Critica Sociale - Anno XIII - n. 15 - 1 agosto 1903

ÙRI'l'ICA SOCIALE Londra ò la citU~ dove piit acuta e tormentosa si sente la fame d'aria, come ha brillantemente docu– mentato nella stessa Crifira sociale (1) Mario Borsa. Del resto, anche i piì1 entusiasti fautori dell'ini– ziativa privata e dello s1>irito filantropico non pos– sono che confermarlo. Jules Rochal'll dovette con– rludere: " tutto ciò, che gli inglesi hanno fatto fino ad oggi, non fu che un secchio d'acqua sovra. un incendio ,, e pili oltre constatava che a Londra. " tutto le Società riunite non poterono - fino acl oggi - riuscire a dare un tetto al decimo della 1>opolaziono povera 11 ('). Se questi risultati hanno dato l'iniziativa privata in genere e la filantropia in ispecie là dove sono 1>iù \'Occhi, agili ed alacri lo spirito di iniziativa e il sentimento del dovere sociale, che si può atten– dere noi paesi dove ò languida ogni forma di ini– ziativa? A Parigi la Societl,,filcmt,-ovica cominciò dal 1888 a costruire abitazioni economiche, adoperando a tale scopo un dono, di 200 mila lire crediamo, fatto dal signor Michele lfeine, in memoria di un fratello morto. La Società fece costrurre successivamente quattro case a piil piani, in località differenti, esi• gendo dal 5 al 5,50 % del capitale impiegato, com– prese le spese cli manutenzione e simili e adope– rando i redditi netti, oscillanti dal 2,80 al 3,20 ¼, a estentlere le sue operazioni. L'esperimentoi anche qui, fu quanto mai ristretto e, a causa del prezzo di affitto (250 lire in media), non servl a quelli che piil ne avevano bisogno. In Francia e nel Belgioi nel periodo che prece– dette la migliore fortuna. della forma cooperativa, i bureaux rle bienfaisance cli città, e cli paesi talvolta, si diedero a costrurro case operaie. Alcuni, come quello di Nivelle, riuscì a costrurre un tipo d.i ca– sine, ad imitazione di quelle di Mullwuse, a un prezzo di affitto e di vendita eccezionalmente basso (poco più cli 1 O lire al mese). Ma il caso fu unico e ristretto a dodici campioni. 'l'utti gli altri giunsero 11 conclusioni ben diverse. Un po' dappertutto si ò suonata l'arietta senti• • mentale della filantropia: o questa si ò dedicata. a prove cli ogni genere. Ora si trattava cli un lascito, ora dogli utili di una Cassn cli l'isparmio o degli nvanzi cli gestione cli una associazione cli beneficenza. i\ra. i risultati fu1·0110,supergit1, sem[>re gli stessi. Nel caso di lasciti, la necessità cl.i ricavare un red– dito sufficiente annullava buona parte dei vantaggi che potevansi ripromettere. Nel caso cli associazioni filantropiche, essendo queste deboli di capitali, do• vevano ricorrere al credito ad un tasso del 4 o del 5 °/ 0 , e tutte le buone speranze si sperdevano 1>ervia.. La conclusione ò che i bisogni sono infiniti e i filantro1>i scarsi, scarsi. Chi attende, eia questo lato, un contributo serio, può atte11clere un pezzo. Del resto ce ne aveva già a JJriori avvertito la psico– logia: perchò si ammirerebbero tanto i -r.:eri filan– tropi, se non fossero 1:arae aves? La cooperazione. )faggiori servizi ha roso la cooperazione. In essa si possono consiclcrnre due periodi distinti: uno cli tentativi, cli incertezze, che si svolge spontaneamente senza l'aiuto e la coordinazione della legge; l'altro piìl risoluto, pii1 prcciso 1 pilt grandioso, dopo che la legge ha, con opportuno fncilitaz.ioni, dato modo alle Società cooperative per case operaie cli arditamente avanzare. ( 1) Cl'illca soclalt, R!lllO 1902, l!J ROCIIARD: t:11r11ctOM•-"•d'hy(Jljne. ti lit mldtcLllt publiqm, J)R· glnR 424. Nel primo periodo - eta cui noi italiani