Critica Sociale - Anno X - n. 22 - 16 novembre 1900

CRITICA SOCIALE 345 o d'tlltri documenti da lui citati e non riesce a spie– g-arsi la condothi, a prforn. vista incerta e contraddit– toria, del Conto di Cavour nel 1860 di fronte alla spedir.ione dei )[ille. Così nel 1848 come nel 1859 o nel l860, conveniva dimostrare All'JDuropa diploma– tica1 o almeno apparire di climostral'lo, che il Pie– monte, intervenendo, facevn. gli interessi cH essa, protegg-en1. l'ordine minacciato, impedint la rivolu– zione. Uno Stuto debole, che avesse dichiarato di rappresentare, d'h1carnare la rivoluzione, sarebbe stato immediatamente schiacci.1to. A sua:volta, Ja condotta del Cavour noi 1860 è inspirata all 1 interesse ben ragionevole o giustificato di conservare Ja mouarchia, cli cui egli era primo ministro, e a quello insieme di ut.i\izzare la sitm1zio11e in quel modo che tor,rnsse pill efficace per la,causa dell'unità. e dell 1 inclipendenza italiana. Non è esatto quanto si all'erma dal mio contraddittore, che il si– stema ri,·oJuzionrcrio, che faceva inorridire il gabi– netto di 'l'orino, mentre Garibaldi solleYava Ja han– dicra ".rtalia. e Vittorio Emanuele '" fosse finstau– rAzione della democrazia nello Sb:tt.o, JJercllè la tem(I, eletta repubblica era, esclusa clalla ùamtiera assunl(f eia Garibaldi. 1:: questa una mutatio elenchi, che jà, logica non consente. Se H Gabinetto tli '1 1 orino si al– larmò, e nel 1.860 e nel 1859, delle forze del pArtito d'azione, per quanto capitanate da, Garibaldi, non fu già f}Crorrore della democrazia, ma, perchè si temette che egli diventasse jmpotente a guidarle, a frenarle e, trnscinato eia esse, costituisse appunto quella re– pubblica, che avrebbe reso 1 si capisce, incompatibile Pesistenza. della monarchia. Quanto alla condotta ciel Gabinetto piemontese nel 1860, è evidente, come esso abbin, cercato con due politiche, opposte nell'apprcrenzR, di conseguire il proprio fine a seconda, dcg·Ji event.i, che erano futuri e quindi non conosciuti. U suo fine era la. consor~ ,,azione dello Stato e la tutela. dell'indipendenza ita– liana o almeno di quanto ora. stato raggiunto fino alJora per questo titolo. Ora, o Garibaldi riusci,·a o non riusciva. Se Garibaldi non riuscirn, l'alJeanza col Borbone o almeno l'offerta dcH'alJeanza avrebbe dimostrato al re di Na.poli e all 1 Europa diplomatica le disposizioni concilianti del Gabinetto piemontese e avrebbe preparato, con l'unione delle due monar– chie, Ja settentrionale e Ja. meridionale, e quindi dei loro eserciti, una efficace difesa contro lo strnniero. O Garibaldi riusciva, e, in tal caso, i soccorsi prestati avrebbero servito a conseguire defi11itirnmcnte l'u– nifa vrcgheggiata drc flmbiclue i partiti. Ciò è tanto vero che, in seguito alla lettera di Vittorio Ema– nueJe a l!'rancosco n, l'ambasceria da questi spedita dopo la presa di Palermo per conchiudere ]'alleanza, ambasceria di cui faceva parte il barone Manna, fu tenuta a bada por l}iù giorni fincllè le truppe dj Ga– ribalcli avanzassero; assicurato Pesito della specl.izione, fu stornato l'effetto dell'ambasceria, opponendo con– troproposte inaccettabili. . .. Non mi sembra giusto del pari cli giucUcare delle attitudini e delle tendenze politiche d'uno Stato, ri– facendosi agli avvenimsnti cli 50 o di 40 anni prima, senza tener conto delle fasi diverse del suo sviluppo e delle sue condizioni attuali. Certo, in alcuno i11elinazioni dei partiti al Governo, e di quei partiti che dominarono piì:L a lungo in ltal ia, Ja. democrazia 11011 ha trovato che osta.col i 1 inesorabili resistenze, irreconciliabili avversioni. Chi potrà dimenticare nel Governo nazionale il periodo storico decorso dal 1867 al 1876, chi la reazione trionfante da.pprima col trasformismo il}0crib, di De– J)retis, dappoi con quello ,•iolento di Crispi, due volte imperante? Chi non a,,verte l'accanimento con cui i partiti popolari sono combattuti noi Governo locale, gettando