Francesco De Luca - I Fasci e la questione siciliana

• BIBLIOTECA DELLA CRI1'1CA SOCIALE Avv. :FRANCESCO DE LUCA I FASCI LAQUESTIONSEICILIANA Cent.es1m1 ao MILANO Uffici della CRITICA SOCIALE Portici Galleria, N. 23 1894 ~1b. ~teca Gino B,a..,co

Est,·atto dalla CRITICA Soc1A1.E, anno IV (1894) Numeri t1 e 12. Tipografi.a degli Operai (Soc. cciop.), corso Vitt. Eman., f!-16. B b '">tec:1 Gino B1a.,co

.. AI MIEI COMPAGNI DI PRIGIONIA. .. 8 o

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I. Origine dei " Fasci " Il titolo dello scritto mi obbliga ad accennare che l'idea di unire in una vasta associazione tutte le forze operaie nacque nella mente di Giuseppe De Felice, il quale pel primo fondò a Catania nel 1891 un Fascio, forte sin dal suo nascere di circa 600 soci. S'è detto che Pètrina Niccolò avesse molto prima fondato a Messina od ideato un Fascio, lasciato in asso per la sua carcerazione; ma io nulla ho potuto conoscere su ciò dallo stesso Pètrina, e bisogna confessare che l'idea del Fascio, se ci fu in Pètrina, rimase in embrione nel suo cervello o si circoscrisse a Messina, la cui provincia non si distinse nell'ultimo e meraviglioso movimento proletario della Sicilia. De Felice, per la sua attività febbrile, per l'innato spirito di organizzazione, fe' penetl'are la nuova forma del sodalizio operaio in parecchi Comuni della sua provincia e di quella vicinissima di Siracusa. Intanto Colajanni aveva pubblicato il suo Socialismo, libro che, pel modo come fu scritto, attirò alle nuove idee sociali molti giovani repubblicani dell'isola, la cui classe intelligente e studiosa non si mostrava, poco prima del 1890,gran fatto tenera del socialismo, creduto un ritorno a vecchie utopie e ad un ordinamento di sociale dispotismo. Codesto libro di Colajanni - è giocoforza confessarlo - Bib· oteca Gino Bianco

-6produsse grande impressione in Sicilia e raddrizzò molte idee storte; chi scrive può farne irrefragabile testimonianza, perchè fu tra i repubblicani che dalla lettura del Socialismo si convertì alla novella dottrina. La Sociologia criminale fece il resto e preparò molto efficacemente il terreno elettorale per l'alfermazione del giovanissimo partito socialista di Sicilia sul nome di Colajanni, che in quattro Collegi ottenne circa 18.000 voti: i quali, se non si possono attribuire tutti ai socialisti siciliani, sono una prova del lavoro ocula,to, efficace da essi compiuto: perchè i Comitati elettorali pel Colajanni erano in gran parte composti di socialisti. La fusione dei Circoli radicali di Palermo, invitanti nel 1890 - credo nel maggio - il Colajanni ad una conferenza, generò una Federazione dei repubblicani-socialisti di tutta l'isola, i rappresentanti dei quali, convenuti ad un banchetto e ad un Comizio a Palermo, il 4 o 5 aprile 1891,stabilirono che quind'innanzi tutte le forze radicali della Sicilia fossero strette ad un patto. E la prova mirabile di quel patto, rinsaldato dalla propaganda del giornale l'Isola, si ebbe nel maggio 1892, a Palermo, in occasione del Congresso delle Società affratellate; Congresso che esercitò grandissima influenza sul progresso delle idee socialiste in Sicilia. Vi partecipò De Felice, con una larghissima rappresentanza dei Fasci di Catania e di Paternò, e parlò oltre un'ora, dimostrando i vantaggi meraviglio,i dei Fasci. i\Ia chi spezzò una lancia, davvero poderosa, pel socialismo fu Errico De Marinis, ingegno elevatissimo e colto, attorno al quale si strinsero i collettivisti dell'isola, che in grande maggioranza ebbero speditamente· ragione dei mazziniani, attraendo a sè lo stesso Felice Albani, dichiaratosi collettivista. Ed ecco che in Sicilia si afferma in modo solenne il socialismo, spoglio di quei malintesi e di quei sentimentalismi che l'aveano accompagnato sin dal suo apparire. Un solo passo, ma importantissimo, rimaneva a dare: far accettare ai Fasci, sorti o da sorgere, la tattica del partito socialista. È ciò che fece BoscoGaribaldi, che tornato più entusiasta dal Congresso socialista di Genova nel 1892,scrisse Bib1oteca Gino Bianco

