Acpol notizie - Anno II - n. 4 - Febbraio 1970

decennale che gli operai dei paesi capitalistici avanzati scelgono di condurre esattamente sul terreno dello sviluppo, per utilizzare ai propri fini il meccanismo dell'accumulazione e ricomporsi e crescere a spese della ricchezza generaleda essi stessi prodotta. Da una parte, dunque, la contestazione del comando capitalista in fabbrica e la messain crisi della logica "oggettiva" della produzione si sono spinte in numerosi casi oltre i margini di sopportabilità concessi al sistema (lotte sul cottimo alla Pirelli, sull'orario e sui ritmi alla Fiat, ecc.); dall'altra, l'individuazione massiccia del profitto come punto nevralgico del capitale, su cui innestare la lotta e mettere fuori sesto gli equilibri del sistema, ha costituito una ragione ulteriore di unità interna e di espansioneesterna della classe.Dai settori trainanti a quelli meno avanzati, dai settori operai a qÙelli tecnici, impiegatizi, bracciantili e contadini, la richiesta di "più soldi", magari nella forma estremamente significativa dell'aumento salariale uguale per tutti, spinge ad una coscienza non elitariama di massa del reale rapporto di classe esistente in una società di capitalismo maturo e fornisce la basemateriale per un discorso· strategico che non voglia esserepura strategia. Un'avvertenza: di questo discorso esistono altre due versioni, una d'impronta estremistica, l'altra strettamente sindacale. La prima propone l'ingenua illusione che la rivoluzione consista nel tentare di forzare quantitativamente la lotta operaia sul salario e contro il lavoro, - quasi che bastasse chiedere più soldi o rifiutare tout court il lavoro per rnettere in crisi il. sistema. L'altra s·i accontenta di usare questa lotta dentro il meccanismo di sviluppo del sistema e fa oggettivamente della lotta contro il lavoro il gradino necessario per il salto tecnologico e della lotta sul salario un incentivo per la crescita della produttività. L'indicazione che proviene dal modo operaio di porre al centro delle sue lotte il salario e il lavoro sembra diversa. I problemi del salario e del lavoro sono così importanti perchè ad ·essi è riconducibile quanto pertiene alla classe operaia in quanto· classe nel suo rapporto I con uno sviluppo capital-istico avanzato. Essa sceglie perciò come campo del la lotta esattamente ciò che la caratterizza e sempre più è destinata a caratterizzarla come classe.Proprio perchè si muove in condizioni determinate, essanon rifiuta di articolare la propria lotta in passaggisuccessivi che rappresentino anche un temporaneo rapporto di mediazione nei confron.ti dello sviluppo capitalistico (rifiuto dell'ipçtesi estremistica); ma nel contempo appare oggi estremamente chiaro che ognuno di questi passaggi può essere considerato strategicamente positivo solo se la classe vi rafforza il suo peso complessivo nel rapporto con il capitalismo sia in fabbrica sia nella società. Questo peso complessivo, sebbene cresciuto attraverso lotte in taluni casi meramente contrattuali, non può essere strettamente sindacale ma è_ necessada ente p ljtico. Solo che politico per noi ha un 10eca no 1:S1anco senso solo se corrisponde ad un progetto consapevole, generalizzato, duraturo e praticabile di trasformazione rivoluzionaria della società. Non la lotta sul salario e sul lavoro è in sè politica, - sebbene essatravalichi anche spontaneamente i confini del discorso sindacale, ~ ma è politica. la lotta sul salario e sul lavoro quando sia condotta e gestita in prima persona dell'organizzazione politica operaia, il Partito, e riesca a conquistarsi gli strumenti anche·istituzionali per essere generalizzata e realizzata a livello nazionale (o magari a livello europeo, se si allarga lo sguardo, com'è possibile, ad una dimensione internazionale). 4. PALLA FABBRICA ALLA SOCIETA'. Posti in tal modo i problemi della lotta in fabbrica, ne consegue immediatamente un'espansione della lotta verso la società. Anche a.livello soggettivo, sebbene ancora in forme disuguali e disomogenee, è presente tra gli operai la consapevolezza crescente del rapporto tra I' organizzazione capitalistica della produzione e l'organizzazione capitalistica della società. Forse per la prima volta si danno le condizioni oggettive e soggettive per fare della lotta operaia una lotta immediatamente sociale e della lotta su taluni punti del meccanismo sociale del sistema una lotta immediatamente operaia. Gli esempi sono quelli ben noti: poli~ica fiscale, prezzi, casa, servizi. Ma c'è di nuovo che gli operai cominciano a vederli come immediata proiezione di tutta una serie di problemi che hanno dovuto affrontare e in parte sono riusciti a risolvere nella loro lotta in fabbrica: sia, anco_rauna volta, sotto forma di battaglia sul salario (difesa del potere d'acquisto, adeguamento anche offensivo della dinamica dei prezzi a quella dei salari e non viceversa), sia ·sotto forma di battaglia sulle condizioni di lavoro (i servizi, i trasporti, come parte integrante della prestazione d'opera, e così via). Un campo immenso di sperimen- · tazioni si apre a questo nuovo tipo di . rapporto' (rapporto non semplicemente teorico o sociologico ma di -lotta) tra la fabbrica e la società; dalla messain discussione del tessuto urbanistico e territoriaJe sulla base di precise-esigenzealla possibilità inedita d'investire le grandi masse dei problemi riguardanti la politica finanziaria e creditizia dei grandi gruppi e del governo. Si dà oggi la possibilità, insomma, di rompere il tradizionale accerchiamento della fabbrica e di farla uscire dalla sua condizione di ghetto operaio per trasformarla in centro privilegiato di promozione della spinta politica generale e sociale. Ma perchè questo si verifichi sono necessari atti di volontà soggettiva ben precisi çla parte delle forze organizzate del movimento. In caso contrario proprio la forma espressa in questa direzione potrebbe provocare un riflusso altrettanto accentuato e recuperare la lotta in fabbrica come ultima carta della resistenza operaia di contro ad una lotta sociale sfilacciata e inerte. l <

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