contro di loro quelle accuse di im– rnornlitì1, che in ogni tempo furono Jo :irmi pit1 effi– caci nelle agifate correnti della puhhlica opinione? No11di111e110, nè queste piccolo lnittaglie muufoipali che sono tanta parte della. vita politica della moderna rtr.lh1, nè i due trasform~smi, nè l'inscnsata.cli1nostra– strHzione guerresca ciel PelJoux valgono ad escludere 1a possibiliti\ nella monMchia naiionale di attnnre un progrnmmademocratico o a far dimentic3re quali passi furono fatti in Jt.alia, cosciente e partecipe la monarchia, anche in senso democratico. Dato jl concetto plebiscitario e costituzionale della i10stn.1.m01uu·chia, non comprendo porchè vorremo negare ad essa di coni:.egnire quanto pur si ottenne drclln.democrazia. nell'[ng-hilterra e nel llelgio! Non comprendo pe1·chè vorremo ritenere eterna la re?..– zione in casa nostra e dimenticare poi <1uanti Justri ossi:c,abbia perdurato e perduri nel negno Unito e neJJa piccola monarchia fiamminga! D 1 altro canto, so nrrestiamo il nostro sguardo al nuovo Stato, f'ho si muornrn. in mezzo a milio difficoltìt d'ordine storico e di struttura. sociale, 110n dobbi:rn10 trascurnrc quanto è stato fa,tto negli ultimi 40 anni. Prima in Gui-opa, e non per vana mostra, hi mo- 1Hu·chh1. italiana ha dato in successive annessioni nl voto popolare l'autorità. cli un consenso alla forma– zione dello Stato. Rimase fida per pili lustri fl.l Go– verno di Gabinetto, nè al sistema costituzionale s'ar– rese piì.1 di qua.nto fosse consentito chi assemblee dimentiche del loro ufficio e troncò la.pesante compli– cità tostochè il voto popolare yi si mostrò contrario. Accondiscese a una farga estensione di snffra1.:do e nel Governo nazionale e nel Jocale: a questa clelJ– bono i partiti popolari Ja possibilitit di rappresentare le J)l'Oprio ideo od auche di metterle qu~i e Jà. in ese– cu:dono. Difese col gabinet.to Cairoli-7.anardelli i pri11- cipii della piì:l schietta. democrazia, 11è si dorette cel'to a mene cli principe o di Corte se (]uell'inclirizzo tro,·ò nella Camera così scarsa fortuna. Con So,·smit-Doda e con )[a~lbrni, abolendo l'imposta sull~ niaci1rnzione dei cereali e tontanclo la trasformazione d'rcltre accise, mirò ad un nuovo andamento fiscale, nò fu colpa. dello Stato e dell'indole sua se quello ed altri ten– tativi non riuscirono. .Cnverihì, in questo reciproche querele - del resto non nuove - noi climent.ichiamo due r.iHcssioni, a. mio modo di vedere, assai opportune. Noi crediamo che il processo di fusione della moderna Italia sia un fatto compiuto. E pur troppo non lo è, nè po– trebbe esserlo, tante sono lo differenze fra pro,•incia e provincia. (uè intendo accennare soltanto aJPinfelice e inopportuno dibattito fra H Nord e il Sud), che un passato ignominioso, troppe volte dimenticato, ci ha tramandate! Nò basta. Noi democratici (e fra i democratici comprendo anche i socialisti, mentre il socialismo non è che una forma cli democrazia) non vogliamo ricordare quanto profondi e numerosi siano i germi di reazione in Italia. La struttura della so– cietà, Je sue abitudini morali, i pregiudizi cli cui sono imbevute Je classi dirigenti, la soggezione di gran parte della J)OJ)olazione a influenze secolari, Ja. stessa ignoranza indisciplinata delle moltitudini de– terminano, ad ogni accenno di riforme, una rirnlu– :donc d'interessi, a vincere i quali ogni diversa forma di Governo sarebbe ugualmente impotente. Ciò che importa si è elle gli uomini fonamorati della. demo– cra:t.ia e con essa dogli interessi cleJla gran patria comune tengano fede Alla sosb1nza della rjforme e non si apJ)assionino in questioni affatto secondario, Je quali ritarderebbero qualsiasi piì1 modesta appli– cazione cli quelle. NelPora attuale lo spingere la monarchia. su questa via è opera utile e ad essa e al paese, non altrimenti di quanto avven.iva quando Garibaldi e Mazzini lo da.vano la mossa per compiere l'unità italiana.

RkJQdWJsaXNoZXIy