Critica Sociale - Anno X - n. 17 - 1 settembre 1900

270 CRITICA SOCIALE clibile sigaro, non si ra altro che riconoscere che i con– trasti sociali trovano la loro vera. es1lrCS$ione nel con– sumo; che la sostanza clel dibattito non è di lavoro e di soprnlavoro, ma di prodotti e di sovraJlrodotti. l,n, difficoltà che JJromno molti marxisti - e ri:a gli altri, se non erro, J"auròs - a distinguere la causa ciel profitto (sopralaYoro), dall'essenza. del JJrofltto in sò stesso (sonaprodotto), ò una nuova eom;eguenza della confusione tra analisi della J>roduzione e analisi del valore. Abituati a considerare il meccanismo produttore at– traverso ad una teoria, secondo cui Il valore ò dato dal lavoro, essi finiscono 1>erstabilire una identità fra 1u-o– clotto e lavoro, e peL· ))erdere di vista, nel la. concezione sul>Jinrn.tadi un la,,oro astratto, In 1·ealtà concreta dei prodotti. In Jaurès la cosa ò ovidentissimn. Contro di me egli dice sempre: " li profitto non può c1er-ivare dal nulla"; " Il ))rofttto non può evidentemente derivare se non da un tanto di lavoro non ))agato "; " Il profitto caJ>italistico risulta ... da una parte del la,·oro operaio non ))agato 'l' Dio mio! Perchò ripetere queste cose ad un co1winto? Io non ho mai pensato di negare che iI 11rotltto derh•i, risulti 1 ecc. 1 dal soprahworo. Jo ho sem- 11liccmente detto che il 11rofitto- se tro,·a la sua causa in un sopral:woro - consiRte in sè stesso in un i•10,·ra– l)rOdotto. Provi Jaurès a soRtituiro alla espressione: "il profitto lleriva. dal sopra.lavoro n, l'esJ)ressione: " il pro– fitto è il sopra\avoro "; e com1irenderlt tosto, dinanzi all'assurdo in cui sì vedrà. caduto, la modesta verità. del mio assunto. ... Dice Jauròs: ma questa distinzione fra soprahworo e sovraprodotto non è in fondo che " una ,,era infantilità teorica 11• Mi 1>ermetto osseryare che l:Lsua affermazione prova for:,c come egli non abbia un criterio esatto della im- 11ortanza capita.lo che le questioni tecniche - e quindi anche le parole in cui si rinssumono - presenhwo in u11n.scienza come la. nostra. l)er dimostrare a quali opposte conseguenze si J>ossn. giungere, parteudo da. una. ,•ariazione relativamente tenue di un criterio tecnico - nel nostro caso, del cri– terio tecnico ciel 1irofttto - mi sen•irò di un solo e– sempio. Consistendo il profitto, secondo Marx, nel sopralavoro, il capitale salari (costante) viene a rappresentare l'unica forma di ca1Jitale che sia 1>roduttiva di un sopra.lavoro, e che dia quindi luogo l\d un profitto. 11capita.le tecnico (cosbrnte) - il capitale, cioò, impiegato in macchino - essendo investito in una cosa inanimata cui, ap))unto perchò tale, non si può imporre un sopra.lavoro - non dà profitto alcuno. Questa necessaria illazione della rap– ))resentazione del protttto nel sopralavoro ha gettato il :Marx in una rete inestricabile di contraddizioni 1 a. pro– JJOsltodel 11roblema da lui affrontato nel suo ter1.0 ,,c. lume, e di cui ho ratto cenno pilt sopra. ~fa non ò degli effetti esercitati dalla. teoria marx.ista del profitto sulla teoria del valore-lavoro c!ie debbo qui occuparmi. A me 1>reme dimostrare scmJ)licemente che la concezione ciel profitto come soprala\'Oro IH~condotto il i\farx ai 11ill deJJlore,,oli errori circa il meccanismo stesso del la produzione. Una volta che il ca))itale tecuico, non essendo passi– bile di un sopralavoro, no11dà dal seno della. produ– zione un profitto, come si spiega che i capitalisti con– vertano in esso una 1>arte sempre maggiore del loro ,: npita.le- salari ? Se rosse vero che le macchine non creassero un profitto (cioè, dei prodotti-profitti), i capi– talisti ancbbero dovuto accorgersi ben JJresto del peri– colo che sovrastava loro dn uu istrumento minacciante alla base il loro privilegio economico, e avrebbero ces– sato d'introdurle. 