Critica Sociale - Anno XIII - n. 15 - 1 agosto 1903

238 CRITICA SOCIALE i vecchi rapporti di speculazione capitalistica e di concorrenza. Invece per la via della organizzazione sociale dei consumatori, non pagando pii, la <:amorra fondiaria e quella degli intermediari, evitando che il grano nel passaggio dal produttore all'incettatore, da questo al mulino e dal mulino al forno diventi oggetto di monopolio, ed applicando i mezzi della grande indu• stria, il pane, con i salari stessi elevati, non potrà costare che pochi centesimi al chilo. t assai pili facile ai capitalisti, che s011 pochi, di coalizzarsi, clic non 11.lgrosso numc1·0 di operni. La concentrazione capih1listica vince le .Leghe dei lavo– ratori. .Ma arriva un punto che il maggior numero finisce per aver ragione dei pochi, cioè quando la causa elci lavoratori s'identifica con quella dei con– sumatori, quando per l'interesse e il capriccio di pochi la maggioranza sociale non trova., con i mc1- gazzini rigurgitanti cli beni, il mezzo di soddisfare i bisogni primi della vita. Allora la espropriazione s'impone, e quello che non seppe fare una Coopera– tiYa operaia potrà. soltanto compire la. comunità. La cooperazione di consumo sgorga dal grembo stesso della concentrazione industl'iale, e diventa una necessità per comprare in grandi partite le merci direttamente dalla. grande produzione La grande industria non può pilL vendere, diversamente dall'ar– tig·innato, a ciascun separat.o consumatore. Le sue merci arrivano rincarate di molto dagli intermediari, perdendo il merito del basso prezzo Ol:iginario, o adulterate dalla concorrenza. Essa, per meglio sod– disfare i bisogni del consumo, deve mutarsi in una funzione della universale Coopera.tiva politica, costi– tuita da tutto un popolo di consumatori. La inac– cessibilità. del grande produttore al singolo consu– matore fa persistere la piccola industria. accanto alla grande di uno stesso ramo di produzione ed impe 4 clisce spesso il sorgere della grande. Così, senza la spinta degli interessi organizzati dei consumatori, persisterà. il lavoro avvilente della misera lavandai,~ e della serva di casa, quando si possono impiantare pubbliche lavanderie, cucine automatiche e servizi pubblici di nettezza con il lavoro nobilitato dalle forzo meccaniche; e persisterà. la piccola industrh, clel pane con tutti i suoi gravi difetti, che solo la produzione in grande può togliere. La cooperazione produtt.iva deve, aclunque, sgor– gare da quella di consumo, imperocchò questa deve da sò provvedere alla produzione dei beni neces– sari ai suoi associati. Siccome i cittadini cli un Co– mune, o cli una Federazione di Comuni, formano una grande Cooperativa di consumo, essi nella loro col– lett.ività. possono, col mezzo delle pubbliche ammi– nistrazioni, fare eseguiL'e da speciali organismi i beni di cui bisognano. 1◄; così che il principio di coope– razione s'integra. con quello della municipalizzazione o nazionalizzazione dei bisogni dei comunisti. 18. - 'l'utta la economia borghese riguarda quasi solamente l'interesse del produttore per speculaiione, e poco o nulla si cura. del bisogno cli assicurare acl ognuno il consumo dei prodotti. Appena ora la bor– ghesia governante incomincia a far suo, certo per guastarlo, il postulato socialista del l}assaggio rlelle imprese private a serviz'ì pubblici e dello esercizio diretto di essi servizi, senza più il concessional'io speculatore. L'on. Luigi Luzzatti, il maggior confessore al co– spetto di Ieova delle alte idealità della borghesia, nel suo discorso al Congresso enologico cli Conegliimo, discutendo la riforma cli '\Vollemborg sulla trasfor– mazione del dazio di consumo del vino dalla bar– riera daziaria alla cantina ciel produttore, disse che i veri giudici della proposta riforma debbono essere i viticultori. Con la