Giuseppe Ignazio Montanari - Della vita e degli scritti di Antonio Laghi faentino

DELLA VITA ~~ jiD E DEGLI SCRitTI DI ANTONIO LAGHI FAENTINO ROMA TIPOGRAFIA BOULZt\LE!\

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3 A SUA ECCELLENZA REVERENDISSIMA MONSIGNOI\ CARLO EMMANUELE DE' CONTI MUZZARELU UDITORE DELLA S. n . nOTA. P erchè so quanto ami l'E. V. Rma di avere not i· zia della vita e degli scritti de' chiari uomini , io le offcro un comcntario intorno ad Antonio Laghi faentino, che fu onore delle lettere nel secolo passato , ed ora è g loria bellissima della nostra Romagna , e anche io appresso il sarà , se non manchi l'amore alle buone arti c ai c ultori loro. Fu già dettato in latino .la Bernardo Montanari uomo dottissimo, e imbevuto dirò quasi di tutta l'eleganza della classica latioità : c fu dato in luce Ì11 Faenza nel 1822. Ma perchè pochissimi esemplari ne furono impressi , c pochi l et - tori si ebbe essendo scrit to io latino, volendo io alcuna cosa toccare per iscrittura della vita del Laghi mi tobi a fare italiana l' opera del sacerdote Montanari , con ciò avvisando cogliere due frutti : l'uno di onorare la memoria del dotto scrittore del comeotario , la quale giace immeritamente negletta :

.. '• l'altro di stendere rnag~:iormente le lodi del Laghi. Ma nel far volgare il comentario latino , non creda alcuno che io mi abbia imposta legge di servile fedeltà : chè io ho voluto farlo cosa mia anzi che no: . c1uindi recarlo in modo, che se all' autore foss e venuto talento di scriverla italiano meglio che lati no, non avesse altrimenti scritto da quello che io ho fat· to. E questo ho voluto dire all'E. V., percltè se alcuno volesse ammirarsi di ciò , e dire che io anzichè libertà ho usata licenza, abhia ella risposta pron· ta da fermare le parole in bocca all' oppositore. Dopo queste cose, non mi resta che pregare l'E. V. Rti1a ad avere come cosa propria il tenuissimo pre· sente che io le fo , e riceverlo come le cose degli amici e degli affezionati servi tori d~gli amic:i e da' cortesi signori si sogliano accettare. Ho già dato mano al comentario dell' U reco, ch' ella mi mandò perchè lo facessi italiano : e infra breve sarà nelle suQ mani , le quali io ora bacio con riverenza. Pesaro 1 t novembre t 834. Uriio dtno obbtno servitore G. I. MolfTA~ARc.

Bello principalmente mi pare non IAsd;ne perire quello coso cui b doyuta l'eteroità.. Egli è dalla natura ordinato e disposto , che coloro i quali o per bontà o per sapien~a o per alcurt altra maniera levarono grido di sè, siano ammirati da tutti gli uomi ni , c que' beni che si dispera no conseguire, in essi siano avuti in riverenza , e così la gloria, che di loro opere ridonda, si studino a tutto potere distendere e rallungare. Quindi fu usanza solenne c cara presso tutte le nazioni ( come osservando nell' antichita si può vedere ) di tramandare alla mcmorii! de' posteri le illustri imprese, o coi dipinti o coi nummi o coi marmi, o con bronzi effigiati o con parlanti iscrizioni. E ques to pare in vero savissi mo c providi :os imo consiglio: imperacchè lasciando che per queste cose la virtù cresce e si adorna , dirò solo, che questi gr•ndi ese:npi comlllovooo gl' ingegni , risvegliano gli animi umani , c li spingono e li accendono ad imitare le op~re lodate di que' benemeriti. Ravvolgendo io per la mente tali cose, ho meco stesso fermalo di scrivere i fatti ed i costumi di Antonio Laghi , c Cl uanto di lui mi parrà degno di ricordanze. E mentre io fo questo pietoso ufficio verso un illulustre cittadino , e ne onoro il sepolcro , entro a speranza , che qualcuna tanto sia preso da amore di gloria, tanto allettalo dagli studi della virtù c delle lettere, che adornalo e fornito di queste, possa un giorno dar mano alla repubblica e partorire a sè stesso chiarissima lode. E volesse Iddio , che altri con piu bello stile, per infiammare maggiormente alla gloria gli animi de' giovani, si facesse a descrivere i meriti di coloro, a' quali ci restringe il santo vincolo della patria , della dignità c dc' vanti gloriosi , de' quali no11 può es~cre cosa a buon cittadino nè più dolce nè più cara! E' vergogna in fatto , che mentre andiamo in

(j traccia delle cose altrui, dispettiamo le no~trc, e le chiare opere de' nostri maggiot·i mostriamo col silen· zio non curare: della quale turpitudine furono a ta· gione incolpati i siracusani , i quali avrebbero ignorato il sepolcro e le ossa del divino Archimede ri - coperte di pruni e di spine, se Cicerone non l'avesse loro appreso. Nè altrimenti avvenne ( mi si permet· ta il dirlo) a grande nostra colpa e vergogna di Evan· gelista TorriceIli , il quale salito a tanta fama, che altri lo volle suo , fu poi fina lmente rivendicato a Faenza. E comunque molti e molti s iano i nostri cit- . tadioi degni di onore e di memoria ; non so11o certamente da passare sotto s ilenzio Antonio Bucci e Giu· seppe Sarti : il primo de' quali non solo fu versatissimo in ogni guisa di filosofia , ma in ogni maniera di lettere, e così scrisse di cose filosofiche , che rattemperando e ammollendo colla eleganza c le ve· neri della latina favella l'asprezza della materia, superò di gran lunga quanti dopo i tempi d'Augusto aveano scritto di cose filosofiche. E questo fecero Platone e Tullio, come pe' loro scritti si mostra , i quali descrivendo la natura e le cagioni delle cose con eleganza e con ogni guisa d'ornamento, anche per que· sto si fecero u Ìt nome immortale. Il Sarti poi ebbe ingegno facile , e nato alle armonie a modo che tu~ta Europa a11mirò lui e le sue opere in musica, il suono e la dolcezza delle quali se da Orfeo e Lino, di cui si narra , che fiere , sassi e foreste a sè traessero, fosse stato udito , penso io se ne sarebbero rallcgrali e avrebbero cercato imitarlo. Ma altri parlerà , come io dissi , di tali cose. \ i sar3. per avventura qualcuno che ricerchi in questo libretto destioato a far onore ad un uomo, che non solo per propria virtù, ma per molte lettere , e molta sincerità e speditezza di latina favella ebbe voce di buono, ricerchi alcun che di quella &ua eloquenza ? Ma discorrendo io la vita

