Critica Sociale - Anno XIV - n. 12 - 16 giugno 1904

CRITICA SOCIALE 187 parte del ceto professionista venuto dalla gleba. La mafia dell'agro palermitano è una conseguenza orga– nica del malandrinaggio clellc campagne a latirondi. ~: impossibile che la città signorile, racchiudente Ja classe sfrnttatrice, parli la voce della classe sfrut– tata dei miseri centri agricoli. Palermo fin qui ha potuto da sola fare le rivolu– zioni in nome cli Sicilia tutta) perchè erano rivolu– :doni della. borghesia contro l'assolutismo e le domi– nazioni j e lu storia di Palermo è perciò gloriosissima. )fa la rh·oluziono proletaria san\ imposta a Palermo e agli altri centri della borghesia. r salariati delle poche grandi industrie cittadine, come negli stabilimenti del marsala, nelle tonnare, nelle fonderie, nei cnntieri navali, dànno, nell'am– hiente siciliano e con la stragrande disoccupazione e la conseg-uente emigrazione, non i proletari del– l'ofticina ma i servi della " Casa,,. r rapporti eco· nomici che portano alla rivoluiione proletaria sono contrastati da rapporti morali cli dipendenza baronale trasportata nella grande industria. La rivolur,ione proletaria più possibile in Sicilia è quella dei hworatori del latifondo, con il passaggio della terra alla colletti,·ità. li latifondo deserto riesce molto piì.1facile da socialir,zare per via della Coo• perazione: ed a ciò tende il movimento contadinesco di Sicilia. La sola Sicilia genuinamente siciliana è quella dei centri a,gricoli a latifondo per semina o per pascolo. Da essa. pigliano caraltere le zone della piccola possidenza alberata e vitata, come oasi rap– porto al deserto che le circonda. Da essa si distacca con caratteri particolari il litorale orientale. E con le lagrime di essa si irrora il lusso delle grandi città. Alla rivoluzione proletaria è serbato il còmµito storico di industrializzare l'agricoltura siciliana 1 au– mentare indefinitamente il prodotto ora insufficiente ed incerto della terra, assicurare la vita dei lavora– tori elevandoli alla dignità cli uomini civilmente felici, incominciare la storia dei buoni chiudendo quella dei tristi. Se la ca.usa. principale di tutto il male siciliano ò riposta nel latifondismo sterilizzante e barbarico, se questo piglia vita e perdura per la speculazione privata del padrone o de1Pintermediario 1 sorge spontanea la conseguenza che la sola soluzione del problema risiede nella. socializzazione della terrn e di ogni strumento di produzione agricola, col sem– plice mezzo della organizzazione dei contadini in Leghe e in Cooperative. Sul riguardo del" gabelloto,, speculatQre si è caduti in grave errore, asserendo cli poterlo eliminare, senza mutare l'interesse latifondista e senza mutare la forma individuale di acquisto della terra da lavoro. Il latifondista, per mantenere la sua signorilità oziosa al sicuro da ogni rischio, deve cedere una parte della rendita foncliaria ad un intermediario, che 1 rotto a tutti i pericoli della mala. vita dei campi, dalla quale egli spesso proviene, sappia meglio incru– delire nello sfruttamento dei lavoratori. Costoro, divisi, debbono per forza ricorrere a!Pintermecliario per avere un mutevole pezzo di terra da seminare; e solamente uniti in Cooperati\•a fJossono eliminarlo. La pastorizia, il bosco, e per molta parte i cercali, non sono compatibili con lo sminuzzamento della proprietà. e richiedono il latifondo. Questo, nelle condizioni di suolo, di clima e di sidtemi culturali della Sicilia, deve essere, per conseguenza necessaria, deserto 1 malarico, impervio, scorra7.zato da malandrini~ inospitale. Da ciò la necessità ineluttabile del gahel– loto speculatore, per rendere possibile l'assenteismo dei pochi padroni della terra, finchè i lavoratori non si siano associati per eliminare prima gli interrnecliarì e ridurre poi a miglior consiglio i latifondisti, con– quistandQ la terra in Cooperazione ed avviandosi verso