Francesco De Luca - I Fasci e la questione siciliana

-Ola sabauda e la lorenese. Lo stesso gran patriota e liberalone Crispi, segretario di Ruggero VII, si rassegnava ad una semplice costituzione siciliana, e mentre il fiore del patriottismo italiano s'irrorava di sangue sotto le mura di Roma, egli, Crispi, pon• zava decreti. Non ancora aveva egli ricevuto ammaestramenti da quel :\fazzini che lo fece conoscere agli italiani e che poi fu tradito ed ora è dal Crispi calunniato col dire (portentosa ignoranza!) che il programma politico dell'esule generoso si restringe ad uno sterile nazionalismo e non giunge sino all'umanità. Da che pulpiti certe prediche! ... Ma ritorno al mio argomento. III. La " curée " borghese dopo la rivoluzione io Sicilia. - L'assalto alle cariche e agli appalti. - La rapina delle terre. La rivoluzione siciliana del 1860, preparata dalla propaganda della Giovine Italia ed iniziata dall'ardimento dei Mille, fu compiuta dalla borghesia magra e dalla plebe, che diede il vero nerbo della ribellione con le squadre dei picciotti entusiasmati dal nome di Garibaldi. Ma, com'era da prevedersi, quella rivoluzione, troncata e adulterata dalla fretta dell'annessione e dalla sovrapposizione del piemon tesismo, non potea fruttare che ad un'esigua classe di persone, le quali, vantando falsi titoli di patriottismo, si buttarono, come stuolo di arpie, su le pubbliche cariche, o, strette con loschi vincoli ai capi delle amministraziop.i provinciali - per lo più interessati nelle lucrose imprese - poterono, con patti vantaggiosissimi, ottenere l'appalto di tutte quelle opere pubbliche che erano necessarie ad una regione ritardataria di tre secoli almeno sulla via del progresso. Fu una vera curèe; un ballo di milioni ingoiati nella conduttura delle acque, nell'impianto delle * B1b·-:itecaGino B1a'1co

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