Critica Sociale - Anno V - n. 11 - 1 giugno 1895

CRITICA SOCIALE 175 pieno d'anima e fremente di giovinezza, ci fu uno di quegli entusiasmi pubblici, che S\'enturatamento non son sempre dovuti a rifiorire di studi o arl assentire di coscienze, ma al bisogno di credere al mjracolo. Poeti e poetini nei giornali letterari dedicarono inni a Ada Negri. L'entusiasmo si attaccò ai corpi accade– mici, e la pensione di Giannina Milli fu decretala alla giovino poetessa. All'estero si tradussero le strofe di Fatalità. Tanto chiasso destò le ire dei dormienti, degli invi– diosi e dei bigolli, che cercarono subito di mettere in mala vista l'autrice. Una giovinetta. che scrive poesie sociali: chi è 1 Qualche piazzaiuola, qualche sfrontata. No, un'artista. Fa lo stesso; le artiste sono Corse rispet– tabHi1 È una brava. giovine i vive del suo lavoro, lon– tana dai rumori, con sua madre; è passata dalle scuoio di MoU!I.Visconti a quello di Milano. Motta, il paese di Ca.serio! Corto ha uno zampino anche lei nell'uccisione di Sa.di Carnot. Milano, il cenacolo dei socialisti! Dio sa quello che insegna. È ca.pace di inslill,.re l'ateismo alle allievo. Tanto è sembrato singolare agli uni che una donna abbia ingegno, tanto è sembrato scandaloso agli altri ch·essa lo abbia manifestato al pubblico! Ho qui sul tavolo, davanti a me, Fatalità; non mi pare cresciuto per lo entusiastiche lodi, nè dimihuito por le astiose critiche; è un bel libro, inspirato o giovanile; soltanto, burla di maligna fata, la prefazione porga al lettore la chiave per decifrare quel po' di falso e di romantico che v·è contenuto. Se io fa.cossi un'autopsia poetica di questo volume, dovrei concludere forse, contro la <'-radenzagenerale, che la Negri non è una sviscerata amante dei mi– seri e degli afflitti. Troppe sono le suo aspirazioni al– ratnore, alla gioia, alla ricchezza i troppo è il suo desi– derio di uscire pur che sia da una vita di bisogni e di lacrime, di gettare come Cenerentola la povera gonne!• Una rattoppata per il fastoso strascico regale. Impulsiva, esuberante natura, ella sparge a piene mani sulla volgarità, snll'inconscienza e sull'ignavia. dello plebi le paglie d'oro della sua fantasia; ed ecco, mercè sua, l'ignorante bifolco cantare la redenzione sociale, il sorvile famiglio proclamare i diritti dell'uomo, il domente pellagroso fare le barricate. Il lettore di spirito mi ammonirà che gli artisti sono tutti così, che il loro mondo è sempre un fantastico edificio, e che la mia autopsia non prova nulla di fronte all'unanime commozione, o sia pure al felice inganno, del pubblico. Lo so; non prova nulla, so non forse il desiderio di abbattere le individualità, desiderio ch'ò rimproverato ai mediocri, e che io ammiro come la più utile audacia del pensiero, quando non è creatore. La critica; ecco una forza di cui temono tutti. Pro– terva, ostinata, irriverente, la. critica abbatto oggi l'ul• timo privilegio, quello che i decadenti vorrebbero con• cesso all'ingegno. L'ingegno, del resto, ama la lotta o non la teme. lo non farò a Ada Negri il torto di risparmiarla con la. mia critica. Per lei è leggiera scaramuccia, e per mo è il più onorato impiego della malignità nativa. Dirò dunque alla geniale scrittrice che il suo libro può sinora giovarsi assai meglio della propaganda so– cialista, che non questa delle sue poesie. Io de,·o qui tener conto del signilìcato di un lavoro anzi che della forma. E il significato di Fatalità è scarso e inorga– nico. La forma invece, ora negletta. e impetuosa, ora lieve n B,arc-o e fatua, ora. profonda e commossa, ha sempre pregio d'arte. Alcuni passaggi lirici o descrittivi sono anzi affascinanti. Legga chi non ha lotto, e rilegga chi lo conosce, queste strofe del Fin ch'io viva e più in là: Dallo eose operaie ove si pigia una follo agitala e turbolenta 1 una pleiade grigia che al pan ehe le guadagna la fatica famelica s'avventa; dalle (<1bbrichescure ove sbuffando vanno, mostri d'acciaio, lo motrici, e l'acre aer, filtrando pei pori, il ro;eo sangue intisichito rode alle leisitrìci; dall'umido risiio at~ssicate, dai campi e dalle sterili radure, da le case murate o,·o in nome di Dio s'ìmmolan tante inerti creature, a me giunge, a me giunge il pianto .... Non è ,·isione rapida, agitata, di. vero poetaì Nella sua disadorna efficacia questo passa.ggio val più di certo elaborate concentrazioni liriche del Carducci. Parlo del– l'ultimo Carducci, rudero di una bella torre già piena di canti e di suon d'armi. Il senso della vita. operaia è espresso efUcaeemenle anche in Sulla l.Jreccia, benchè il concetto pessimista che vi serpeggia non sia cosa di popolo: E come corron sulle fosse muto i bambini festanti, vanno lo turbe ignare o rimugghianti sui resti delle vittime cadute. Jt canto deUa zappa è come a dire la marca di fab– brica del volume, la poesia da scegliersi per le future antologie. È la più felice, se non la più bella lirica della Negri, o attesta nelra.ulrice non solo l'ingegno di poe– tessa, ma anche il calore dell'inspirata. e la lucidità. della veggente. L'ultima strofa sembra fatta d'anima piut– tosto che di parole : Fino all'azzurro e!el tutlo un tumulto di rozze voci umane salirà come un inno ed un singulto: cc Pace... la\·oro... pane! 11 Salvele è il canto della lotta per la vita; il solo e la felicità. son premio ai vincitori. Mad1·e operaia com– muove. Hai lavol'ato? riscuote come una. sfida e come una. gara. L'autrice sembra porro premio sè stessa ai forti e ai generosi. Vi sono certi ammiratori entusiasti dolla Negri cho domandano: E così, non esce mai il secondo volume1 Costoro non sanno il diletto di rileggere ciò che piacque e smaniano di mettere in disparte un libro che preten– dono di amare. Fors'anche, nel concetto comune, le poesie si fanno come i cialdoni. Sia per la fertilita. d'imaginativa, sia per cedere all'im• pazienza dogli ammiratori, la Negri Ila allestito un se– condo volume dì versi. Qualunque sia la. bellezza delle nuove liriche, non erodo che possano avere il successo delle prime. S'è forse veduta una madonna a rifare il miracolo che le è valso l'erezione dol santuario1 Il povero idolo s·a.ffanna a guarire ciechi, zoppi e para– litici; il suo tabernacolo si tappezza di cuori, di gruccie e di scapolari; ma. tutti parlano sempre della sua prima celeste apparizione.

RkJQdWJsaXNoZXIy