usciamo solo ora, in seguito alla recentissima legge sulle ('ase OJJeraie, proposta eia Luzzatti e compagni - le Coopcrath•e per caso operaie avevano contro di sò tutto le difficoltà che abbiamo veduto presentarsi per le altre soluzioni : inesperienza o incertezza nel problema tecnico, ingombro affaticante del fiscalismo, scarsezza e diffidenza ciel ca1>itale, eccessiva preoc– cupazione ciel lato igienico e trascuranza del Jato economico. In questo periodo di ingenuità. e di sogni, la So– cietà cooperati va non era, in genere, destinata che a procurare a un piccolo stuolo cli entusiasti e di pazienti 1 col lungo, eterno, piccolo risparmio inclivi– cluale,,, lei casci1xtlernci ,,, come ci è descritta dagli apologisti cli un tempo che irrimediabilmente fu. .Non clava - o ne'ppur tentava - la soluzione cli un problema sociitle, realizzava, per pochissimi, un dolce sogno. ~, se le sue ali avessero voluto librarsi in aero piì1 spazioso, non avrebbe potuto, tanta era la ripugnanza, la diffidenza del grande credHo. Nel secondo periodo, la Società cooperativtt si af- - ferma ben altrimenti. 1~ una grande forma di ini– ziativa che, col concorso di molti, si dà a martellare il blocco di un grave e poderoso problema sociale. La legislazione le prepara il terre110 1 le assicura una condizione di privilegio, la difende nena nascita, accompagna i suoi primi 1>assie, quel che più im– porta, le fa riftuire 1 ad un interesse non usuraio, capitali in quantità sufficiente. Così in Belgio, per la legge del 9 agosto 1899, così in Inghilterra per la legge del 18 agosto 1890, così in Austria per la legge del 9 febbraio 1892. AJtrettanto avverrà in Italia dopo rultima leggo del 31 maggio 1903. Però 1 benchè la cooperazione delle case operaie abbia dato maggiore e migliore messe, anch'essa - come tutte le altre soluzioni passate rapidamente in rassegna - non ha giovato che a un numero rela– tivamente ristretto cli operai e a queUi che meno ne aveva110 bisogno. R questo ò utile stabilire subito, ricercandone le ragioni, porchè - essendo in Jtalii~ imminente IR ap1>licazione della nuova legge - sa– rebbe necessario scartare quegli errori che altri hanno commesso. Scegliiuno alcuni esempi vicini e lontani: 1° - ltt ltaLia) ci fi'ireuze, tra 67 capi-famiglia si costituì una Socielà anonima cooperativa edifica– trice, per costruire altrettante cnsine con giardino. Le essine riuscirono composte di tre vani al pian terreno e tre al primo piano. Ogni socio dovette sottoscrh•ere una. caratura di L. 2000 che può ver– sare a. lire cluee cinquanta per settimana. Inoltre ogni socio, 1>er divenire proprietario, deve pagare 25 lire al mese di affitto. In tutto si tratta. di una spesa di 420 lire all'anno ( 1 ). 2° - Altro esempio italiano è quello cli Sesto FUJ- 1·entino. La Società costruttrice di case operaie sor– geva nel 1885 coll'intento di procurare una conve– niente casa ai suoi 87 soci. Ognuna di queste doveva avere un fabbricato di 60 mq. ed un giardino vasto altrettanto; la casa doveva essere composta di quattro camere, suddivise in due piani. Le prime otto case, costrutto nel 1887 1 costarono ciascuna L. 2596,14, compreso il terreno; le 4, costrutto nel 1888, costa– rono 2703,62; quelle costrutto nel 1889, 2816,85. Coloro a cui era destinata la casa dovevano pagare .150 lire cli affitto annuo, 1>ii'lL. 1,50 per settimana fino al termine della vita sociale. In altre parole la somma complessiva annua cli 222 lire, fino a tempo indeterminato ('). (I) PAOLI.UH: loeo clt., I), gs.34, <' ) Al.lOR\!80: COH t cUl(ì op,nlle.

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