Critica Sociale - Anno XIII - n. 24 - 16 dicembre 1903

372 CRITICA SOCIALE dazt di consumo e parecchi dei più gravosi dazi di fron– tiera. La democrazia che, davanti all'addensarsi della bufera protezionista sull'orizzonto minaccioso di .lforopa 1 non vede altro parziale rimedio che la libertà del mer– cato interno, non può non favorire ogni avviamento alla soppressione delle barriere comuuali. .l~ssa consente an– che nell'opportunità. di creare quell'imposta complemen– tare sul capitale o sull'entratn. 1 che deve sostituire, al– largandola e perfezionandoln. 1 la tassazione diretta 1>er– sonale dei Comuui . .Ua non può accettare le proposte dell'on. Luzzatti, secondo cui quest'imposta dovrebbe coorclinarsi 1 " con graduali discese e anche con larghe immunità, alle diverse fortune) in modo che sia rimosso il pericolo di una punizione della crescente agiatezza n· Con le quali parole l'abile ministro del 'l'esoro lla vo– luto salvare la coerenza J>ropria e quella clell'on. Oio– litti1 dando di frega alliimposta progressiva tante volto prommis1l da. quest'ultimo, ma colando la uniformità <lei saggio sotto il tenue velame dell'esenzione e della ri– duzione delle quote minori. :Ma ben più profondo dissenso sorge sull'urgenza di queste riforme. Il Jlinistero attuale, dopo un cenno fu– gace alla loro opportunità, le rimanda ad ~n avvenire forse molto remoto. Le rinvia cioè a dopo operata la grande coiwersione della rendita (da non confondersi con la J>iccola, di facile attuazione) per la quale - 10 confessa 1'011. Luzzatti - le condizioni monetarie dei maggiori mercati esteri non sono già. molto favorevoli. Ora, qui è ap1mnto l'opposizione fra il programma del Governo e quello della democrazia. Noi dobbiamo chie– dere cho tion si indugi piì1 oltre; e che la riforma tri– butaria. si inizii con la creazione dell'imposta comple– mentare pr~gressivn, con la riduzione dei dazi di con• ,"lumo,e quindi col riordinamento delle finanze locali. Contro questo no.<:itro programma sì spuntano anche le obbiezioni della prudenza. ministeriale. Uon. Luzzatti ha (letto solennemente che" i veri rirormatori della.finanza italiana in questo momento sono quelli che resistono o non quelli che cedono 11• ~fa egli può avere ragione contro i sostenitori di una politica di sgravi, non contro di noi, che ,•ogliamo una politica di riforme. Altt·o è uno sgravio ccl altro è una riforma. Oli sgravt si csercltano SOJJrauna delle molte imposto che paiono piì1 gravose, e alleggeriscono quella senza mutare que– ste. Di solito, se il sistema tributario, ch'essi lasciano immutato, ò così empirico e vacillante come il nostro, gli sgra\'t non tardano ad essere riassorbiti in un pe– riodo di crisi. La riforma invece non alleggerisce di consueto_ il carico complessivo, ma lo distribuisce equa• mente, rende le risorse finanziarie più certe e più eia• stiche. Perciò la riforma resisto ai periodi di crisi, anzi aiuta a superarli. Ed oggi, che la nostra finanza si prepara ad una grande operazione, una riforma che non ne disseccasse le fonti, ma anzi ne aprisse le scaturigini vere, sarebbe un avviamento proficuo. La riforma. tributaria non im– pedisce la conversione libera del nostro debito, e il pro– gramma della democrazia non esclude gli utili che ltl. politica puramente di attesa del Ooverno si ripromette di ottenere. . . . Anche nel modo di ripartire le spese, la democrazia deve avere un suo programma. Non ci indugiamo qui ad accennare qut\li nuove <:iJ)ese 1 ci paiono urgenti e improrogabilmeute richieste dai cre– scenti bisogni della vita sociale. Queste nuove speso, rannodandosi