Critica Sociale - Anno XIII - n. 17 - 1 settembre 1903

CRITICA SOCIALE 259 i vecchi latinetti dell'infanzia, è simbolo e specchio dello spirito suo. Il pettegolezzo dello due tendenze è causa ed etfetto di questa apatia e cli quel di– vorzio: dove il socialismo lavora dentro il movimento operaio, quella contesa non sorge. Chi non vuole o non sa fare, litiga a peL·difia.tosul miglior modo di fare: chi non sa essere artista si vota al mestiere del critico. Eppure non v'è città. o borgo dove qualche speciale questione operaia non meriti studio e non reclami soluzione; dal procurare la quale, il partito deriverebbe serietà., credito, influenza e quella ra– gione d'esistere che invano si ripone negli evviva e negli abbasso, nei plausi e nelle proteste, nei fiocchi svolazzanti delle cravatte scarlatte. Vediamo fosco? Può darsi. :Ma è da tutto ciò che temiamo che lo strumento, additato dal Bissolati, possa fallire alle speranze ch'egli vi pone. Se noi Consiglio del lavoro i supposti rappresentanti del prnletariato non fossero in realtà. che i rapprese11- tanti di sè stessi, del proprio pensiero personale, o l'opera loro non fosse sentita., incoraggfata., corrobo– rata dalle masse, anch'esstt ~ come tante altre cose - non sarebbe che scenario. Accuseremmo lo stru– mento: faremmo come la cattiva htvandaia. Pure a tutto ciò v'è un rimedio. Se j, socialisti, dappertutto, scambio di disputare sulle tendenze, o chiamare a quando a quando i te- 11ori di cartello per folgorare Ja borghesia. e capo– volgere il mondo in un paio d'ore, formassero dei Comitati modesti di studio, s'interessassero alle que– stioni operaie, s'informassero ed informassero, e creassero, prima in sò e 1>oinegli alt,ri, una opinione i11torno ad esse viva e precisa, pensiamo che si sa– rebbe in tempo a porre riparo. Restiamo sefnpre del nostro vecchio parere: quello, che s'ò designato, per ischerno, come riformismo,è il migliore dei metodi, perchò è il solo che sia qualchecosa: ma a patto di praticarlo. Non praticato, vale esattA.mente il me– todo rivoluzionario, ed è una ciurmeria come quello. Perchè ciascuna classe vale quanto valgono nel loro complesso i suoi componenti, e può soltanto quanto vale: ed è aggiustar fede al miracolo imaginare che una classe riesca a sovrapporsi ad un'altra - bi– sogna che si sovrapponga peL' poterla disfare - se non vale, complessivamente e singolarmente, un po' più che quella non valga. Diceva bene Uerum Scriptor: in Italia i rivolu– ;donari non si sognano neppurn di fare la rivolu– zione e i riformisti a tutto pensano fuorchè alle riforme. A.spettando a braccia incrociate il sole del– l'avvenire, scambio di for,mulo, raggio a raggio, col calorn deì nostri çuori, colla luce dei nostri cervelli, finiremmo per gridare che l'astronomhL ci ha. gabbati. Pia11gercmmo il f.:tllimento della azione opcntia - ma sarebbe invece la bancarotta sacrosanta della nostra inazione. }i'Jf,IPPO '!'URATI. Abbiamo 1mbblicato : ATTILIO CABIATI e LUIGI EINAUDI L'ITALIA E I TRATTATI DICOMMERCIO Un elegante volumetto di 1mg. 100 Prezzo Lire UN A (Presso la Cl'Wca, Sociale). SOMMARIO. hlln>rJ11Zi011t. - J. l,'lt-RIIR 1lno RI trntt1<II del 1892. - li. Commorelo 111goncrnle dnl 18!12nl 1001. - 111. Il slslomn dog1rnnlo e 10 In– dustrio mnnufnttrlcl: 1° 111dustrl11 d<ll cotone; 2" tlolln lana; s 0 del rerro; 4° delln seta. - IY. 11 sistema dognnRICo l'agri– coltura: 1° vino, agrumi, frutti,; 2° 11 <litzlosul grano. - v. Con• tlUB)Olll