Critica Sociale - Anno XIV - n. 13 - 1 luglio 1904

194 CRITICA SOCULE questione così grave - specie nei rapporti della poli• tira c>stera - alla vigilia di una campagna elettorale; nrn la sua soluzione non si farà attendere troppo. Nei discor.si del gC'nf'ralr Peclotti 1 in quello del .U'ortis, nella ùi~cussione testò avvenuta al Scuato intorno al bi– lancio della guerra, una nota si è ripetuta alta, chiara, insistente: la necessità di sostenere con una forte preparazione militare la nostra nuova politica estera. Che se poi dovesse avvenire che questa pre paraziono si manifestasse insufficiente a paraliz– zare quella dell'Austria, e l'Italia non potesse, nel l'on1 decisiva, contrastare alla rivale il dominio del– l'Adriatico, l'irritazione delle nostre classi dirigenti cli\·errebhc anche pili pericolosa. Dopo il 1881 e l'occupaz.ionc francf'se della 'l'n– nisia, la gallofobia dell'Italia attinse un ardore così violento eh€' 1>arve dovesse proYocarc la guerra. 1,•u– ro110 quelli gli anni in cui Crispi costrinse tutte le attività italiane in un immane sforzo contro la"li'rancia i in cui si aumentarono i corpi d'armata, si ricostruì hl flotta, si spese in un sol anno 557 milioni per l'esercito <~ per la marina. E tutto questo Hd onta che ttlht gallofobia crispina r.l?sistessc animosa e pu– gnace la. democrazia cavallottiana, e insol'gessero contro la Triplice gli antichi ricordi e i non spenti rancori antiaustriaci. Ora che Sltrehbc de-1111talia il giorno in cui una nuova 'l'unisi ci venisse dall'Austria? Vin fausto pe· l'iodo crispino non potrebbe che essere superato, però che la vigorosa resistenza che la democrnzia cd i ricordi del riscatto nazionale potevano opporre alle infatuazioni bellicose di allora, sarebbe subito fiaccata da una insurrezione di irredentismo, ancora così vivo e lampeggiante sotto la cenere di tanti anni di oblìo. Donde questa sconfortante conclusione: che le no– stre classi dirigenti sono ormai trascinate ad una preparazione militare che ritarderà il progresso eco– nomico del paese: e quanto piil questa preparazione sarà insufficiente tanto piì:1 sarà probabile un periodo in cui le follìe militariste non a.vranno pii1 limite e provocheranno una crisi molto simile a quella da cui siamo usciti appena oggi, dopo la sosta ripara• trice di un decennio. . . . Queste fosche previsioni giustificano appieno il nostro pessimismo sulla politica odierna e sul suo avvenire immediato . .Noi - e quanti sono coloro che credono che le più profonde trasformazioni Rociali debbono essere precedute da rinnovazioni parziali - abbiamo più volte augurato alPltalia un Governo sinceramente dcmocrfltico, capace di attuare quelle riforme che sono ormai mature nella coscienza del paese e nella fatalo evoluzione clolle cose. E attendevamo che dai prossimi comizì elettorali uscisse pili gagliarda e pii1 salda questa democrazia di Governo a cui la parte nostrR. avrebbe concesso sinceramente il suo ap– poggio, e a cui anche quei socialisti che amano im– pennacchiarsi dell'aggettivo di rivoluzìonar'ì aYrch– hero - meno poche eccezioni - dato il loro voto, per isfuggirc a quell'esame antropologico che Enrico Ferri minacciava ai suoi critici di un tempo. I,wecc oggi la situazione è tanto mutata che noi commetteremmo un delitto di lesa democrazia augu– nwdo che il partito radical(• sal~a al potere. In questo ultimo periodo, mentre il Gabinetto 1/,a,. nardrlli si trastulhi,•a <'Oll un poco di irredentismo ed il Gahinctto Giolitti iii sprofondava nel suo heato uirrcmu, rrtalia ha scelto irremec\iabilmente la sua strada. F.d lrn scelto nè l'una nè l'altra delle due che Ernesto Nathan