11i per favorire lo ingordigie dei 1>essimi; ,·edevamo noi e i nostri alunni abbandonati senza freno alla mania 111alfattri00 di un uomo che, consideL·ando il Mini-

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