Giuseppe Ignazio Montanari - Della vita e degli scritti di Antonio Laghi faentino

18 poi le cose 11rolanc, che giovane aveya con modes tia c castità grande trattate, chiamò le muse a canto più grave, c lìnchè visse altre non ne soflrì. l salmi, che quantuntlue si chiamino davidici pure non sono del solo Davidde, e cui egli per debito ogni giorno leggeva, gli aveano da grau tempo percosso l'animo e lo tenevano in desiderio di por~i ad impresa maggiore. Allettato da quella nobi lissima maniera di poesia, e da quella sapienza onde è ri schiarata , nou 1 0leva abbastanza ammirare quegli aUl'ei ammaestramenti di verace pietà. , che i vi ridondano: c diceva uou potet•si !!dire o cantare più dolci versi , nè es - servi mig liore scorta di quelli a vivere una vita beala e sicura. Diresti cs3ere avvenuto per consiglio di provvidenza eterna, che quelle verità fossero dipi nte dci più vivi colori dell'el oquenza e ripiene delle più care dol cezze del dire , onde i lcggitori, presi .u quella soavit3., avessero conforti a beo vivere insic~ me c rimedii. Così all' egro fanciul porgiamo aS1ers i Di soave licor gli orli del vaso : Succhi amari, ingannato, intanto ei beve , E dall' iugauuo suo vita riceve. Tasso C. 1. Ma per tornare a lui dirò, cbe amico coro' egli er:t delle muse lauto alla magn ificenza e a lla grandiosità della poesia ebraica era preso , che più non poteva. E quale vi l1a raccolta di antichi poemi , che possa o venire a confronto, o tener diet ro alla bibl ica , che è la pill antica di tutte? Bt·evi e vibrate sentenze , temperanza di parole, s tile sobrio e modesto , che a quando a quando s i sublima , non però mai gonfia o lussureggia : mòdi veementi , Cervidi , ar-

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