7 di questo chiarissimo , solo mi pos1 m animo di dare un argomento della osser\"anza mia , e del mio buon volere, non di raggiungere le grazie e la dolcezza, che tanto fiorirono le sue scritture : poichè ove l'avesIÌ desiderato, sento bene che io non avrei avuto for - ze da tanto. Dirò dunque, alla meglio che io so, di un elegantissimo scl"ittore : e ciò solo perchè almeno non manchi la memoria di lui , onde tanto si aggiunse alla gloria della citta di Faenza. Antichissima città dell'Emilia è Faenza, gloriosa di belli ingegni , ricca di fertili c~mpagne, c pri· ma d' ogn' alt ra per la salubrità dell'aria e la dolcezza dd clima. In ques ta nacque Antonio, e gli fu padre Filippo Laghi : famiglia, che s cb!Jene non vanti geste e molte immagini di a vi , non è però delle oscure : anzi se la vera no biltà è da virtù, questa fu nobile fino da lla sua radice. Madre poi fu Eufrasia Strocchi di condizione uguale. Avevano conosciuto gli ott imi genitori , che da Ila poppa e dalla · cuna deve incominciare la buona educazione , poichè l'uomo per natura è tenacissimo di quelle cose, che bebbe col latte , e a guisa d'anfora ritiene a lungo quell' odore, che una volta acquistò. Noi diedero adunque a mercenaria nutrice , e a lle vilissime mani di un servo , l'indole dc' <Jual i e i costumi sono per l o più rei, ·onde il fanciullo non prendesse abito da' costoro vizi. l mperocchè la natura sola non basta a far gli uomini buoni, e la mala educazione li degenera. E però vollero essi i genitori suoi che il fanciullo crescesse fra le loro braccia , e nel seno loro : c incominciarono ad informarnc la mente e dargli santissimi esempi , ai quali egli siccome a specchio fidato si veni va componendo. Preponendo poi di gran lunga alle umane cose le divine, si davano ogni cura , ogni pensiero di ammaestrare il figliuolo nella purità della religione, e giudicavano che tanto migliore cit·

8 tadino avrebbero · essi dato alla pntrià , quatllo egli fosse pitì riverente e preso all'amore della religione: conciossiachè le città non hanno migliore difesa nelle mura , che nella religione. Appena parve che ei fosse acconcio alle prime lettere, che il padre stesso senza a llontanarlo di casa si {cee od inscgnarlo : e tanto più diligenza vi usò i n sulle prime , quanto che la doci lita somma , e l'indole buona del lìg.liuol o gli porgevano bellissime speranze. In ogni dove egli vegliava a guardia di lui : nè solo de' costumi , ma delle ri - creazioni , degli scherzi g li calcva, e cercava di ra t· temperar! i colla modestia e coli a innocenza : procurando principalmente , che vane lusinghe e vani allettamenti non venissero a corrompere i suoi primi anni ; chè quella molle educazione, la qn aie in altro non ista, che nel soddisfare alle voglie dci fanc iull i, disfranca ed abbatte corpo ed anima. Nè in appresso avverra di poter l'idurre a bene chi crebbe, c indnrò nel male. Non toccava ancora il decimo anno quando dalla scuola, anzi da lle mani del padre, passò a l patriò seminario , ove la gioventù faentina cresce 11 belle speranze della chiesa , e si is truisce nelle cose di religione , e in ogni altra civile ed onorata dot· trina. Quivi l'ultima pueri zia ' e la prima adolescenza condusse: nè solo vi apprese que' rudimcnl.i , che sotlo della prima età , ma ancora le umane lettere , e gli studi più severi , e tanto , che n'ebbe lode ed onore da' suoi maes tri , che in vero erano cime d'uomini: e diede presagio · di quel che sarebbe poi in appresso. l suoi progressi poi erano sì rapidi , che parea non corresse , ma volasse. Avresti detto averlo allattato l e muse: sebbene egli non ebbe dalla natura soltauto perspicace i ngegno, cd acconcio alle ottime arti, ma ben anche indole di candidissimi costumi, a perfezionare i quali le lettere stesse giovarono . Perl occhè veggendo 'Iucsto giovane a tanta virtù e pietà éresciùto,

9 niuno si ammirerà, che date le spalle a'Leni caduchi di quaggiù riparasse alla chiesa, e con solenni voti si rendesse sacerdote. Cresceva frattanto il nome del Laghi sì che ognuno ne parlava con lode. Antonio Cantoni vescovo, . cittaùino, e padre di Faenza, del quale rimangono fra' noi monumenti eterni di amor patrio e di munificenza, giudice ottimo, c stimatorc delle virtù e degl' ingegni , prima d'ogni altt·o conobbe l'in· gegno c la virtù del Laghi : sicchè cercando egli di un buon segretario , pose a questo ufficio di molto consiglio e prudenza il Laghi senza che ci se lo spettasse; c lo l'olle della sua famiglia. Tanto bella mostrassi n'suoi occbi la virtù di quel giovine ecclesiastico, il qndlc certo non lasciò desiderare nè premura , t•è ingcgnio, ma all' ufficio suo soddisfece con ogni diligcnu, ed in esempio. Entrato alla corte sul fior dcgli anui , guadagnossi tutto l'amore di quel prelato , c quel che è più si tenne fuori d'ogni invidia. Che egli non era fastoso, non avea aria di superbo , ma al sembiante, agli atti, mostrava la modestia dei suoi sinceri costumi. Non offese mai alcuno , c a tutto potere fe del bene a tutti ; sicchè parve, che di lui avesse detto Cicerone quando disse, che l'animo del sapiente dev' esser vuoto da ogni vizio, nè mai levarsi ad oo·goglio, nè mai montare in superbia. Formato dalla natura alla dolcezza delle lettere, non alla noia degli aflàri , non gli pareva già vita quella, che allora viveva: c ravvolgcva nell' animo di dar le spalle alla corte, e rendersi all' antica libertà. Però dopo avere lre anni •crvito diligentemente all' ottimo vescovo , e compiuti quegli studi che a uomo di cbie· sa è vergognoso trasandare , e anche so:;tcnuti sovente c con lode esami secondo il costume , in età di 2!1 anni fu fatto arciprete di S. Martino in Mon· te Fortino , distante dalla città non più che sci mi· glia. Se è da sapiente compiere con ogni diligenza il

10 propr io ufficio, ben potrò dire , che il Laghi al debito suo pienamente soddisfece, t alchè desiderare non · si possa più diligente curatore delle anime. Ed avendos i persuaso che da quegli uomini , i qua li per alcuna a ltezza di stato sovrastauo agli altri , come le virt ù così i vizi facilmente si propngono nel volgo, tanto che non meno col mal esempio che colle male opere oocciono , egli mostrossi spogl io di ogni cupidigia , e vestito d'ogni virtù , onde farsi altrui nor• ma c specchio. Nel pascere poi la greggia affidatag li non fu di lui a leun a l to·o o più po·udente , o più acconcio; e come fosse nato ooo a' propri co· modi, ma a quelli de' suoi popo lani, e c omporre ogni discordia fra loro, e allontanarne i perico li, e riturnare al retto sentiero i traviati , c dar mano a'mi · seri, mostrarsi coi bisognosi co~ì largo d' ngui suecorso da vincco·e coi benefizi il lor deside.·io. Ma nello spiegare la dottrina cristiana , nel sermoneggiare, nrl ricevere le confe!sioni , assistere infermi, gio1·are la l oro salul c , o se già fuoo· di speranza con~olarli, confortarli con sante parole, c con conforti amorevoli , nè dipartirsi da loro mai , rendeva l'immagine più viva del pa~trore evangelici). [n quel acre purissimo adunque dove il monte s'innalza e lorreggia , infa· stidito da i cittadini tumul ti , e dallo strepito dci cortigiani, pareagli avere più largo il respiro. Quel lem . po che avanza vagli dopo le usate preci , e i debi li del santo suo minist~ro , dava tutto allo sludio : e dirò quasi trovandosi piìa vicino al cielo , sì bene adoperava quell'acuto suo ingegno, quella sua prontezza di mente , che parevasi avere lasciato al bas~o tutto che egli aveva di volgare e terreno. A ricrea· re poi l'a nimo dal lungo studio, c dal meditare spo~­ sato, or passc::giava a ciclo scoperto : non increscevangli que' diru11ati luoghi, nè quelle raggirate I'Ìe: or riposavasi sopra verdi zolle, a ll'ombra gratissima