\ -1nell'Jsola che era tempo di uscire dagli equivoci o che i Fasci Yeramente decisi a conseguire il miglioramento degli operai doveano ascriversi al « Partito dei lavoratori italiani »; e, datosi egli stesso a una propaganda instancabile, suscitò in provincia di Palermo molti Fasci, che furono come una scintilla su polveri ammucchiate. L'isola tutta si coprì di una fitta rete di nuovi sodalizii, ciò che permise la pubblicazione di un loro organo speciale: la Giustizia sociale. Giammai niente di simile s·era visto in Sicilia; e il maggio1•merito ne Ya dato a Bosco Garibaldi, la cui opera benefica, solerte, disinteressata resterà nella storia dell'isola nostra. Però l'attività e l'energia d'un partito, special• mente se giovane e poco numeroso come il socialista, non poternno produrre un così largo e celere moto, se profonde ed antichissime cause non vi avessero concorso. E, a ben comprenderle, non è un fuor d'opera un cenno storico. IL Un 1io'di storia. Esposta, per la sua postura geografica, alle irl'u• zioni e 1·apine di moltissimi popoli invasori, la Si• cilia - dopo aver goduto, a quanto sembra, una pace e una prosperità relative alla fine dell'epoca quaternaria, con una gente quasi autoctona, la sicana - disputata da Greci e da Cartaginesi, sfruttata a sangue dal dominio di Roma che le imponeva, fin d'allora, la feroce rapacità dei suoi più tristi aguzzini - dopo una serie di sanguinose vicende, ebbe, al fine, nel medio evo, una monarchia propria, la normanna, che, se può essere soggetto di drammi e liriche, esaminata con la critica sto• rica si palesa quale un potere dispotico, a tutto profitto di re, baroni e prelati, gravanti con tasse ed arbitrii sulle povere plebi, per nulla rappresen• tate nel famoso Parlamento o ,1'Iagna Curia. Ed anche quando le città re~ie o demaniali eb• bero rappresentanti nel granc1e Consesso - pe• Bib: oteca Gino Bianco

-8riodo degli Aragonesi, a cominciare dal lt8G - i mandata rii popolari (chiamiamoli così) non potevano valere gran cosa, sopraffatti dagli aristocratici della spada e della stola; il che appare molto più chiaramente nella dominazione dei viceré. soggetti alle pretese dei baroni e dei vescovi, in nulla infrenati dalle istituzioni popolari, rigogliose nell'alto e medio continente italiano. Priva la Sicilia della libertà dei Comuni e delle guarentigie assicurate all'Inghilterra dalla Magna Cha1·ta, dovette subire nel modo piu infame tutti gli orrori del feudalismo, che non permise la diffusione di quelle gilde o corporazioni d'arti e mestie1·i, le quali in altri paesi furono la fonte di tanti vantaggi pel popolo. Il soffio della Ri\·oluzione francese non penetrò nell'isola a dissoh·ere la Yecchia compagine delle angherie e di mille pregiudizi i; ed il feudo continuò a regnare con la sua coorte di brutalità e d'inaudite spoliazioni, che il tentativo di Costituzione del 1812 - dopo pochi anni abolita da Ferdinando I - non potè far sparire con una rachitica e incompleta trasformazione elci feudi in allodii. A questo punto è da notare che l'aristocrazia del blasone e della Chiesa, col Parlamento - diviso in tre bracci, e quello dei Comuni era il più corto e il più debole - spadroneggiava cli fatto nelle cose politiche: e il re, o il viceré, era un fantoccio nelle sue mani, poiché il predominio economico importa sempre preponderanza politica. Inauguratasi però la monarchia assoluta dei Borboni, l'aristocrazia - che ancora in Sicilia é la classe piìt ricca, almeno in certe provincie - perdette molti privilegi; ed ecco che, abolita la costit11zionedel 1812, essa congiura per avere una monarchia tempemta - donde l'apparire di molti nobili tra i pat,•ioti. Ma il libei·atismo degli aristocratici non avern di mira, come di leggieri si comprende, che le prerogative della propria classe, e non pensarn gran fatto alln. libertà ed indipendenza d'Italia. Infatti nel 1848 la ri\·oluzione mirava ad una costituzione siciliana, ed un re si chiedeva alle dinastie che erano più in odore di liberalismo, come Bib· ~teca Gino Bia-,co