al problema scolastico, al problema agri- 81b1otecalJ1no 1:11arco colo, a quello della redenzione delle terre malariche, a tutti i vari provvedimenti domandati dal Mezzogiorno e dalle isole, ci condurrebbero molto fuori del nostro còmpito. Piuttosto intendiamo soffermarci sulla grave questione delle spese militari, dove l'opposizione fra il programma del Governo e quello della democrazia ò profonda e palese. Precisiamo intanto i termini del problema. Nel campo democratico si è fatto spesso molta confusione fra rior• dinamento ciel nostro esercito, allo scopo di spender meglio e possibilmente meno, e riduzione dell'esercito come avviamento al disarmo. l~ppure lo due cose sono evidentemente diverse e debbono rimanere distinte. 11 Fino alla data sconosciuta - scriveva di recente il Alillorand nella prefazione ai suoi discorsi - in cui i Governi si saranno messi d'accordo per deporre insieme il greve fardello delle SJ>esemilitari, il disarmo isolato sarebbe peggio che una follì1i, sarebbe un delitto contro lo stesso ideale. " In questo parole vi ò certo una esagerazione evidente, ma vi è anche molta parte di verità. In ogni modo, esse riflettono lo stato d'animo, non solo dei partiti conser– vatori, ma ancl)ra di tutti i ceti e di tutte le classi che non possono, come il proletariato socialista, avere il chiaro presentimento cli una umanità pacificata. Ora, contro questo stato d'animo cosl diffuso e cosi difficilmente modificabile, uu programma cli parziale di• sanno è destinato a rimanere, per un tempo non preci– sabile, fuori della possibilità e dell1~ realtà.. E la demo• crazia non può e non deve esaurirsi in un sogno vapo– roso e lontano. Bisogna dunque affrontare il problema lù. dovo ò pos• sibilo afferrarlo. L'ora è propizia. Nello stesso campo militare sorgono, dopo il dii-ogno di legge dei socialisti, altri disegni intesi a darci, con la stessa spesa e mn~ari con qualche risparmio 1 un esercito più forte e meno fa. stidioso per coloro che son chiamati a comporlo. Il che sarebbe giovevole n lungo andare anche alla nostra fl. nn.nza, J)erchè rimuoverebbe il pericolo di spese straor– dinarie ccl ingenti che un esercito pletorico e mal do• tato, come l'attuale, può da un momento all'altro ri• chiedere. Nè la democrazia, chiedendo soltanto questo, si dimi– nuirebbe davanti all'opinione pubblica. li paese saluta come una vittoria dell'Estrema la ormai deliberata Com• missione d'inchiesta sulla Marina militare, cioè si accon– tenta. di un controllo ))iÙ diligente e severo. Perchè non dovrebbe accogliere lietamente un riordinamento dell'e• sercito, inteso a rassicurarlo che i denari spesi servono proficuamente allo scopo? Insistendo su questa soluzione transitoria. del J>roblema militare, la democrazia non dovrebbe rinunciare alla soluzione definitiva.: il disarmo. Le due soluzioni essendo distinte, l'una non esclude l'altra.. i\la noi crediamo che all'ideale della pace disarmata non si possa giungere che per due vie: con la. propo– ganda nel prtese - e ciò non può essere ufficio di Go– verno - e con una politica estera diretta a. questo scopo. T,à.democrazia devo dunque avere unrt propria. politica estera intesa a rimuovere ogni ragione di conflitti) a ravvicinare le maggiori nazioni, a diffondere la pratica degli arbitra.ti internazionali. Pur troppo in Jtalia la democrazia non si è mai occu• pata di politica estera o, quando se ne ò occupata, ha ratto dell'irredentismo e della retorica. anticolonia.le , desunta dal diritto rti nazionalità dello tribll africane. 1~ qui è il pericolo.

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