stessa logica i veri giudici delle B1b1otec-:i C ,no B1arcc leggi, intese a infrenare l'uso delle sostanze nocive o a colpire di maggior tassa. i generi di lusso, do– vrebbero essere gli stessi produttori. L'interesse della collettività. consumatrice vien così messo in seconda linea. Secondo la concezione capitalistica e luzzattiana, il più facile e pili abbondante smercio non serve al fine di soddisfare maggiormente i hisogni del con– sumo, ma serve a che con un maggior consumo si favorisca la speculazione produttiva. li Luzzatti però altra volta, per assicurare la vita delle Cantine sociali 1 aveva propugnato il nesso ne– cessal'io di queste con le Cooperative di consumo, mostrando <Fintuire la. vera soluzione della organiz– zazione del lavoro nella orga1~izzazione dei consumi. Ma l'idea geniale, forse perchè conducente al col– lettivismo, non doveva avere svolgimento. Difatti, se una Cooperativa di lavoro deve dipendere da una Cooperativa di consumo, tanto varrebbe che questa producesse, con organizzazione propria di lavorat.ori degnamente retribuiti, i generi richiesti dai suoi as– sociati. Oggi però, per disarmare i socialisti, tutti i partiti borghesi, compreso il clericale, si son dati a predi– care la municipalizzazione. Che faccia.no, e sia pure in odio al Pi1rtito socialista! Ciò è un bene, che questo stesso partito si prefigge. Ma bisogna guar– darsi dalle co11traffa7,ioni. La municipalizzazione da noi invocata. 110n deve farci cadere nel capitalismo di Stato, non deve servire a fine fiscale per tassare in altra guisa i generi di prima necessità, che con tanta fatica vogliamo sottrane agli odiosi dazi di consumo. Hl. - Che il Comune guadagni qualche cosa nella. vendita municipalizzata ciel gas, della forza elettrica, dei meizi cittadini di trasporto cd anche dell'acqua, sta bene: con questi nuovi cespiti di entrata si at– tuel'Cbbc la riforma tribuhi.ria e si troverebbero i fondi per t nuovi bisogni sociali. Ma il pane, il htttc, la carne, i medicinali, le abitazioni e simili neces– sità prime della vita, nella. produzione socializzata, quando non si distribuiscano gratuitamente, vanno venduti a prezzo di costo. 11 prezzo di costo è dato dalla spesa sola.mento necessaria a mantenere il personale ,li servizio e 1a conservazione del capitale sociale d'impianto. La difficoltà della fabbricazione municipale del pane e della. vendita a. prezzo di costo nasce dal bi• sogno di attuare il servizio pubblico tutto in una. volta, e non per graduale evoluzione organica, come è stato p. e. il servizio posta.le. Con tutta !a. ma;; giore preparazione, il servizio degli scamliì non si vende ancora. a prezzo cli costo ma con un guadagno da parte dello Stato o delle Compagnie. Però la dif– ficoltà. per il pane è cli natura temporanea, e si vince con il solidale interesse dei consumatori. Le 1rnbbliche amministrazioni, oltre i servizi pub– blici tassati e quelli distribuiti a prezzo di costo, sono chiamate ad altri servizi necessariamente gra– tuiti. 'l'ali sono: la. puericoltura, l'assistenza alla. ma– ternità, gli istituti d'igiene e di sanità, le assicura– zioni contro la rlisoccupazione 1 la invalidità e i ri– schi del lavoro. La gratuità è riferibile all'individuo, perchè egli sia completamente libero cli valersi del pubblico servizio, che va pagato con i fondi pubblici, raccolti in regime borghese tassa.udo direttamente e progn."-ilsivamente il reddito dei ricchi, o prele– vando dalla produzione sociale in regime collettivi– r1ta Ja parte necessaria. a salvaguardare in tutto il diritto alla vita. I lavoratori dipendenti dai servizi pubblici sono garantiti da organici che determinano Je condizioni di lavoro, il diritto alla pensione, la stabilità dello stipendio, ecc. Essi in regimo socialista. formeranno

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