-Ola sabauda e la lorenese. Lo stesso gran patriota e liberalone Crispi, segretario di Ruggero VII, si rassegnava ad una semplice costituzione siciliana, e mentre il fiore del patriottismo italiano s'irrorava di sangue sotto le mura di Roma, egli, Crispi, pon• zava decreti. Non ancora aveva egli ricevuto ammaestramenti da quel :\fazzini che lo fece conoscere agli italiani e che poi fu tradito ed ora è dal Crispi calunniato col dire (portentosa ignoranza!) che il programma politico dell'esule generoso si restringe ad uno sterile nazionalismo e non giunge sino all'umanità. Da che pulpiti certe prediche! ... Ma ritorno al mio argomento. III. La " curée " borghese dopo la rivoluzione io Sicilia. - L'assalto alle cariche e agli appalti. - La rapina delle terre. La rivoluzione siciliana del 1860, preparata dalla propaganda della Giovine Italia ed iniziata dall'ardimento dei Mille, fu compiuta dalla borghesia magra e dalla plebe, che diede il vero nerbo della ribellione con le squadre dei picciotti entusiasmati dal nome di Garibaldi. Ma, com'era da prevedersi, quella rivoluzione, troncata e adulterata dalla fretta dell'annessione e dalla sovrapposizione del piemon tesismo, non potea fruttare che ad un'esigua classe di persone, le quali, vantando falsi titoli di patriottismo, si buttarono, come stuolo di arpie, su le pubbliche cariche, o, strette con loschi vincoli ai capi delle amministraziop.i provinciali - per lo più interessati nelle lucrose imprese - poterono, con patti vantaggiosissimi, ottenere l'appalto di tutte quelle opere pubbliche che erano necessarie ad una regione ritardataria di tre secoli almeno sulla via del progresso. Fu una vera curèe; un ballo di milioni ingoiati nella conduttura delle acque, nell'impianto delle * B1b·-:itecaGino B1a'1co

- IOilluminazioni a gas, nella costruzione di porti, di strade e di ponti malfatti e pagati a peso d'oro per due o tre volte. Nella provincia di Girgenti è rimasta celebre la costruzione - per modo di dire - d'un ponte, detto Passo Fonàuto, il quale, rivestito di pietra, era internamente tuttq pieno di ghiaia e, al primo ingrossarsi del torrente, rovinò. Il costrL1ttore.del ponte era un vecchio patriota il quale, influentissimo nelle alte sfere, non pagò per danni il becco d'un quattrino e fu creato commendatore. Questa è storia che non teme confutazione; come sono fatti reali quante al tre enormità verrò esponendo nel corso di questo scritto. Così, da un giudizio pendente :wanti questo Tribunale civile di Girgenti, si rileva come la nostra provincia, per avere una strada vent'anni àopo il tempo stabilito, pagò il 50 per cento più del dovuto, il che sembra non abbia accontentato gli appaltato1·i. Ad ottenere le nuove opere pubbliche - benché fatte ·a rilento, tantochè ognun sa quanto ancora difetti la Sicilia di strade e di ferrovie - occorreva imporre nuove tasse, che piovvero come gragnuola sui contribuenti; così, se da un lato si ebbe una falange di uomini nuovi, arricchiti con appalti e che formarono una borghesia grassa; dall'altro, il contadino e il lavoratore urbano scesero di un altro scalino nella miseria la più squallida; miseria resa pit1 insoffribile dallo sviluppo dei nuovi bisogni, acuiti fra l'alt1•0 dalle coscrizioni militari, prima sconosciute all'isola, e che davano modo di visitare le più belle e ricche città dell'Italia continentale. La formazione di una grossa proprietà terriera. libera dai vincoli feudali, e il conseguente impoverimento, sempre crescente, delle popolazioni lavoratrici furono aiutati dalla quotazione del demanio dei Comuni e dello Stato. Nel 1862 furono distribuiti ai padri di famiglia poveri, e con preferenza ai danneggiati politici, lotti di terreno appartenenti ai Comuni, con l'obbligo della coltura o bonifica e col divieto dell 'alienazione per un numero determinato di anni; pel Comune di Girgenti fu di vent'anni. Essendo i quotisti per lo più poveri, con atti Bib1oteca Gino Bianco