o JlfOj)OSte. POliEllJ.IIC{-iEOOGANAI.iI Mio cm·o RERUM SCR!l"fOR, 'l'u hai l'impazienza. delle soluzioni pronte. J::questo tuo fen•ore, che si esprime con tanta. forza rude e spon· tR.11ea1 mi piace. B uu segno di vita 11el11 atmosfera inerte del nostro partito. Giammai noi abbiamo attraversato ora pili grigia di questa. ~'uori, un Govern6 cho ha smarrita la ragion di vivere, e che non sa e non vuole cedere a<l altro mani meno vecchie e meno affaticate il patrimonio ideale della democraziai quel rctagfriO che esso si illude ancora (oh illusioni delle parole e dei nomi!) di difendere dagli assalti della reazione. Dcntro,·un gru1>po di partiti democratici che paiono diventati il campo d'Agra.mante, e in ciascuno dei quali i litigi, le oscillazioni, lo crisi di crescenza impediscono di pensare e di fare. Nè questo sarebbe il male maggiore. Se il nostro pac.se non attraversasse uno di quei J)eriodi solenni in cui tutti, o quasi, i grandi problemi economici chiedono mm. so– luzione meditata, la uostra vita. politica non 1>otrebl>e troppo soffrire dall'inerzia <li tutti: spesso ò nel rìJ)oso silenzioso che si maturano le forze rinnoYatrici. Ma ogj:l"i, come tu bene avverti, troppi dolori dimostrano, con chiari segni 1 che non possono 1Jazientare ancora, e ci ammoni– scono cli non baloccarci a I ungo con le nostre guerre intestine. Che se la voce clicoloro, che richiamano il nostro par– tito al lavoro fecondo, non dovesse trovare sèguito nelle nostre file, temo assai che la democrazia dovrebbe fare parecchi passi in addietro. }~ non tanto perchè essa sa– rebbe costretta a rimanere assente in un momento così decigivo per il nostro avvenire economico, quanto per la ripercussione che questa assenza avrebbe sulle con– cezioni politiche dei partiti estremi. Non immagini tu la flo1·itura di u pregiucliziaU n quando a1Jparisscche noi rimanemmo esclusi dalla traitazione dei grandi problemi attuali? I partiti, specie se giovani ed inesperti, sono come gli indotti: attribuiscono all'inganno degli altri il colpe\'ole oblio dei jlrOJJridiritti. Quanclo poi entra in campo anche il nostro amor proprio, noi ci creiamo un nemico tenebroso ed invincibile per coprire decente– mente la nostra pigrizia. Tutto ciò ti parrà. forse un preambolo inutile. ;\fa io invece lo reputo necessario, per richiamare sulla discus– sione, che sto per iniziare con te, Pn.ttenzione benevola del nostro 1>artito, 'l'u hai sollevato nel nostro campo una grande questione, quella dei trattati doganali in relazione con le condizioni del Mezzogiorno, ed io in– tendo vaglia.re alcune idee tue e di altri per dimostrare semplicemente la Yastità. e la complessità del problema. Come vedi, la mia fatica sarebbe inutile se non riuscisse acl invogliare altri fra noi a cercare soluzioni più sicure. . .. Premetto che sono d'accordo con te nel volere la gra– duale abolizione del dazio sul grano, la ridur.ione della protezione industriale e - se ò possibile contrattare su questa base concessioni fa,•oreYoli ai no.stri prodotti agra.rii - una. politica. doganale diretta a sollevare le condizioni del !fer.zogiorno. Il mio dissenso comincia sulla previsione dei risultati di una tale politica nel Mezzogiorno cPltalia. Tu attri– buisci la rovina dell'agricoltura merìdionale al })rote– zionismo industriale inaugurato nel 1887, e alla rottura. dei ra1>porti commerciali colla Francia. Donde deduci

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