11 tli ramosa. quercia , ed cragli diletto e ristoro non line poter ~;irar iotorno ben da longi cogli occhi. Con questo compensava egli gl'incomodi del suo domici lio : cd ivi contento di poco, solcva dire, che non dal coltivare il corpo, ma dal coltivare l'irigegno si doveva aspettar lode. Quindi l'avresti veduto venire a quando a quando in Faenza , e poi partirsene sopra un mnletlo , cui il peso delle bissacco e tli lui facevano portar pelata la groppa • Così ejlli senza fasto , senta ambizione, viveva a modo de'nostri mag· giori. Parevagli questo sicuro e riposato ritiro a. coltivare le muse, o spezialmente le latine, le quali perdutamente amava : e sì che all'amor suo rispon ~· devano! E tenne dover egli incominciare dalla lingua lati na, la cui profonda conoscenza non solo vedeva tor· nargli per conseguire la forza e le grazie dci latini poeti, m:t per fare tesoro di ogni maniera di dottrina t come aveva prima avvisato il chiarissimo Mureto. E che la lingua latina a ciò valga, sar3 chiaro a chiunqne voglia richiamare a memoria gli svariati avvenimenti , e la varia fortuna delle lettere. Conoscerà in fatto, che ogni guisa di lettere e di disci pline fiorì e crebbe col fi orire e col crescere di questa lingua, e al cadere e al mancare di quella (colpa delle umane vicissitudini) pur quelle caddero miseramente, e vennero meno. Tanto è -..ero, che le une hanno bisogno dr.! l'altra, che insieme amicamente si uniscono. E a buon diritto fu ella ~empre riputata e della lingua dci dotti, c il Facciolati c il Lami c moltissimi altri chiari scrittori collo stesso Mureto l'onorarono come madre e altrice di tutte le lettere. E mentre la dicono spenta e morta , è da desiderare che questa opinione si moderi in guisa che sia chiaro t che quantunque la non si beva col latte , e non s'impari dal parlar del popolo, come avveniva in quel beato secolo di Roma antico , la non è però af-

f2 fotto perduta cd estinta , come l'osca, la ccltira , e molto oltre. In fatto non rimane ella sana ed in· tegra nelle mcmb•·ane dci codici , nelle mcda~;lie, nelle lapidi , per mcz~o di cui giunse fino a noi ? Fu, egli è vero, presa da gravissimo morbo, di che la barbarie nordica l'infettò , e la contaminò si che molti anni le convenne giacer vergognosa , e nascondersi alla luce del giorno : ma pe i conforti , e per lo studio di sommi uomini alla fine rifattosi , riful• se di matrona] decoro , e mostrossi tanto adorna c gentile , che pa1·vc degna della maestà latina e dci fasci consolari. Fiorisce poi ora e vive negli scritti dei dolli , nelle a:cademic , nelle scuole per l.utta la terra, cd è principalmente co ltivata da quelli, i quali desiderano aver grado di dottrina e di eru· dizione. i\Ia conviene pur che i l coufcr.sino coloro stessi , che di ciò sovccte l'accusano , che sebbene sia mutala la l'ronuncia, pure ciò che possa nuocere all' antica bellezza e maestà, di Ici , non ha in •c ; nè alcuna cosa all' eleganza e al la cast itll di lei si oppone. Pen hè la pronuncia si deve considerare come dole esteriore di tutte le lingue e non piì1 , e la lat ina a' dì nost ri per buoua ventura non ha poi tale pron uncia , che rie~ca ingrata od aspra al l' orecchio. E poi alla fine se anche non pronunceremo bene , non per questo avverrà, che noi la scriviamo male. Non può infatti alcuno negare, che essendoci venuta schietta c sincera l'antica maniera di scrivere , sebbene sia alcun poco mutata la pronuncia , ciò a Lanto non basta, perchè quesla nobilissima lingua, quasi vecchia imbeci lle e fastidiosa, si debba riget tare e sprezzare. Ricordino essere quella stessa , che uu giorno colle armi e coi t•·ionfi romani suonò degna di quel grande impero : quella , che per eleganza, per facondia, per bellezza può contendere il van·

13 to alla greca stessa sua madre e maesl ra : quella che fu e sarà sempre vincolo comune di tutte le genti , c il mezzo più sicuro per crescere e dilatare le lettere, le arti , e le discipline. Le quali cose iutorno la lingua latina mentre tocco di volo , non vi sia chi meco se la prenda , e creda che io abbia mosso guerra alla patria favella , ed abbia in dispregio gl i scr ittori italiani, i quali soltanto possono essere teuuli a vile da coloro , che IlOti ne sentono la dolcezza e la facondia. E chi v'ha che svolgendo gli scritti de' sommi uomini, i quali diedero vita e fama a questa nobilissima lingua, tanto che contro l ei lunghissimo volgere di secoli non basterà , non si senta l'animo pieno di di letto c di dolcezza ? E chi non goderà al leggere le opere modemc , le quali coll' esempio, colla diligeuza, e colla forza loro depressi e battuti coloro che a novita studiavano, c con scel - l eranu inaudita tentavano corrompere il nativo linguaggio , l'hanno oramai condotta a tanto di onore e di dignità, che pare che l'Italia sia per rinoovellarc il van to antico e la gloria toscana ? Sebbene chi prenderà mai a lodar dcgnameùle la lingua italiana , che più non dia nelle lodi della latina sua madre ? Chi si farà ad esporre con efficacia in lingua italiana i sent imenti dell'animo suo, se a fondo non conosca la latina , uè sappia gli ornamenti dovuti alla madre , e da qaelli intenda di quali si convenga principalmente adornare la figliuola? l uvcro io non dubi to punto a[ermare che niuno ebbe fin qui grado di scrittore italiano , che non Cosse amatore e conoscitore delle lettere latine. Io mi appello agli stessi a utori e padri dell' italico idiom~ : all' Alighieri , al Petrarca , al Molza , e a molti altri, che la fa· velia coltivarono , illus trarono c accrebbero : c chiamo pur a testimonio quelli, che cantarono iu aurei versi