- ll - simulati di affitto - gabella - a lunga scadenza vendettero le proprietà a ricchi possidenti, i quali, pagando in una volta l'intet'O prezzo dei lotti, se li ebbero per un piatto di lenti. Le leggi del 2l agosto 1862 e del 15 agosto 1867 misero all'asta immobili che lo Stato aveva per ragioni propl'ie, o che ~li erano pervenuti dalla Cassa ecclesiastica e dalla soppressione delle Corporazioni religiose. Tali leggi, se, da un lato, non permettevano l'ammissione all'incanto se non di persone che avessero versato il decimo del prezzo dei lotti; dall'altro, davano diritto all'acquirente di pagare l'ammontare dell'aggiudicazione in lunghissime rate, sino a diciott'anni; beninteso che chi pagava con anticipazione otteneva una diminuzione del debito Tutto ciò naturalmente importava che, se i veri proletarii non potevano acquistare alcun lotto, i galantuomini - i signori - disponenti di poche migliaia di lire, potevano con pochi baiocchi comprarsi vastissime estensioni di terra. Nè è detto tutto: le persone più influenti o più temute si mettevano d'accordo e allontanavano gli altri concorrenti dall'asta, che o rimaneva con una sola offerta o andava deserta, e ciò onde ottenere diminuzione di prezzi negli incanti successivi; cose queste che ho voluto constatare leggendo molti verbali d'incanto e richiedendone a persone sulla cui sincerità non può nascere dubbio. Si aggiunga che le terre furono messe all'incanto sul prezzo risultante dal vecchio catasto borbonico, che tassava tenuemente gli immobili; e si comprenderà di leggieri quale immensa ricchezza fu arraffata con pochi denari. E la camorra non finisce qui, chè qualche volta dei campicelli erano rivenduti ai contadini al decuplo del prezzo d'incanto, sicuro il venditore che, o tosto o tardi, i poderi dovevano tornargli in mano per pochi centesimi. B1b·!'>tecaGino B1a'1co

