Critica Sociale - Anno XIII - n. 15 - 1 agosto 1903

232 ÙRI1'ICA SOCfALli e applicasse alla lettera questa formula di astensione, si riescirebbe o a delle manifeste contraddizioni o a delle vere fanciullaggini. Di quali feste si tratta clunque? r~apili grande 1 la piì1 significante, quella che per l'Europa e per il mondo clan\ il suo signiHcato e il suo valore al viaggio del Re d 1 Jtalia, è la festa spontanea che celebrerà il popolo da sè stesso. Ì•: la simpatia delle <tccoglienze fatte <lai popolo di Pa– rigi, nelle vie ,tella capitale, al rappresentante dell'Italia, che sarà, per tutti i Governi e tutte la nazioni, la mi• sura <iell'accordo franco-italiano. I cittactini, i democra– tici, i proletarii acclameranno, al gl'i<lodi 1 ' Viva PJtalia, Vi,•a la pace!-n,non la monarchia, nut la nazione italiana. Si dovrà dunque, per obbedirn a non so qua!" proto– collo ,,, consigliare ai cittadini, ai democratici, ai socia– listi, di fare il vuoto e il silenzio sul passaggio di colui, che sarà in quel giorno il rappresentante dell'Italif\? Si dovranno lasciare i nazionalisti, i rear.ionarì, i clericali padroni della strada, padroni della maoirestazione? E !òlarà da costoro che essa riceverà. davanti alla storia il suo significato e il suo carattere? Chi non vede che, se il popolo non ratifica, con la sua simpatia palese e le sue vaste acclamazioni, il rav– vicinamento ufficiale delle duo nazioni, sarà. sempre lecito a coloro, che vogliono ostacolare questa grande opera, dire ch'essa è artificiale e che le combinazioni clella diplomazia non hanno L'assenso rlel paese? Questo sciopero del popolo sarebbe ben più grave che non il manifesto di protesta di cui il Comitato interfederale francese aveva sottoposta l'ipotesi ai socialisti italiani, e che questi hanno cosl saviamente ricusato. E se si tratta delle feste " ufficiali "' come ciò è poca cosa di fronte alla grande e necessaria partecipazione del popolo alla festa franco-italiana! I socialisti italiani si compiacciono, con una lettera pubblica, che l'occa– sione sia <lata ai due popoli, pur sotto la forma gover– nati\'a. e diplomatica dell'oggi,di aftèrmare la loro unione mercè una manifestazione" collettiva e solenne 11• Perchè i socialisti frnncesi si asterrebbero allora dal1'1dt'ermare, sotto le forrne ufficiali come sotto le forme popolnri 1 questa unione 1 alla quale essi tengono pit1 di tutti gli altri? Il Re d'Italia anderà senza dubbio al Municipio di Parigi, come vi andò il Re d'Inghilterra. I.a Giunta pa– rigina è nazionalista; ma, se essa fosse socialista, rifiu– terebbe essa dunque di ricevere nella ca.sa comune l'ospite della Francia e di Parigi? Sarebbe questa una ben strana maniera di simboleggiare la politica. socia– lista, che vede nella. cortesia internazionale dei Governi un primo effetto e un preludio della solidariefa inter– nazionale dei pOJ)Oli. E bisognerà dunque che la mino– ranza socialista del Consiglio significhi, con un'astensione concertata, che solo il nazionalismo "sciovinista. , 1 e odioso 1rnò prestarsi a queste pratiche cÙ necessaria cortesia, che contribuiscono a dissipare le cattive passioni e agevolano l'o1)era del la pace? Inutile insistere su ciò che questo "protocollo" cli purismo socialista ha di puerile insieme e di perico– loso. Quando dunque il nostro partito saprà. es.'IOaccet– tare tutto intero il còmpito suo? Quando cesserà. di 1rnraliziarsi da se stesso con delle formule pseuclol'ivolu– ziona-rie? t con l'azione che un partito rivoluziona il mondo, ed esso non può agire se non nell'ambiente che gli ò dato dalla storia. Sono veramente II ben teneri alla tentazione,, coloro i quali temono che la loro fede so– cialista soccomba all'incontro di una maestà regale e al fascino d'un sorriso diplomatico! ÙIOYANNl JAUllÌ:S. Bib 1otecn C no B1ar e LE PRESENTI CONDIZIONI JJELI.JE :AlJGRAZJONE l'l'ALTAN.1l VII. Protozionisrno borghese e 1,rotcziouismo OJ)Craio. D'altronde - Pabbiamo già detto - non bisogna. esser così ingenui da credere che sia. proprio la preoccupazione deJl'a be quella che spinge gli ameri– cani - ed à gii~ spinto altri popoli - a chiudere il varco alla nostra emigrazione. · PeL' convincersene basta leggere attentamente il seguente caratteristico specchietto redatto dallo st.esso Commissarhito americano dell'emigrazione: l'ereenhrnle N1w.lonnlltll. degli iurnlfaboU slJarcatt affl! Stati Uniti Portoghesi . 45,73 Italiani del Centroe cletSud 46,56 Lituani 28,05 Ruteni 45,83 Siriani 41 1 22 Polacchi 28,39 Sloveni 26,22 Italiani del Nonl 11 1 - 'fedeschi 4,43 Francesi 3,53 Inglesi o Scozzesi 2 1 43 OIHUlro portnto In medlad!~ elasonn e111tgra11te 7 1 57 dollari 8,79 11 8 1 18 9,53 13,95 10,37 12,82 22,- 29,10 31,97 29,51 Davanti alla singolare corrispondenza fra questi due gruppi di cifre, vien subito fatto di domandare se per caso gli americani, gente pratica e positiva se mai ci fu, non vedano la questione dell'analfabe– tismo più dal Iato ciel dollaro che eia quello della coltura, cioè non siano spinti ad ostacolare l'immi– grazione in ragione della sua povertà più che in ragione <lella sua ignoranza. La domanda, naturalmente, ci guardiamo bene dal rivolgerla agli americani. Essi, da bravi mercatanti arricchiti, amaoo darsi una cert'aria cli nobiltà e nasconclern le loro vedute, non eccessivamente ele– vate, sotto le più alte disquisizioni filosofico-morali. Così la relazione al Comitato senatoriale del bill contro l'analfabetismo è stata infiorata dal seguente profondissimo squarcio, col quale si vorrebbe quasi qua-si far credere che l'immigrazione di qualche mi• g'liaio cl'analfabeti possa ricondurre a ritroso dei secoli, nel buio della preistoria, l'intera civiltà ame– ricana. " Si può essere di parere che l'istruzione non sia garanzia di carattere, più di quanto la mancanza. d'istru– zione lo sia dì disonestil; ma è indubitato che l'istru– zione costituisce la base fondamentale di qualsiasi pro– gresso morale e intellettuale. La circostanza che della istruzione viene fatto cattivo uso da alcuni 1 e che si trovano persone ignoranti, le quali sono probi ed utili cittadini, non altera in nessun modo il merito della pro– posizione che, in generale, la razza umana è stata. in• nalzata al1 1 a.ttuale grado di sviluppo mediante l'istru– zione, della quale è base fondamentale il saper leggere, e che essa dà a chi la possiede il mezzo di rendersi utile. Da questo punto cli vista, la convenienza di negare L'ammissione agli immigranti che non sanno leggere, che non posseggono cioè nemmeno questa cognizione elementare per diventare istruiti e perciò utili cittadini, ò troppo ovvia perchè abbisogni di ulteriore SJ>iega– zione." A queste stringentissime ed acutissime argomen• zioni si può obiettare: come mai gli americani ànno

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