14 Dei re l'imprese e le feroci guerre. Il divin Lodovico , l'immortale Torquato, e tutti io chiamo quelli non solo che ne' tempi andati (poichè ad uno ad uno annoverarli, lunga ed inc rcscevol cosa sarebbe ) rua quanti ancora a' dì nostri hanno lode dal coltivare la patria lingua , i quali tutti sappiamo , che molto addentro conobbero e conoscono la lingua latina : e se a questo mancano prove, a . me basta giudicare dalle opere loro, che si rimangono scritte io latino. Penso non essere uscito di via se prima di porroi a dire di quelle cose, che furono scritte in latino dal Laghi, ho discorso un poco della lingua latina. Ma per recarmi là d'onde mi trasse amore ehe ho a quella favella, narrerò come il Laghi si fe- ' ce a tutt' uomo a studiarla, e per possederla, ed essere dirò quasi iniziato ai misteri di quella dea , si diede a svolgere dì e notte non mica [;li scrittori bassi , ma i" classici clte fiorirono in quel beatissimo secolo , che per dire con Gellio fu chiamato a ragione il secolo d'oro, l'autorità de' quali è riconosciuta per consentimento di tutti i secoli ve1111ti appresso. Dalla 1 continua lellura dci quali confessava egli di prendere infinito dilello : ed è poi incredibile a dire quanti c quanto larghi frutti ogni giorno raccogliesse. !\la per ben possederla egli, dotato com' era di fino intelletto , conobbe non bastar la lettura : volerei ancora uso ed esercizio. Ricordavasi forse di quello che Plinio aveva detto a tale proposito, essere sopra tutto uÌile vtùtarc dal gfcco io latino , e dal latino in greco : e ciò che Quintiliaoo insegna, i nostri antichi oratori avere giudicato utilissimo , voltare in latino i greci scrittori:, il che Crasso confessa di aver fatto, e piaCA.{Ue pure a Messala. Cicerone poi spessissimo lo co~

t5 manda , cd cg' i stesso fra le altre cose h·a~poo·tò al- 'l"auti libri di Platone e di Scnofonle. Così pure il poeta vcroue~e, per lacere gli altri , rese in versi latini il canto greco di Callimaco intorno la Chioma di Berenice : nè questo è fatto senza avvedimento, uè senza molta utilità. Imperciocchè oltre all' imparare a conoscere gli autori , e vedcrvi ben addentro fra l'un senso c l'altro , nasce gara cd emulazione, la quale a sentenza de' •·eto•·i giova maravigliosamente o formare lo stile , come l'esperienza stessa conferma. Per queste ragioni adunque spessissimo si esercitava a scrivere , ora voltando in latino le cose da altri scritte in italiano , ora componendo bei versi latini , che spiravano la grazia degli antichi. lofratlanlo vennero alle mani del Laghi le prime dodici odi stampate da Lodovico Salvioli, nome carissimo per più titoli alle lettere. La facilità dei versi, la chiarezza , l'armonia delle parole , congiunta con una certa grazia e soavità di pensieri, risplendoo10 mirabilmeute in ogni parte : lo diresti il Properzio del secol nostro , se meglio non ti piaces>e chiamarlo col eruditi>simo Andres l'Anacreoote italiano , cui le muse e le grazie educarono agli scherti cd agli amori ; poicloè volen- ·do egli cantare sulla cetra più gravi soggetti , mal gli risposero le corde, e quelle muse stesse che al canto d'amore ebbe facili e propizie, g li si volsero sdegnose, o certo ritrose, quando d'altro volle cantare. Il Laghi adunque si propose di rendere queste odi in versi latini, e poichè parlavano di cose d'amore, scelse la molle elegia : c tanto con delicato ~til~ imitò la facile , schietta e natura! vena del sulmoneso poeta, che, quasi direi , egli ti pa•-e udire Ovidio titesso richiamato io vita ed al canto. Questo fu il primo sforzo del suo ingegno , questo il primo arGumcuto de' suoi studi, che {cee di pubblica ragione

1G colle stampe nel 1i04. Tutto ivi ride di gra~ie e di lrggiadria : poichè, seguitando tgli le orme della sua guida, ora supplichevole a Veoere la prega propi~ia all'amor suo, ora ingegnosamente scusa l'infedeltà sua, ora sgrida e garrisce la vecchierella . nutrice, ora si volge alla fanciulla o che si adorna allo specchio , o che si reca in villa, ora le insegna il come stare al teatro , ora a lei traditora impreca orrende minacce: e dappertutto ti si mostra l'accute~~a del giu· dizio , la delicate~za del gusto, ed essere egli dalla natura stessa e dall'arte ottimamente dispos to a ques ta guisa di scrivere. Nè a modo di fido interprete rende parola per parola con soverchia diligen~a, e con quella giustamente riprovata salviniaoa servitù ; ma come poeta cbe nulla tolse altrui , nulla contro la mente dell' autore aggiunge, tutto compone a' modi latini, e di ornamenti latini riveste, ed insapora nelle dolcezze del secol d'oro a modo clte mi pare , che il bolognese maestro d'amore , fat\o per opora dol L1ghi cittadino di Roma antica , più si sollevi , c prenda abito di dignità e di nobiltà maggiore. Erano nove anni , che il Laghi viveasi confinato in quella solitudine , quando acerbissima Cerilli gli trafisse l'anima ; perochè mentre egli stava in pianto per l'improvvisa morte del padre , ebbe a raddoppiarlo per la perdita della madre. E tanto fu amareggiato da questa sventura , che sempre avevasi innan~i gli occhj le loro virtù , e pareva non esservi cosa , che potesse radolcirgli lu vita. Nulladimeoo, sicco10e gli uomini sapieoti , nella rea fortuna cercò egli alleviamento al suo dulore e alla domeatica calamità nei libri e nello studio : imitaudo così Cicerone, che io simile a\'Versità prendeva conforto dalla filosotìa , e mitigava il dolore della perdita della sua Tullietta scrivendo il l ibro della consolazione. Quantunque quc·

17 gli aspri e O:irupnti luoghi , che dapprima o fosse la .novità o l' amor grande che egli poneva ai genit Ori , aveva tollerati sino a quel dì , al vedersi così deserto gli cominciarono a dare molestia , la quale sempre più veniva crescendosi. Se t ogli l'acre purissimo e salubcrrimo, in quell a solitudine non è coaa che non sia grave c molesta : te1·reno qua sclvoso, là. morto: non altro che oli vi ed anisi : es- ~ere invano sforzare la natura del suolo, che no11 risponde a fatica . Rupi alte e discoscese , or sacttalt dal sole , or cariche di nevi : quando fangose a modo, che l'andarvi è faticoso assai. Sempre i venti a battaglia, i quali non solo schiantano ed abbatt ono le annose querce, ma quelle povere casucce ancora minacciano 1'ovina1·e. Rozzezza negli abitanti , c costum1 aspri, troppo lontani dall' urbanita, a cui il Laghi e per natura c per educazione e•·a portato. Non vi l1a poi a parer mio cosa più dura, che dover vivere con quelli, colle inclinazioni e costumi dei quali tu non convieni. Per queste cagioni pensando essere cosa grave rimanersi in quest' angolo nasco1to , a esortazione principalmente d egli amici , della famigliarila de' quali gli era troppo duro essere privato , fina lmente di quel silenzio e di quelle tenebre uscì , e uomioato parroco di S. Croce in Faenza nell'anno 17G7, si rese agli amici , alla patria, a se s tesso. Bello fu il vedere come a l suo ritorno tutto il popolo in festa accorse , c ogn uno congratulava, e<l allegravasi , come al suo partire erano rimasti in dolore ed in tristezza. E di questa pubblica dimostrazione, di cui a buon cittadino non può essere dolcezza e gloria maggiore, egli conservò sempre memoria c gratitudine, e studiossi ogni dì più ben meri tare delle l ettere, onde porgersi degnissimo di quella pat ria da lla '}llalc beu vedeva essere sopra modo amalo. LJsciato 'l

