Critica Sociale - Anno V - n. 14 - 16 luglio 1895

CRITICA SOCIALE 213 dottrina il non potere porre subito in opera la prima parie. Essa certamente, riescendo assai male, trarrebbe in rovina l'intero partilo, al quale invece la. seconda parte prepara ed assicura la vittoria. In Italia come in Francia i socialisti con molto acume muovono all'assalto della società borghese mostrando il marcio elle vi si tollera, disvelando le piaghe che incancreniscono senza cho lo. borghesia mostri di avere alcun modo per tentarne almeno la cu!'a. In ciò i so– cialisti sono nel vero, e quando discorrono del Panama o delle ferrovie del Sud in Francia, della Banca Ro• mana e delle gesta dei nostri polilicanti in Italia, me· nano così fieri colpi di scure che tutta trema la tarlata querce dello Stato borghese. Credere che sia valida tliresa. il porre in carcere qualche capo socialista, è lo.lo stoltezza che non ha pari. Il De Felice, il llarbatC1, il Bosco sono più temibili in carcero che fuori. Al Salsi la condanna al domicilio coatto ha assicurata l'elezione. I capi socialisti sono gente onesta e per bene. Gente cho può errare, ma che è di buona fede,· o che soffre per ciò che crede il bono dei più Como volete che il popolo non scorga la differenza. tra. queste persone e quello che ci governano? Tutti i cleplomli meno uno sono tornati alla Camera. Uno è vicepresidente della Ca.mera, un altro presidente del Consiglio dei ministri. Giornale ufficioso del governo è il Popolo Romano. Dove, in tutta Europa si trova un paese governato in quel modo1 Dove c'ò un paese ove le imposte sieno gravoso come in Italia 1 Dove si fa. strazio del pubblico denaro come da noi1 Potete credere sul serio che ciò seguiterà indefinitamente, cho mai non verrà il dies frae? Chi sogna in quel modo non ha mai letto la storia, od ignora sino i primi elementi della scienza sociale. Certo tutto ciò avviene in Italia, assai più che in F1•ancia, infinitamente più che in altri paesi. l\fa perché avviene'? pe1· quali speciali influenze di am– biente'? Ecco il problema che dovrebbe imporsi all'economista positivo, che rifiuta. il libe1•0arbitrio alla storia, e negli uomini, che agiscono sulle sue ribalte, non sa vedere dei demiurghi che muovano essi le cose, ma degli effetti necessari di condizioni obiettive generali. I.'imagine dei nibbii e degli avoltoi, che lottano per la vita nel libero cielo o sulle rupi inaccesse dei monti, sembra a noi assai meno propria e - se di un imagine può dirsi - assai meno scientifica, a raffigurare lo stato presente della nostra politica, che non quella, da noi adottala, elci saprofiti, esseri che nascono dalla putrefazione di un organismo e la aiutano a svolgersi. Nor. Colonizzazione cooperativa inAfrica Sulla questione suscitata da Artul'o Labriola nel numero scorso, Massimo Samoggia, che ha compe– tenza tecnica in materia, ci scrive lo seguenti linee: Che « il ritorno dall'Africa sarebbe un errore peg– giore dell'esserci anda.li », Arturo Labriola afferma, ma non dimostra. Per me, l'Eritrea non renderà. mai i mi– lioni che ingoia; non darb., por molli anni, garanzia di possesso tranquillo; e lo « specchietto> della. coloniz- 1,azionoservirà sempre a. illudere gli ingenui e a cuopriro gli interessi privati dei ministri, dei fornitori e della. burocrazia. militare. e Ritrarci Jall'Africa. • sia dunque, come fu, il motto dei socialisti; e che quegli otto o dieci milioni servissero da rugiada all'agricoltura pae • eana. Ma. poichè è certo che da quest'orecchio nè il governo nè quelle buone lane della maggioranza. ci vorranno sentire, che proporremo intanto pel meno peggiot Veri esperimenti collettivisti, non se ne parli, d'ac– cordo! Ma faremo perciò dell'antisocio.lismot Ci baloc– cheremo, come Arturo Labriola vorrebbe, coi « beni di famiglia.>, coi progetti franchettiani, intesi a creare una miriade di nuovi proprietari1 Vecchiumi. Neppure la parola e il consiglio di Fede• rico Engels varranno a ringiovanirli. Invano, a difesa Jella piccola proprietà e della pie• cola coltura, si evoca oggi il ma.landare dello grandi tenute nord•americane ed inglesi, ponendovi a riscontro le sentimentali descrizioni dei poderelti di Sassonio, degli orticelli cinesi, delle stallo dei più famosi alleva• tori inglesi. Questi esempi provano troppe cose per pron:i.r qualche cosa. Intanto è errore considerare la produzione stranian• dola dal mercato e dal consumo mondiale. La. piccola. coltura. assicurerà. il sostentamento, non il profitto. E l'odissea delle ipoteche; i rapidi trapassi, lo sette piaghe insomma della piccola proprietà, sono una canzone, ormai, che corro lo strade Quanto alle grandi tenute americano ed inglesi, con• verrebbe riflettere al Gambling i1i Fa1·m. Produce - contratto a termine, di recente proibito negli Sta.ti Unili - la. cui influenza. rovinosa nulla rispettò, da.Ile granaglie all'argento. Al contrario, depongono per la grande coltura l'espan• dersi irresistibile e il perrezionarsi assiduo delle mac– chino agrarie i l'introduzione della forza èlettrica nei lavori, che vi porta cospicua economia rispetto al ,,a.– poro; e - indice sintetico - la preponderanza che acquista, nella politica dei vari Stati, nel regime in• terno come in quello doganale, !"elemento e latiron– dista > in confronto a quello industriale e dei piccoli proprietari. Le reazioni politiche all'interno (non alludo all'Italia che soffre di concause molteplici), i dazi one– rosissimi, lo barriere all'importazione, i premt di pro– duzione e di esportazione, la questione monetaria, ecc., tutto attesta la prevalente vitalità e il securo divenire della grande coltura. Fra la cm·C:e capitalista anche in Africa o l'idillio de· lusore degli homestead, non v'è dunque uscita.i Non v'è modo ùi conciliare la pecora contrjbuente coi cavoli eritrei, o il nostro idealo di socialisti con l'immaturità. dell'ambiente arricano1 A mo paro che il modo vi sia, e lo offre la coopera• zione. A cooperative di opemi, sussidiate pei p1·imi anni dallo Stato, concedansi i terreni da sf1•uttare in lunga en/Ueusi; così ùa interessarvi il lavoratore e assicu– rarne il benessere, senza inceppare lo svolgimento delle nuove formo collettive economiche che l'evolu– zione riserva. ed imporrà all'avvenire. La proprietà inalienabile del suolo rimanga allo Stato. Il quale aiuti, o magari renda obbligatoria, la fusione delle varie cooperath'e. I beneOci morali della cooperazione non sono più d& dimostrare. Maneanche ò da erodere che, materialmente, l'ambiente agricolo la rifiuti. Sul mercato di Londra - il maggioro del mondo - che tengono il sopravento e regolano i prezzi a loro talento, sono appunto i grandi sindaca.ti, i Consorzi e le Cooperative di produzione d'ogni parto del mondo. Basti dire che tutta la produzione della Nuova ze .. landa, che i due terzi di qu-ella.danese e buona parte della austrialiana. sono in mano <li Cooperative.

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