Critica Sociale - Anno XIII - n. 17 - 1 settembre 1903

B 258 CRITICA SOCIALE colmare o a dissimulare il vuoto dei loro programmi e a dar loro una facile vernice di modernità cli pen– siero: mentre dunque tutte queste contingenze 1>ro+ pizie, d'un tratto o assai visibilmente, si offrirono e si offrono all'azione del proletariato militante ita– liano, noi non vediamo cho esso, non diciamo abbia saputo finora profittarne abbastanza, ma che si ac cinga almeno a volerne arditamente 1>rofittare. Non solo l'opera. difetta, ma bcmrnco un po' la prepara zionc e la disposizioDe - quasi diremmo la coscienza stessa. del còmpito. La lotta per la libertà - che svelò e pose in open1 le nostre piì1 strenue energie - si direbbe ci abbia esaurito un po 1 a tutti le forze, e che la. libertà si intenda come scopo a sò stessa, non come preordi– nata a {JU0i fini sostanziali per i quali soltanto fu invocata e fu conquistata o per i quali soltanto essa ha tutto il suo pl'Ogio. Lo Camere di hworo, le .b'c– dcra.zioni operaio, um:~ Yolta che non ebbero pil, da temere per la loro esistenza, sembrarono prese da 1111 singolare torpore: continuò, è Yero, il reclLttamento di nuovi elementi, reso facile dal le sva nite paure, e materialmente si nllargarono i quad.ri : ma pane che l'improvvisa estensione ridonda sse a scapito del– l'intensità. e dellfl qualità ciel lavoro. Si crearono, sì, Commissioni o ·egrotflriati e sti1>endìi e Bollettini professionali: ma tutto ciò ebbe in realtà un'impor– tam.a in buonn 1>tuto clecorn.tiva e superficiale. Se ne togliamo la Camern del lavoro cli Genova, ohe do– vette affrontare problemi d'indole locale, ma di ca– pitalo im1>ortamm, e seppe bra,•amente risolverli, e quella di Reggio Emilia, dove, a base di propaganda assidua e di Cooperativo ben organizzate, col favore ciel Municipio socialistn, si compiè in breve tempo un lavoro veramente fecondo 1 e così quella di Monza e qualche nitra congenere; altrove, quasi dappertutto 1 l'azione cliret.tiva parve deficiente ed incerta; quasi tutto si ridusse R un movimento 1·iffesso1 che culminò nell'uso e nell'abuso degli r;cìopori 1 nei quali gli inter– preti del pensiero operaio intervennero, l>iù agìti che agenti, colla piccola diplomazia empirica del caso per caso. Tndubbiamcnte la cosa non poteva essere diversa, o non si dico ohe anche quest'opera non sia stabt, meglio EUICOl'fL ohe utile, 11ccessnria 1 e che una preziosa educazione cli soliclnl'ietà e cli esperienza non sia balzata fuori tinche da quel tumultuario spontaneo lavorio. Certo è che l'unione operaia fu hrnge finora fra noi (salvo in pochissiu1i ceti privilegiati) da assumere sostanza di organizzazione vera e propria., henchò amasse decorarsi ciel nome. Vu11ione, per vero, è agglomeramento meccanico e può fare qualche resistenza coll 1 azionc del peso, come un conglomerato cli mnttooi o cli oiotoli: ma è fRcile a sgretolarsi e non ha agilità di movimento e di adattamento; l'organizzazione è cosu viva, fondata sulla. clh•isione delle funzioni, o ha organi prensili, e sensi ammo– nitori, e centri nervosi per l'inibizione, per la previ– :;iono e J>el calcolo. L'unione, che elimina o attenua la concorrenza interiore, può in qualche modo difen– dere; solo l'org anizz azione può conquistare. 1~ la lotta. OJlCraia è fat.ta cli d ifensiva e di offensiva, cli prudenza o cli a udaci a, di rapii.li attacchi e cli accor– .i;imcnti Silgaci; di pAzion zfl, e d i risolutczzA; elevo conoscere il terreno e vedere un po' in Ili.:de,·e avore un suo piano. Che deve essere frutto dello studio, generale e localo, o che non piove bello e fatto dal cielo. Così fu che, sbollito. la febbre degli scioperi, che 11011 poteva du1·aro e ha dato tutto ciò che pel mo– mento poteva, somhrò, nel pensiel'o di molti, che allo fJegho fosse mnncntf\ qualsiasi funzione, e si videro le une sciogliersi, lo altre languire. TI lavoro e l'interesse cessarono quando dovoan cominciare. In questi casi saltan fuori g-li anarchici, e i loro Ba o scimmiotti