18 poi le cose 11rolanc, che giovane aveya con modes tia c castità grande trattate, chiamò le muse a canto più grave, c lìnchè visse altre non ne soflrì. l salmi, che quantuntlue si chiamino davidici pure non sono del solo Davidde, e cui egli per debito ogni giorno leggeva, gli aveano da grau tempo percosso l'animo e lo tenevano in desiderio di por~i ad impresa maggiore. Allettato da quella nobi lissima maniera di poesia, e da quella sapienza onde è ri schiarata , nou 1 0leva abbastanza ammirare quegli aUl'ei ammaestramenti di verace pietà. , che i vi ridondano: c diceva uou potet•si !!dire o cantare più dolci versi , nè es - servi mig liore scorta di quelli a vivere una vita beala e sicura. Diresti cs3ere avvenuto per consiglio di provvidenza eterna, che quelle verità fossero dipi nte dci più vivi colori dell'el oquenza e ripiene delle più care dol cezze del dire , onde i lcggitori, presi .u quella soavit3., avessero conforti a beo vivere insic~ me c rimedii. Così all' egro fanciul porgiamo aS1ers i Di soave licor gli orli del vaso : Succhi amari, ingannato, intanto ei beve , E dall' iugauuo suo vita riceve. Tasso C. 1. Ma per tornare a lui dirò, cbe amico coro' egli er:t delle muse lauto alla magn ificenza e a lla grandiosità della poesia ebraica era preso , che più non poteva. E quale vi l1a raccolta di antichi poemi , che possa o venire a confronto, o tener diet ro alla bibl ica , che è la pill antica di tutte? Bt·evi e vibrate sentenze , temperanza di parole, s tile sobrio e modesto , che a quando a quando s i sublima , non però mai gonfia o lussureggia : mòdi veementi , Cervidi , ar-

i9 ' diti: metafore , 5imilitudi o i ; allegorie , tropi e figure d'ogni maniera: spezialmeutc la prosopopea vi primeggia, poichè dia innalza le sti le a maraviglia , e lo veste di non usato splendore. E però io non dirò vana c l cggi era quell'arte , per cui gli uomini conformali dal loro creato•·c fin da principio usa l'Ono lc~arc inni di lode a Dio, di stendere la re· ligione c moltiplica·re le virtù. L1 quale •arte fu poi appresa dai greci c dai latini, che con grande applauso dci popoli e con grande studio ne usarono a celebrare quella bugiarda turba di falsi numi, e a tramandare ai posteri le magnanime imprese degli eroi. I salmi pertanto, quella maniera di lirica poesia che diresti a ltrettante odi, alcune delle quali vivaci, liete ed amene, altre gravi e splendide , altre poi graziose c delicat e , furono · resi dal Laghi in isvarialo metro lat i no. E questa varietà. gli parve ncccssa•·ia , onde provvedere alla sazictà. dc' lcggitori, poi anche perchè la stessa dissomiglianza degli argomenti di per se lo domanda. Così il suouatorc della lira romaua, cantando le sue soavissime odi, vi usò diciannove guise di metri. Nè gli diede timore, sì che si distogliesse dal suo proposto, la moltitudine di coloro, che si adoprarouo con lode ad esporre in latino que' dìvini canti: egli llell sentiva da che peso fossero le sue spalle, e avevasi fermato in cuore non perdonare a fatica in cosa di tanto rilievo. Un esito felici ssimo sccoudò l'audace impresa, e i due pregi priocipalissimi , che in tali lavori si richiedono, concorsero e co~pirarouo perchè il Llghi conducesse a pcrfe· zione l'opera sua: voglio dire la fedeltà. e la ragione nel rendere le sentenze , nel conse1·vare le immagini, lcf11rrne, l'andamento, le gra~ie c l 'clcganto e la splcndidczza dello stile ebraico, e u~a rvi ln'sic'ruc il fi~­ re della poesia latina. Cosa veramcnlc grande c d•f2"

20 ficile assni è por ro ognl studio nella poesia romana, c audar vagnndu per gl' immensi campi delle muse latino 1 senza inf,·attanto dimenticare Gerus~ lo~\111C, o o la palm•Ccra ldumca, c tcue•·si sulle orme della sua scorta , set1lC1J1e contrapponendo a sentenze, squi si tez, za a squisitezza adeguando per modo, che si paja avcrue egli presa bellissima gara. Che dirò io della dolcezza , della grazia 1 dell' tleganza dei versi ? quanto eloborati , quanto eletti , limati ? Chi può lrovarvi una pamla sola, una {rase che rwn sia aUiota alla più pura fo>nte , confermala dall' uso e dall' ~utQrità di nohilissimi scritto ri? Chi non leggerà avidi$imamentc quol fiore di allegoria , che è nel nono salmo , la <Jualc dal Laghi fu esposta in ve•-so asclepiadeo ? La gente elnca è par'lgonata nd una vigo,a, i cui gcr~ mogli traviantati dall' Egitto in nuovo •e fecondo lerJ"cno, misero profonde radic i c fecero a se d'intorno graud' ombra , ma rapacissimi !adroni le diedero guasto; c un feroc<: cinghiale, sbocatq da una vici. na spelonca, tuttn la Si\Ccheggiò. Quanto acconciamento si couveugouo all' elegia i lamenti , le ' lucrcle di Davidde • che esule per tiwor di S~ulc , noq av.cYa spc. ranza fuor che in Dio. le quali furQJJo d~ l di vino, vale poste nel salwo quarantesimo ? Così in veto al. tro verso Cuor l'eroico non si convenivf al salmo di.., ciassetle, io cui descri ve l'immagine del re su11remo • che sceude dal cielo in ira. Gli stanno intorno il fumo, il fuoco , le piogge , tuona orrendamente i' cielo , c dall' ime cavernq commosse le rupi , ne sco· tona e ne temono la venuta. E' degna poi di particolare osservazione l'esposizione del salmo ccnt oc1uat~ tro, in cui brevemente ~i discorrono> gli annali dll Abramo sino a quc' tempi , in cui al popolo ebreo diè finalmente Iddio di por piede nella terra di Canaan. ~ chi leggerà questi eroici versi, scritti con t11 t>ln m(t~

