Acpol notizie - Anno II - n. 4 - Febbraio 1970

5. DIREZIONE POLITICA E SPONTANEITA' ..- Ouello che le lotte del '68-'69 ci hanno presentato non è il trionfo del "movimento" (sebbene anche questo), ma un più complesso intreccio fra compiti di direzione politica, che in nessunmodo si potrebbero pensare superati, e il loro rapporto con una autonomia di classe, che si deve riconoscere crescente. Senza tener conto di questi due elementi, e della loro reciproca influenza, corriamo il rischio di andare o ad una burocratica ripetizione di schemi o ad una illusoria esaltazione della spontaneità creatrice delle masse. Ma rifiutarsi di cedere all'esaltazione del movimento, non significa non vedere che esso esiste ed esprime i suoi contenuti anche indipendentemente o talvolta in contrapposizione alle organizzazioni. 11problema è esattamente quello d'individuare i contenuti delle lotte, le linee di tendenza espresse dalla battaglia d'autunno, o d'inserire gli uni e le altre dentro un quadro strategico di lunga durata ma capace di funzionare fin d'ora , nella rispondenza degli obiettivi proposti alle esigenze reali delle grandi masse in lotta. Non una liquidazione del leninismo, potremmo dire, ma un suo rinnovamento. Oppure, con una diversa accentuazione;. rilancio del leninismo, purchèrinnovato. 6. PARTITO E SINDACATO~ Le lotte d'autunno hanno riproposto con estrema forma il problema dei rapporti fra partito e sindacato. 11sindacato è andato molto avanti, i partiti sono restati assai più indietro. 11 sindacato è andato avanti essenzialmente perchè ha raccolto e gestito una spinta operaia reale, sebbene poi ~i quèsta sia riuscito a far funzionare soltanto la faccia che è destinata a restare'è a muoversi dentro lo sviluppo. Ma questo è bastato per rilanciare immediatamente un discorso sulla strategi'a e sull'organizzazione da. cui tutti sono rimasti coinvolti. In questo senso è vero che non si può distinguere neanche nell'azione sindacale un confine preciso tra politico ed economico, - anche se risulta altrettanto vero (le lotte di autunno lo confermano) che il sindacato per la sua stessa soprawivenza e vitalità a livello di massa deve restare rigorosamente dentro i confini dell'isti!uzionale. 'E' certo comunque che i processi di unità e autonomia sindacale hanno pesato positivamente suIla vita interna e politica dei partiti. Oggi però la situazione tende a rovesciarsi. Se la situazione dei partiti non si muove, anche la crescita sindacale resta bloccata, ·e ciò. non solo per la ragione più appariscente che i partiti continuano fortemente a pesare · sulla vita irfterna dei sindacati, ma soprattutto perchè un processo di ristrutturazione.audace come quello · dell'unità e dell'autonomia sindacale non si dà all'interno di un quadro politico carente com~ quello attuale della sinistra italiana. Anche per questa strada il discorso ritorna alla linea e alla struttura dei partiti. B b Appare infG~ti chia o che oggi o tutto fa· nel suo 1 10eca I o Ianco insieme un passoavanti o tutto ritorna indietro, - il sindacato con il partito, il movimento e l'autorganizzazione operaia con il partito e il sindacato. 7. PARTITO E MOVIMENTI DI MASSA. Partiti e movimenti di massa, - questo rapporto è uno di quei problemi che stanno a monte di ogni ridefinizione del legame organico tra lotte e strategia, tra spinte di massa e organizzazione politica. Constatiamo che questo rapporto è stato visto spesso dai partiti di sinistra ·come un puro compito di mediazione da svolgere tra le esigenze delle mas·sein lotta e le forze politiche, - con un'aggravante costituita dalla fre:. quente prevaricazione della logica interna alle forze politiche sulla logica dei movimenti di massa. Alcune intelligenti aperture sulla problematica nuova imposta, ad es., dal movimento studentesco (articoli di Longo dell'inizio del '68,CC del PSIUP sulla scuola), sono restate isolate e comunque non sono pervenute a funzionare praticamente. In realtà il problema che qui si pone è assai-vasto, perchè riguarda il rapporto utile e possibile tra le forze organizzate della classe operaia e un campo sociale in rapida e tumultuosa trasformazione, nel quale la -caduta tendenziale di vecchi ceti e di vecchie alleanze mette in opera la possibilità di uno schieramento antagonistico anche più ricco ed a~ticolato di quello passato. Una novità fondamen'tale di questa situazione può essere questa: i _ceti e strati sociali tendenzialmente antagonistici, che oggi si dimostrano disponibili ad una lotta prolungata se non strategica al sistema, non rappresentano come altre volte quelle forze. economiche e sociali del passato, che il capitalismo tende nel suo sviluppo a cancellare e che perciò vengono provocate a formare sacche di resistenza anche importanti ma senza avvenire, bensì nascono essi stessi come prodotti originali dello sviluppo capitalistico e intrattengono · perciò con questo un rapporto assai complesso di partecipazione e insieme di contrapposizione. Un rapporto organico con le forze organizzate della classe operaia può dunque porsi soltanto se vengono soddisfatte due condizioni, e cioè: 1) se le forze organizzate della classe operaia intendono che il discorso antagonistico di quest_eforze sociali nuove è un discorso tanto più globale quanto più il loro rapporto con il sistema -si svolge ai massimi·livelli della razionalizzaiione tecnologica o istituzionale e può quindi essere ridòtto assai più difficilmente dentro i confini della pura agitazione rivendicativa o contrattuale; 2) se le forze orga- . nizzate della classe operaia (sindacati e partiti ) riescono a garantire a queste forze sociali nuove un rapporto con la classe operaia éhe sia a livello dei contenuti più a1ti da questa espressi nel corso delle lotte. Ogni tentativo di far rifluire questi movimenti di massa (v. il movimento studentesco) al livello medio nazionale del lo scontro di classe·(per usare una 19

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