Critica Sociale - Anno V - n. 18 - 16 settembre 1895

CRITICA SOCIALR 279 Se togliamo di mezzo la proprietà pri<ata, ca– dono tutte queste innaturali di,•isioni. Cade la dir– rerenza tra profitto ed interesse; il capitale sen1.:1 la,•oro, senza movimento. non è nulla. Il profitto riduce il suo signincnto al peso che il capitale mette in bilancia nel determinare le spese di produzione, e così rimane inerente al capitale, come quest'ul– timo ritorna alla sua originaria identità col lavoro. Il laooro, l'elemento essenziale della produzione, la e fonte della ricchezza,, la libera attività umana, è dagli economisti ridotto a ben cattivo partito. Come già dal lavoro fu separato il capitale, ora si s1>ozza un'altra volta il lavoro; il pl'odottodel lavoro gli sta di fronte come mo1•cede, separata da esso, o che di nuovo, al solito, viene dete1•minala dalla concorrenza, dacché, come vedemmo, non esiste alcuna misura fissa della parte che il lavoro prende nella produzione. Togliamo ,•ia la proprietà. privata, ed ecco cadere anche questa innaturale divisione; il lavoro è mercede a se stesso e si appalesa cos:i il ,·e1-osignif1cato del compenso del la,·oro che fu alienato: ciOO il significato del lavoro per la deter– minazione delle speso di produzione di una cosa. . .. Vedemmo che tutto, in fine, si riconduce alla concorrenza, llnchè la proprietà privata sussiste. I..a concorrenza è la categoria principe dell"econo– mista, la sua figliuola prediletta che egli incessan– temente blandisce e vezzeggia. Attenti ora allo sve– larsi del suo volto di Medusa! La prima conseguenza della proprietà privala fu la scissione della produzione in due termini opposti, il naturale o l'umano; la terra, che senza l'opera fertilizzati-ice dell'uomo ò sterile e moria, e l'atti– vità. umana, la cui prima condizione è appunto la terra. Vedemmo poi corno l'altivit...\ umana fosso di nuovo risolta in lavoro e capitale, e come questi due termini si guardassero in cagnesco. Cosi, invece del reciproco ausilio di questi tre elementi, ayemmo la lotta scatenata fra 101-0; ora vi si aggiunge che la proprielà privala porta scco lo sbriciolamento di ciascuno di essi. Un ronda sta di fronte all'altro rondo, un capitale all'allro capitale, una forza di lavoro all'altra forza di laroro. In altre parole: la proprietà privata isolando ciascuno nella sua sel– vaggia solitudine, e ciascuno tuttavia avendo il medesimo interesse del suo vicino, ecco che un proprietario rondiario di\'enta il nemico dell'altro proprietario fondiario, un capitalista dell'alh'o ca– pilalisla, un lavoratore dell'altro lavoratore. Questa ostililà degli interessi uguali, in virtù appunto della loro uguaglianza, compie l'immoralità del presente stato sociale: e questo compimento è la concorrenza. . .. L'opposio delta concon·enza ò il monopolio. li monopolio fu il grido di guerra dei mercantilisti, la concorrenza quello degli economisti liberali. Anche di questa pretesa antitesi non è difficile vedere il vuoto. Ogni concorrente. sia poi lavora– tore, capitalista o proprietario del suolo, de,·e desiderare di avere il monopolio. Ogni pili minu– scolo gruppo di concorrenti dove desiderare di ave1•e il monopolio per sò di fronte a tutti gli altri. La concorrenza riposa sull'interesse e rin– teresse torna a generare il monopolio; in bre"e: la concorrenza si risolve nel monopolio. D"altro canto il monopolio non può trattenere il torrente della concorrenza. anzi genera nuova concorrenza a sua volta: cosi, ad esempio, un divieto d"impor– lazione o un dazio elevato generano immediata. mente la concorrenza dei contrabbandieri. - Nella concorrenza si 1'iaffaccia la stessa contraddiziono che nella pl'opriet.\ privata. Cincuno ha interesse a possedere ogni cosa, In collettività ha invece interesse che ciascuno J)OS.'3ogga quanto ciascun altro. Ecco l'interesso individualo in diametrale opposizione co11"interosse generale. La contraddi– zione della concorren1,a sta duuque nel fatto che ciascuno dere desiderare il monopolio, mentre la collettività come tale ne va io rovina e quindi doro combatterlo. Oi pili: la stessa concorrenza presuppone il monopolio, e pl'ecisameote il mono– polio della proprietà - è qui che di nuo, 1 0 si rivela in piena luce la ipocrisia dei liberaH - e fin tanto che esiste il monopolio della proprietà, anche la proprietà del monopolio è giustificata; poichè il monopolio stesso, una volta dato, è una proprietà. Or dunque, quaje miserabile sciocchezza non è mai questa, di assalire i piccoli monopolii mentre si la.scia intatto il monopolio fondamentale! E S('t dopo tulto ciò, richiamiamo la già menzionata proposizione degli economisti, che solt...·mtoha va• loro ciò che può venire monopoliuato, e che perciò nulla, che si sottragga al monopolio, può entrare nella lotta della concol'renza; ecco piena men te dimostrata la nostra tesi, cho la concorrenza pro ... suppone il monopolio. . .. La legge della concorren,.a è che la domanda e l'offerta si rincorrono continuamente, e perciò appunto non si raggiungono mai. Questi due ter– mini sono continuamente divelti l'uno all"altro e posti in violento antagonismo. L"offerta rasenta sempre la domanda, ma non lo riesce mai di so– vrapporvisi esattamente: o è troppo grande o è troppo piccola, non c'ò caso che vi corrisponda, perché, in questa incoscienza dell"umauilà, nessuno conosce quanta sia l'una e quanta sia J"altra. Se la domanda supera l"offerta li prezzo aumenta, onde tosto uno stimolo all"offerta; non appena questa invade il morcato i prezzi calano, e quando essa dh'enta maggiore della domanda lo scendere dei prezzi si fa cosi precipitoso che la domanda ne è di nuovo sovreccitata. E cosl sonza posa: giammai una condizione di coso nsiologica, sempre un'alterna vicenda di irritazione e di ri111ssamento,che im– pedisce ogni pt-ogresso; un oscillare continuo che mai non si arresta al giusto segno.

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