:!·1 nlllcenta c sublimita dal Laghi , non potra a meno di non correre col pc nsiero a quello insigne scudo, in cui il· nostro divino Virgilio tutte a<l un tempo i.<toriò l e cose italiane e i romani trioufi: della vista de'quali Ehea si compiace , ignorando frattanto che egli portava sugli omcri la fama e i fatti dei nipoti . Non è poi maraviglia se quest'opera, che fu intrapresa fra n1ille congratulazi llni, dopo essere uscita in luce la prima volta in Faenza nell'anno 1791 , a richiesta di n>olti fu ristampata colle medesime stampe nell' anno 4795. All' opera dei salmi tenne dietro la versione laI:ÌtlJ da lui fatta di al cuni sonetti. Questa maniera di cd'lnponimento, com'è più bella e più pi acevolr d'ogni altra poesia lirica , cos\ è la più ardua e •d ifficile. Benedetto Menziui ci dice, che è come la pietra di paragone proposta da Apollo per mettere a prova gl' ingeui dei poeti . Intatti fu concesso ai greci ed ai latini usare ne' lor componimenti ora dc' rnonosti· ci , ora dei distici, quando i tetrastici e gli esasti - ci , quando i decastici : il che non è concesso al sonetto italiano, al quale sono st abi l iti determinati confini oltra cui non può andare ; però convien badare di nt>n cadere , come dicono , · . l n questo di Procuste orrido letto. Non credere poi , che per difficile che sia venga posto in non cale dagli italiani , Cui, di uull' altro che di lode av,lri, Le muse dier sveg liato e pronto ingegno , E suono di dolcissima favella. E non è raro ed insolito il vedere bellissimi sonelli

22 semplic i , atlorui , gravi , scnt~nziosi , cui non può negar lode se non chi è frivolo o incontentabile. E . ' luanlc 'volte alcun di ques ti veniva a mano del La - ghi , egli l o rendeva non seccamente , ma çon dottrina e con eleganza in versi lat ini: t.al che pur da <1uesio può intendersi quanto eg li sapesse profondamente di latino. E che infatti ti può mai cadere soll'occhi o JliÙ pum o più grazioso o più l imalo? Se ti fai a scorrerli , non è cosa che ti faccia intoppo o f.ostidio : all' indole , a i modi , , alle forme l'hai loslo per poesia latina, e li avviene a quando a quando dover confcssao·e , cloe sotto le mani di lui quc' com· pooimcnti hanno preso aiJito di maggior gentilezza. Che se dirai esservi a lr.una cosa mcn che per(etla , Q a lcuna che nou meri tava ,lo st pdio e il pensiero di tale traduttore, non ne infcrirai per questo ' · che . ogli .sia stato po·cso dal sonno o gli s ia mancato quel sottile giudizio neces,sa rio a ben vedere nelle belle ao·ti , del quale pao·la O razio stesso. P er molte cagioni s'indusse egli a lr~sporta rc al Httino que· sooctli , perchè gentile com· era non !3P"- ' a negarsi ali <: inch ieste , e dirò anzi a lle importu · nit3. degli amic i. I nfraltanlo grande era il ~esoderio, grandissi ma la IJrama di avere di ta li gemme, e pc· rò le versioni del Laghi era no con ogni cura c studio ricercate. Mandate come n viene in m~no di copisti d·ogni guisa , avvenne come suole il più, che andassero da)la costoro t emerit3 cd ignoranza contami na!~ in modo , che appena çi si mos trass~ il Laghi: e per ri parare a ques to inconveniente e provvedere insieme alla gloria della patria , _vi ebbe un bel che fare. .Ma a lla fine la mo~c~t ia di lui fu vinta , c furono stampati scttantuno sonetti traslnti in esametri latini, c riveduti per cura dcii• autore, e pubblicati oel 1807 : i quali invero lui morto o non sa.·

23 rebbero atati stampati più, o lo sarebbero pieni di er· rori . Era già il Laghi vecchio quasi a decrepito , poiehè aveva trascorso l'ottantuncsimo anno , c nnn aveva certo di che accusare la vecchiezza : giacchi-. l'ingegno si manteneva vigoroso c i sensi integri. Avre - sti visto quel vecchio cercar libri , c leggerli COl\ afiditì. e vivezza da giovane , nou cessa rsi mai dagli studi, che in tutta la passata eta aveva coltivati: d ci quali diede egli bclli~s imo sag~:io in ques t' anno stesso most rando quasi dall' eta stessa prendere forze maggiori. Fra lutti i monumenti dell'ebraica poesia, quello che maggiore maraviglia ne arreca è i l carme nuziale, cou cui il più sapiente deg li uomini sotto il velo dell' allegor ia descrive le mistiche nozr.e della chiesa con Cristo. Già da gran tempo preso alla b el - lezzi di ques to lec;giadrissi mo canto pastorale , come l'avrebbe egl i passato, se per ragione del mistero di che si tratta, per la dignita dell a poesia , per l'ccccl lenz! dc' modi a vanza gli altri ? L o rese adunque iu bei versi el egiaci , che ottimamente corris pondono al metro del poeta ebreo : poichè, come ho accennato di sopra, nel tradurre i poeti si den fare gran conto del metro. Ed ~ chiaro che in questo mancò il Manfredi, che volgar izzò in verso sciolto le odi d'Orazio: il qual verso al certo niuno <lira che corrisponda ai metri oraziani. Perocchè non la manderai !mona neppure nl Bezza, il quale portò in versi, eleganti per · vero d ire e tersi , questo medesimo cantico, e con nrdire veramente empio vi frammischiò di modi tol ti d i peso da Catullo , comepetulant i o~chù:tti, ifUlanellate rìcciate/lc chiome c che so io : i quali rnoùi certo non s i confanno alla castità c a lla modestia di qnel carme di vino. Confesso che le mistiche parole ùe' sacri sposi hanno un non so che di delicato e di soave nella lingua ebraica, e piacciono e innamorano

al lcggersi : ma quel tenero , pinccl'olc c molle ttile risponde a quello che usò Tcocrito negl'idilli , .Virgi lio ne!fc cg logha , Tibullo nelle elegie , non mai a quello che Catullo licenziosamen te usò ne' suoi faleuci. Sappiauo frattanto coloro , che si fanno a leggere tali co~e , che presso gli ebrei una volta furono reputati onesti certi modi di fare c di parlare, che in appresso si ebbero per disonesti c disconven ienti : poiohè ciascuna nazione ha i suoi costumi, e quello che piacque dapprima fu coll 'andar degli ano i disappro- ~.1to. Quindi il vesti re, il portamento , i riti nuziali, i sac1·itìci, i conviti degl i ebrei fu•·o no tutt'alt ra cosa <la quelli dci latini c dci greci. Così Omero nel secoudo dell' Iliade ci descrive Teti , che molcc il menlo e la barba di Giove onde amicarselo : il che sa rehLe 1uodo rustico ed inu rbano prc.~so di noi. Ulisse, fall o prigioni em di Troja, ~uppli chevolc alla regina Ecuba palpa le gote , onde per la clemenza di lei scampare da morte : il che sarebbe delitto :li lesa maes tà a' dì nostri. El la è certo imprudenza giudicare dalle costumanze .di un solo popolo i detti e i falli degli altri pOjJOli, e dalla consuetudine dci nosti'Ì tempi misura re !juclla degli antichi . Quanto al Laghi non avrai certo parole che bastino a l('ldarue l'industria nel saper bene adattarsi al suo soggetto c secondarne J'iudole. Egli è sempre eguale a se stesso e non dcgeucra mai : sciolto dal vincolo delle parole ticn d'occhio soltanto ai pensieri , porta scrupol osamente le sentenze , e fedelissimamente ne mantiene l'ordine. Odi per bocca di lui Salomone parlar la~ tino, c l e idumce vcrginellc mentre accompagnano al ta lamo l a mistica sposa modulare il canlo al S \IOOO di latina zampogna. E per arrecarne alcun brano a prova, non potevasi con più gentilezza e accortezza dipiugere l 'affanno c il timore della sposa, la quale tra-