anarcoidi, Ò tempestano che è venuto il loro momento; infatti, per non concludere nulla, essi sono maestri, e almeno, strillando forte, si dan Paria di fare. ln realtà, a molti dirigenti lo masse, piì1 che il volere, era, senza loro colpa, mancato il sapere. L'arte di condurre il movimento operaio non si in– yonta. nè s'improvvisa.. Senonehò, ecco il pericolo. Quando un organismo, destinato a moversi o a progredire, subisce uu arresto di sviluppo, una stagn11zione 1 non soltanto non 1>ro– gredisce, ma diventa un ostacolo al progresso del movimento che ha monopolizzato e chiuso in sè stesso. Noi conosciftmo C11mere cli lavoro, ricche cli soci, di sussiclii, cli simpatie; si credono, ed anche sono, voro potenze; fuori non si fa nulla., perchè tutto dovrebbe farsi in esso e da osso. Ma il corpo è maggiorn dell'anima: alveari pieni di ronzio, non Yi è facile ca.varo eia essi una chiara parola. Le Sc– ;,;ioni Yi si radunano o si occup11no, certo, dei loro interessi peculiari, dello lorn piccole Yertenze pro– fessionali; ma un',iziono o un pensiero comune - quello per cui le Camere del hworo s11n·ogaro110 le vecchio società separate o disperse - si discerne ap– pena. Non i,•i ancora una sala cli lettura, una biblio– teca, che informi clcllc questioni operaie, delle espe– rienze fatte nll'estero, dove il movimento è tauto più adulto e m1tturo, cli ciò che si 1>0trebbe tentare, cli ciò che conviene evitare. M non mai, o rarissimo, una riunione plenarh1 che trntti questioni concrete, che svolga problemi sintetici, o cli legislazione, o di agi– tazione, o cli tattica. Quanti sono studiosi in Italia. che porterebhcro là dentro il risultato dei loro studii, l'ozono vivificutoro delle loro idee! Ma. non ,·i sono chiamati. Un residuo di geloso spirito corporativo ri;,;za una muraglia intorno. g così) quando vi a,·viene cli ricorrere a quei Comitati per notizie o per lumi o per direttive, 11011 trovate tutti quegli aiuti che Yi credevate in diritto cli aspettan•i da essi. Ora, sarebbe assurdo ripetiamolo ancora una volta - sarebbe anzi rivoltante accusare cli tutto ciò) come di colpa. personale, sia gli operai che stanno alla tosta delle organizzi1zioni, sia - tfmto meno - la stessa massa operaia. Data la naturale immatmib\ cli queshl mussn. 1 dati i lunghi anni dì compressione e cli persecuzione, e i lunghissimi orarii di hn·oro, i quali, finchè non sieno ridotti, frustre– rebbero ancho i mozzi d'istrnzione e d'educazione ohe venissero posti a disposizione dello istituzioni operaie, si può dire che il movimento operaio ita– liano - solo col mantenere le posizioni e rinvigorire in sè l'elementare spirito di unione e di solidarietà - ha fatto 1 in questi pochi anni, veri miracoli. B meritamentc s'è imposto: per quello che è oggi, por quello, 1>iì1ancora, che potrÌ\ essere domani. Se una impreparaz.ione maggiore notiamo in <Jnesto mo– vimento che non sia in Francia, nel 8el;?io 1 in Ger– nrn11ia od lnghilterra, ricordiamo ohe in tutti quei paesi la lotta operai!L ha quasi un secolo di vita.: da noi non ha. un (Jtiarto di secolo. .Ma a cotesta impreparazione operaia. doveya in qualche modo riparnre il partito socialista; era la sua prima e pili doYerosa missione. Ora, in generale, esso non ha saputo. Anche qui, all'infuori, o poco piÌI, di Genova e cli Hoggio ]~milin, dove partito e movi– mento operaio si fusero in un'anima sola, eosicchè non s1tprosto dove l'uno finisca e l'altro cominci, il partito per lo piì, s'ò appartato e chiuso nei Circoli, làsciando il movimento economico n. sè, e così l'uno mancò nlPaltro o la vita dirottò a tutt'e due. Quella stessa n.putiu, per cui si videro i nove decimi dei Circoli sociRlisti disinteressarsi nientemeuo che alla questione appassionante dell'indirizzo del loro giornale centrale, (JUella.stessa indifferenza domina per le que• stioni oconomicho- midollo d'ogni aziono socialista– e la piccola stumpu del 1_.n1rtito, ridicente a perpetuità

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