1\'ò va.le obbiettare ch 1 essi potrebbero venir trn.scinati, loro malg1·iu10,ad fLJ)Jllicarlein se1npre maggiori 1)ro1>orzioni,1LcausiL delhL forza cieca della concorrenza. e del conseguente bisogno di vincersi reci– procamente col riba~so continuo dei prezz.i. l ca.pitalistì, che tante \'Olte hanno mostrato di saper disciplinare i loro individuali intereilsi antngonistici in vista. di un JlÌlt alto interesse comune, a nrnggior ragione saprebbero inten– dersi per evitare la massima. delle sciagure; per arre– stare, cioè, un processo che tenderebbe a falcidiare il loro profltto dalle radici. Ammettere che nell'economia. capitalista odierna, la cui ca.ratteristica. fondamentale è, nel campo' della produzione, l'applicazione sem))ro piì1 intensa delle macchine, il capitale in esse i1westito si trovi in contraddizione cogli interessi JJÌli urgenti ed immediati dei capitalisti: è questo un assurdo che trova, la sua confutazione piì1decisa. nella sua stessa enormità. Nò basta. 'J'utti gli economisti concordano nel rilevare i grandi vantaggi tecnici dello macchine. Il llarx, nella sua meravigliosa flsiologfa dell'industria moderna 1 h,~ portato uno dei pili notevoli contributi all'analisi della eccellemm 11rodutth·a delle macchine. Per il :Marx anzi esso ra.p1wesentano il mezzo più efficace c on cu i au111e11- tarn indirettamente il JJrolitto, in quanto, applica.te fll ricavo dei J)rodotti-salario, riducono il htvoro necessario, ed aumentano, in corrispondenza, il SOJJrnlavororelativo. Ora, se il salario si risolve nei prodotti consumati dal– l'operaio, il profitto è costituito, alla. sua. \'Olta., dai pro– dotti che consumano i capitalisti. Come mai le macchine, le quali si applicano appunto perchè accrescano la pro– duzione, non dovrebbero aumentare direttamente anche i proelotti-JJrofltti ? Se esse fossero usato nel ricavo dei soli prodotti-safario, la cosa si comprenderebbe. i1a. una. \'Oita che - nessuno JJC1H11i a negarlo - esso si estendono a tutti i rami, e ])Crciò nnche a quelli in cui si ricavano i prodottì-profltto, devono aumentare tanto la quantità dei 11rodotti--salario 1 quanto quella dei prodotti-JJrofltto. Jnsomnrn.: o le mMchine sono reni– mento un mezzo - anzi il J)iÙ poderoso - J)er ottenere il mat-l<limo prodotto col minimo costo, e allora esse de– vono accrescere, se univer:,a\mentc applicate, anche i 1>rodotti-11rofitto; oppure non a.ccrcscono <tuesti ultimi, e allora. sono erronei i criteri tecnici che si sono for– mati cli esse i ttsici, i meccanici, o - Marx compreso - gli economisti. Qunndo si riconosca. invece che il profitto consisto, in sò stesso, in un sovraprodotto, ò facile ovviare a. queste obbiezioni, e far concordare pienamente gli effetti eco– nomico-sociaLi delle macchine colle loro reali 1>roprietà tecniche. :·e è vero che il c:ipital('-•mlari rende un profitto perchò dà. un soYraproclotto, un'eccedenza di prodotti sul consumo dei lavoratori; non è dirtici le riconoscere che fra un operaio ed una macchint\, non esh,te, riguardo alla. c1uestioue che ci ìntero:-sa, uua. differenza sostaniiale. Come il lavoratore rapJ)l'C!lenta un organismo clie, per la sua costituzione, Jrnò produrre pii1 di quello che con– suma; cosl la macchina ò un istrumento che dà vita. ad una quantità. di prodotti molto maggiore di quella che ò necessaria alla. sua creazione ed al suo mantenimento. E come, dato un ordiname11to <'l\llitalbtico della società, l:L potenza ftsiologica, che ha il hworntore di produrre pili di quello che consuma, JJrendc corpo nel fatto sociale

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