2!) 1po~tata dall'impeto dell'amore si raggirava per le strade c per le piazze della città in cerca del perduto sposo, e ne veniva iterando il nome: e trovatolo alla fine, lo abbraccia c al tetto paterno lo riconduce. Dcii issimi anco1·a sono quei versi , nei quali seguendo la sua guida, con pastorali similitudini esprime e celebra gli occhi rilucenti come quelli di mite colomba , c le chiome biondeggianti come una greggia di capre, e i denti candidi como i velli delle pc, core che il pastore allora allora ha lavata nelle on• de cristalline , e le labbra del colore di porpora, e le delicate guance. l\1a altre cose ancora egli comprese nello stesso volume , le qnali trasse da fonte ebraico, recandolo al la tino. Dirò i due cantici di Mosè, l'uno dci 'luali che è il più antico na1-ra come i figliuoli d'Israele rendano wazie a Dio , cd esultino c trionfino perchè l'egizio tiranno, che minacciava es tremi danni, som. merse nell'onde e i cavalli e i cavalieri ed i cocchi t mentre ad Israele s i apriva una strada per meno del mare asciutto. L'altro in cui il diYino profeta, già pres· so a morte , ca uta con voce di oigJlO , per usare la frase di Cicerone , come i giudei una volta si darcb· hero all' idolatria t rammenta i molti e grandi bencfìcii cbe Iddio ave1•a fatto loro, e promette che Iddio presto far-ebbe loro le sue misericordie , se una . volta couosceudo i lor mali ritorneranno al buon sco• ticro. Poi introduco AbaC!lCCo a cantare carmi latini cotl quella sua grande e magnifica vena , e a celebrare le grandcz~c di Dio , che areva tolto lsraclo dalla servi tù d'Egitto, e pregavalo a togliere dal loro oollo il giogo di Babilonia. Poi narra come Ezechia re, campa t o da morte imminente, con canto sublime ed elevato ringraziasse a Dio : il quale canto non so io pcrchè dal Grozio fosse attribuito ad Isaia. Do. 2....

26 nva egli c.òoosccro almcnQ çhc i re dell' Asia scp~ pero sempre di canto u di cetera. Ci mostra anche Si· meone , il quale si grida bealo del morire, poichè vi• de la gloria d'Israele ed il Salvatore del mondo ; ed a questo aggiunse quel libro, che chiamasi l'Ecclesiaste, scritto da Salomone e reso in elegiaci dal Laghi, ove si mostrano "ane quante cose al mondo piaccionn, lusingano , dilettano : e si dichiara che la verità e la felicità è solo riposta nelle virtù e nell'onorare e nel temere il sigoore Iddio. Per ultimo portò in esametri latini il libro della Sapien:a, nel quale si comprende la notizia di tutte le cose c la retta maniera ùi usar~ ne secondo il comandamento di Dio: della quale opera è autore Salomone, o almeno in quella si recano le sentenze di lui. E se io qui volessi annoverare tutte quelle cose, che in que' lavori si offrono degnissime di lode , mi converrebbe portadi per intero, perchè ogni parte dell'opera si loda dell'arte del Laghi da principio sino alla tlne, ed è certamente degna di codro e di cipre~so. Non è quindi maraviglia , se con grandissima lode, e dirò anche applauso, fu accolta da coloro che sanno bene di latino. Mi parrà poi di avere lodato abbastanza quc9te opere, quando ag~;iun~ gerò che a moosignor Stefano Bonsignore, fìor di do~ trina e d'ingegno, al quale il Laghi le volle dedicate quando le pubblicò nel 1809, piacquero senza fine. Dopo avere parlato ad una ad ona ddle traduzioni del Laghi, piacemi ancora aggiungere alcuna parola intorno la dignità e il pregio delle medesime in generale. E tanto più, perchè coloro che portano dall' una lingua all' altra o la prosa in verso, o il verso a diversi ge~ neri di poesia, come fece il Laghi, a giudizio d'alcuni fanno cosa poco lodevole , poco necessaria , anzi inutile alle lettere : e come remiganti e facchini, i quali quasi nati a servire , 11.00 si occupano che nelle ope~

'lì ro altrui 1 per modo 1 che sia loro .)isdetto portare il proprio avviso e ragionare. E qual lampo d'inge• gnosi mostra, dicon essi, in tali scritture? quale crudi~ione ? dov'è l'i nveozione, per eu i la mente umana l1a quasi poter di creare ? tutto che vi ha degno di lode nel libro è dovuto all'autore, non al traduttore. Sebbeno tu mella l'ara tJ·o tuo nel campo altrui e lo semini e lo mareggi e vi s~enda danaro e fatica , niun fmtto a te ne viene ; perchè tutto cede al suolo • frutta al padrone. Oh gli uomini tardi e mal ve~genti, che con sì fatte ciance tentano e la bellena dei volgarizzamenti e la gloria de' volgarizzatori oscurare l A questi in rispondo ciò che più sopra ho detto ; che tali interprétazioni e vo lgarinamenti furono in antico cagione di esercitare l o stile ; e non ai dee c redera, che questo sia lavoro da principianti, pc!.' imparare e scriver bene. Chi ignora in fatto, se vogliamo parlar degli antichi, che uomini n è indotti , nè sconosciuti nella letteraria rcpubhlica, ma gravissimi scrittori e gil per molte opere famosi , si ebbero 6omma lode ed onore dal traslatare in latino Pia~ tane , Aristotile, Erodoto, Senofonte , Tucidide , il fiore in somma degli scrittori greci ? Dopo il risorgioncnto delle lettere poi, quali e quanti uomini o in prosa o i11 verso pagarono questo tl'ibuto ai greci ed ai latini, da' quali come da purissime fonti attinsero e derivarono gran copia di eloquenza ? A chi non ~ noto il Varchi , il Poliziano , il Caro , il Davanzali , il l\farchetti , e cento altri che lungo sarebbe qui annoverare, i tJuali per questo in tanta fama salirono , che nulla più ? E se vo~liamo recarci ai tempi presenti, quantunque io possa tacermi di molti illustri in questa maniera nobilissima di lettere , non posso per alcun modo pas~are Vincenzo Monti e Dionigi Stroccbi , lumi chiarissimi della letteratura italia-