il collettivismo. . .. li problema siciliano, che è urrn parto caratteri· stica di quello rneridionalC', è problema di scar·sa produzione e di abbondante popolazione; la lotta por la vita vi è piì.1selvaggia, e vi nascono le C'a– morre politiche, la mafia, il malandrinaggio e il latifondismo semisterile, per assicurarsi, o co11 la violenza personale, o con il monopolio delle forzo governativo, o con quello delle forzo spontanee della tC'rra, una esistenza privilegiata in mezzo alla. mi– seria generale. La terra, sacra un tempo a rcrerc, oggi nella cultura del grano non trova più l'antico v~rnto,e vi ritrova anzi la. causa, quasi unica. della inferiorità economica e sociale. rrutti i campi 1 fra le sterili co– stiere dei colli e dei monti, son seminati a grano; eppure questo non basta al consumo della stessa Sicilia e non poca parte se ne deve importare dal· l'estero. Jntanto, a causa della invadente cerealicol– tura, mancano i boschi per il legno da ardere e eia costruzione, difettano i pascoli e la pastorizia; e clebbonsi importare da fuori legno, carbone 1 carne, pelli, latticini, oltrechò tutti i prodotti manufatti della grande industria, assai manchevole in Sicilia. Se con tale sbilancio si <lura \'ivi, lo si deve, oltre– chò alla innumerevole emigrazione, alla estrema frugalità e alla vita all'aperto delle popolazioni siciliane. ~on è vero che l'agricoltura non s'industrializzi e non dia maggiori prodotti per mancanza di capi– tali. Questi 1 che si trovano por altri impieghi o per restare inoperosi, non sono voluli dall'interesse del latifondista, e sono piuttosto mangiati, so presi a prestito, dal piccolo possidente coltinitore. La massa dei piccoli risparmì o giace inoperosa nelle Casse postali e nelle Banche, o trova impiego nei piccoli prestiti usurari per hisogni personali, o finisce per essere consumata senza avere creato nessuna nuova ricchezza sociale. l~ssa va sempre crescendo, e cresce intanto il bisogno sempre insoddisfatto di nuovi ca– pitali per ragricoltura. Vinteressc pa,·ticolaro ciel latifondista e ciel gabel· loto intermediario coincide con l'interesse sociale fino ad un certo punto 1 al di Jà del quale la coincidenza si arresta a danno della società consumatrice. Essi) è vero, hanno interesse che la terra produca il massimo possibile, ma a condizione che il maggior prodotto non facC'ia diminuire la quota, che il prezzo cPuso della nuda terra, netto cli ogni passivit.\, rappresenta nel costo della produzione. fl proprietario della terra, come ogni possessore cli capitali privati, chiama pas– sività, quello che spetta. sulla, produzione al lasoro, e tende a diminuire al minimo possibile ogni altra par– tecipazione al prodotto e di conseguenzn. ad am11nMc il prossimo. Il tornaconto, secondo la saJJicnza econo– mica borghese, è tutto qui: la parte :mettaute al lm:oro è wu1, vassivitù, cioè un cùmno, per l1im))ren– clitore capitalista, e devesi ridurre al minimo pos,r;ibile. Un proprietario, che voglia indust.rializzarc la produzione agricola per accrescerla, deve impiegare non pochi capitali procurandoli ad un interesse piut– tosto alto; deve dedicarsi alla vita dei campi affron• tauclo disagi, pericoli e rischì. A ciò ostano tre cose: il capitale impiegato richiede ua interesse che fal– cidia l'aumento di prodotto; il proprietario spesso non ha la capacità o la volontà all'impresa; la ren– dita gratuita della terra nuda 1 ossia la ,, gabella,,, è per sè stessa alta e crescente senza richiedere alcun disturbo al proprietario. L'industrializzazione agricoJa è avYenuta quando, in piccolo spazio, con la cultura in economia e con impiego intensivo di lavoro, si ottiene un forte prodotto 1 come negli orli, nel giardinaggio, nel vigneto. Ma nel latifondo sici– liano, cioè nella massima parte della superficie agra– ria, tutto congiura, dato l',1.ttuale ordinamento della

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