tratteggia. nPll'ultimo fniicicolo della ~vuoru Antologia, ma si è abbandonata ari una. acquitrinosa viuzza intermedia che mette però nella. dura via della g-randc preparazione militare, molto lungi da quella politica di raccoglimento, che sarà forse la politica dei deboli e degli umili, ma che è pur quella che con,·iene ad un popolo il c1uale attra– versa il periodo delicato della sua crescenza e della sua elaborazione interiore. Onde oggi, so la democrazia dovesse salire al po tere, dovrebbe continuare la nostra politica estera orma.i fatalmente iniziata, e quindi, o lasciarsi subito battere in Parlamento qualora rifiutasse di presi– diarla con nuo,,e ·spose militari, o divorziare dalle correnti popolari qualora si acconciasse ad accrescere i bilanci rlella guerra e della marina. J>erò che noi ci rifiutiamo di ammettere la terza ipotesi, che cioè le forz.e democratiche d'Italia siano per riuscire a moderare le tondenr.e bellicose che si fanno strada. Anzitutto nulla rivela che i pRI'· titi democratici abhiano delle idee precise sulla posizione dell'Italia in Europa, e su queste idee il consenso del paese. La forza delln. democrazia, che ha valso ai radicali l'offerta di partecipare al Go· verno, deriva da un certo n umcro di riforme econo• miche e sociali, o non affatto da un programma di politica estera. Anzi ò a dubitare se la loro ricono• sciutu maturità. al potere non sia derivata anche dal fatto che la democrazia, per le sue tradizioni irre– dentiste, era la. pili atta a consentire un indirizzo tutt'altro che pacifico o remissh'O. Jn tale situazione non vi è per il partito radicale, e per noi che avremmo ,·oluto sospingerlo presto al potere, che una sola cosa a fare: attendere laborio– samente. Attendere che le nubi onde è fosco l'oriz– zonte abbiano a dileguare; attendere che l'ora tra– scorra coi minori danni per noi e per il paese; at– tendere che il groppo intricato della politica inter– nazionale a.bbia a sciogliersi senza bisogno della spada. La vita dei 1>artiti non è una serie di sviluppi ininterrotti: è piuttosto una successione di progressi e di soste, di fortune e di disavYcnturc. Se nella sosta noi possiamo custodire qualche cosa di ciò che si è conquistato, e se noi proyvediamo a rimuovere le ragioni della nostra debolezza interiore, noi accu– muliamo già gli elementi per un progresso futuro. lVANOE BONOì\.11 . Il PROGETTO DI RIFORMA TRIBUTARI dell'on. \\foilernborg ( 1 ) Poichè il regime tributario è uno dei primi elementi a cui è subordinato lo sviluppo ed il progresso indu– striale di un paese, da esso non può prescindere chiunque si interessi delle sortì del lavoro. Che l'attuale stato di cose, n.lmeno per qun.nto riguar<la il nostro paese, sia. il più favorevole al fecondo potente svolgersi dell'indu– stria, è cosa assai problematica: perchè sotto certi aspetti e con molte manifestazioni moleste, il nostro regime fi– scale è il primo ostacolo al sorgere od alla vita fiorente di molte fonti di produzione. È però la voce di chi studia riforme razionali e ra1li• cali i ispirato a studt forti e severi, - come dà pro, n. Leone Wollemborg, che al trionfo del suo programma (1) Il disegno ò (Juello sk11~0 che fu 11rc~cnt11to f\l ('ons!gllo del )!lntstrl Il 2t:i lugllo 1901, ('(I allora non accollo, dt'tcr1n\111111do le dimissioni <1,•1!'011. Wollcmborg da ministro delle t'ln11nz<'. Però ù srato dull'autorc sottoJ)OSlo n nuovo minuto studio cd auui.onwto 1,cr tenere conto di quel tatn nuovi vorlllcntlsl di l)OI, eh(' J)Osisono 1\\'t"rc ro\ozlonc 1 quali l'abolli1lo11c del dnz!o isul forh111cel, prlnclpul· monto.

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