28 na , l'uno de! quali sebbene fosse de' primi poeti italiarti recò al volgare le satire di Persio e vestì d'italiane 'note la fiera ira d'Achille, donando così alla na~ ti~a il divino poema di quel greco immortale, Cui le muse lattar più oh' altri mai, L'altro volse in volgar poesia gl' inni di Calllmaco, e tanto in ciò valse, che per molte lodi che gli uomini gli abbiano dato, non hanno per auco al certo adeguato il merito. E nel novcro di questi porrai Luigi Lamberti , scrittore elegantissirno e delicatissimo , il quale colle sue traduzioni dal greco venne in grandiss ima fama. Nè tacerò Luigi Lanzi , chiarissimo ingegno , coi nqo ha guarì estinto piaoser·o le buone arti e gli studi ar· cheologici. La posterità certo maravigliando leggerà la traduzione italiana delle opere e dei giorni di Esitr do esposta in elegartissimi versi, ed arricchita di dotte annotazioni. E chi non conosce quella cima d'ingegno d'Ippolito Piudemoute da Verona , il quale con tauta 1ellena e maestria recò a poesia italiana il oelehre poema d'Omcro , in cui si descrivono le peregrinazioni e gli aflàuni di Ulisse, sì che egli ti pare che per mutar veste nulla siasi tolto, nulla scemato di quella bellezza e di quello splendore , cbe nel divino poeta ammiriamo ~ Per lé quali cose chi sarà tanto sfacciato , che ardisca negare aì volgarizzatori ricchezza d'in, gegno e di erudizione , fona d'invenzione e di pensiero? Che essi avessero uon solo conoscenza delle !in• gue, ne danno fede le cose scritte da loro di proprio 10gegno e raccomandate alla memoria delle lettere, nelle quali non $olu è bellezza di dire, ma erudizione, ma vero sapere per modo, che piacciono , dilettano , rapi- -iQupo. Scbhenc, anche lasciando a parte ques te cose ,

2!) non potra~ negare alla traduzione quella forza d'ingegno , che è necessaria a mantenere e a rendere esatt amente le sentenze, l'ordine , le immagini, le veneri, la robusteua dello stile di quell' opero, che si prende a tradurre per modo, che se manca una di queste cose non è più traduzione, ma uno scritto somigliante, non pari ed eguale, che non ha bellezza di lingua, non diletla i dotti , non è utile agli indotti. Non al(rirncnti è di un pollone, il quale perchè metta più alle radici c meglio s'in nalzi al cielo, per dare frutto cd ombra a que' che verranno, tu trapianti d'uno in altro terreno : e badi che il suolo in cui lo poni sia della stessa indole, lieto degli stessi umori di quello in cui era prima : chè se sarà dissomigliante la nuova pionticella tra lignerà, e i pomi perdendo il primi :::? sapore, torneranno in bastardi e selvaggi, se però non andrà tutto in Casca , in rigoglio , in cima. Ma tai pregi chi ebbe mai a desiderare nel Laghi? Non inventò, non scrisse con eleganza e tale ornamento che parve ad essi non mancare n è invenzione , nè nobilta, nè dottrina, nè erudizione alcuna. Altre cose egli scrisse , che per modestia tenne rinchiuse n ello seri• gno e che giova sperare saranno fatte una volla di pubblica ragione. Del resto non è molta accortezza nè bastante prudenza traslatando d'una in altra l ingua lo strettamente andar dietro e rendere parola a parola, cos\ com'è nell' autografo. Infatti quella stu- <liata consonanza di ligure, di vocaboli , di siostassi sia ebraica sia greca male risuonerebbe nelle oreccilie latine 1 cd uscirebbe in uno stile cui la lingua latina non comporta. Questa innetta e quasi direi schiava maniera di tradurre inasprì gli animi dei dotti contro il Salviui, a modo che ancora se ne dispetta il nome e si turba il riposo del suo sepolcro : quantunque ee <Jncsto solo dilfctto gli toglierai , pochi potranno ve•

3(} niro a paragone con lui per la pcrozta delle l ingue , e per la profomla dottrina e<l erud izione. Non così· Catullo quando tradusse la Chioma di Berc11ice di Ca llimaco e la bellissima ode di SalTo: non così l' At·io· sto quando arricchiva il suo divìno poema delle bell ez - ze di Catullo, di Stazio e dcgli alt ri : non così i l Poliziano in quelle sue stanze , vero miracolo di poesia : non così in fine quanti altri si appropriarono i piìt bei luoghi dci greci e dei latiui, e col solo cangiar di veste li fecero propri , come usò Virgilio che nell o bucoliche srguì Tcocrito, nelle geo•·giche .Esiodo, nell' Eneide Omero. Non altrimenti il Laghi ricambiando oro con oro , ~:;emme con gemme , dischiude i tesor i dci poeti , che egli si fa a volgariZ?.are, e ne imita la robustezza , la vincità, l'eleganza : or tenero , or molle , or lieto, cd or vivace r.d suo dire. Pel'lochè noi dirai tu semplicemente 1111 tra,luttore , s\ ben an· che un autot·e , il quale scguitanJo come intet·prete il suo esemplare , sa come Virgilio eon eguali c con• venevol i colori , or aggiungcru]o ., or variando , ornatamente mo~trare ciò che quegli dipinse ed inventò. M~ chi molto non sa di latino, nè molto a dent ro vi sentè, Di far lo stes~o non si affidi , e molto, E invano adopri pur lo stesso osando : per espr imermi con le parol e di Orazio. Queste cose tlli sono parute sopra le al tre degne di memoria. Or detto che nhbiamo degli studi e delle lettere, toccherò la vito privata del La~:hi e ciò che appart iene alla domestica disciplina: nè è da negare ancora che sebbene pajano co~e leggiere e di poco momento, pure esprimendo al vivo e quasi descrivendo il carattere 1dclla persona , valgono assai ad ammaestramento dei lettori : che è il

3t fine propostosi dall' istorico. Così la pensarono Plutarco e Nipote, i quali scrivendo le vite degli uomini illustri in guerra e in pace , non giudicarono lontano ila quel genere di scrittura il parlare di alcune cose dappoco. Il Laghi adunque mortigli, come si è detto , i genitori , essendo il maggiore e di età posata tenne ai fratelli luogo di padre ( cd è cosa assai difficile ) : nel lutto i famigliari disagi c le perdite sfon&v•si alleggerire: egli amministrare o difendere le rendite fami;;liari 1 le qudl i quantunque avesse trovate mal andate assai , nulladimeuo potè rimettere in Gore cd accrescere ; ma quello che è più , egli prese sopra se il carico dell' educa~ione dei fratelli , c n' ebbe a sostenere alcuna volta fastidio e fatica. Lui felice cl1e di tant e fatiche portò lieti e larghi frutti 1 nè ebbe a dolere mai , che alcuno de' fratelli dalla speecloiata virtù di sua gente degenerasse ! E d essendo egli ottimo , tutli i suoi rese ottimi. L' industJ·ia e la naturale deatrena dell' ingegno del Laghi aveva conosciuta vivendo Scipione Zanelli, e morcudo diè prova in qual conto la tenesse. Cittadino chiaro per sangue , per ingegno, per ricchezze, aveva aperto un canale, pel quale discorrendo le acque dal Lamone in Po di Primaro, per ben vcutisei miglia lo faceva comunicare col mare Adriatico ; opera veramente reale e romana , condotta a fine con pri ,·ato denaro ; colla quale si facilita il trasporto delle nostre biade , e l' introduzione delle merci straniere. Per tale cost ruzione è avvenuto , che si avvivi il commerciO , c ciò che fu opera e dono di natura alt rove 1 veggiamo noi qui nato e fatto per indust1·ia di un sol cittadino : onde poi si è di molto accresciuta la fortuna (le' faentini. Frattanto venuto a morte lo Zanelli, non dubitò darne l'amministrazione al Laghi unitamente ad altri uomini probi , esperti c ragguardcvolissimi , or.

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