-12IV. Spogliati e spogliatori. - I benefizii del govemo liberale. Qui uu po' cli sosta e cli riflessione. Gli appalti delle opere pubbliche e la quotazione dei beni demaniali avevano arricchito un pugno cli furfanti e di farabutti e Cl'eata una classe danarosa, che, gabellando le sue terre o tagliando le cedole della rendita pubblica, poteva e può virnre, oziando e godendosela, a Palermo, a Firenze od a Roma: poiché l'ignavia, propria dei me1•idionali corrotti e snervati da lunga tirannide, non permette a questi beniamini della fortuna di darsi al la,·oro industriale, che, diffuso nell'isola, avrebbe potuto rendere meno tristi i giorni dei nostri lavoratori; i quali, per la loro condizione, non chiedono, no, riduzione di ore di lavoro, ma pane, a costo anche cli estenuanti fatiche. · Di fronte a questi privilegiati sta la innumerevole massa dei proletari, che, costretta. negli scarsi giorni di lavoro, a un salario irrisorio, e pure ambito da essa, ha pagato e pa~a tutti i tributi che rendono più abitabile e deliziosa la Sicilia, i cui miglioramenti essa non gode; spogliata anche di quegli usi civici - come il diritto di legnatico, di pascolo, ecc. - i quali, da secoli e secoli, erano stati inerenti ai beni demaniali, ora gelosamente custoditi dal più feroce individualismo liberale. Nella pro,·incia di Girgenti, per esempio, c'è un barone Agnello che, padrone di centinaia e centinaia d'ettal'Ì di terreno, ha una squadra cli guardie campestri - dette da un capo ameno guardie d'ono1·e - le quali non hanno altro mandato che d'arrestare i poveri contadini sorpresi a raccogliere rami caduti o spighe nei campi baronali, e cli trascinarli ammanettati, con la 1·efw·ttva, pel paese di Siculiana, perché siano giudicati dai magistrati, avanti cui difende i diritti del ba1·one un avvocato a bella posta stipendiato. Qualche volta però il barone è condannato ai danni ed alle spese. B1boteca Gino B co

- 13 - Dopo quanto si è detto, non è da meravigliare se la nostra plebe preferisce all'attuale il tempo andato, quando almeno aveva la minestra o la pagnotta alla porta del conrnnto, o qualche aiuto pecuniario dalle ricche mense vescovili. Che se ne infischia, la nostra plebe, della illuminazione a gas, dei teatri, della ferrovia, del telegrafo, tutte cose che non può godere e che le inacerbano i bisogni 1 Che ha prodotto alla povera Sicilia la vantata libertà costituzionale 1 Ah! lo dimenticaYO ! Essa ha prodotto gli amministratori pubblici che rubano le terre dei Comuni e delle provincie, compilando bilanci a faYOredelle loro famiglie; ha prodotto i deputati eletti con brogli e con pugni di schede buttate di nascosto nelle urne; ha prodotto i ginnasii ed i licei, d'onde uscì un proletariato intellettuale, che fa ressa alle porte degli impieghi. Tutto questo ha prodotto; lo dimen ticavo! V. L'Irlanda italiana. Concludo: il pOJ?olodi Sicilia, soggiogato e taglie~- giato da secolari dispotismi, non godette mai ai quell'aura di libertà e di prosperità che per tanti anni allietò le città del continente europeo; la sua tradizione furono la povertà, la schiavitù e l'umiliazione, l'iassunte in una espressione tipica comunissima: Voscenza! (Vostra Eccellenza!) rivolta a chi porta cappello. Per la rivoluzione del 1860 - che dovea essere una rigenerazione - il più esoso sfruttamento fu inaugurato per questa terra sventurata, considerata provincia di conquista; i tesori ammassati nei musei, nelle cappelle, nelle chiese, negli antichi palazzi andarono ad arricchire altre regioni italiane, ove il più ingiusto ed infame accentramento profondeva, a spese del mezzogiorno. tutti i vantaggi e le risorse di un'avanzata civiltà - tutto ciò in nome di una retorica « fratellanza italiana», fatta sinonimo di privilegio, di disuguaglianza e di ladroBib1oteca Gino B,a.,co

- 14 - neccio. Ed intanto ai lamenti delle plebi angariate si rispondeva con lo stato d'assedio del 1862, con la legge Pica e con le leggi eccezionali applicate da Medici e da Nicotera. Non un provvedimento d'indole economica o morale; non istituti scientifici e finanziari che valessero a far fruttare tante ricchezze, in modo da creare industrie che se, nel presente regime, sfruttano gli operai, assicurano loro almeno, per buona parte dell'anno, il pane quotidiano e li rendono natural men te organizzati, e quindi, o tosto o tardi, temuti; industrie che aprono la via del guadagno a molte donne del popolo, le quali, se vi trovano stimoli di corruzione, almeno vi trovano anche da vivere; e vivere è il primo problema dell'esistenza! La Sicilia, infelice quanto l'Irlanda, non poteva avere che plebi degenerate, imbestialite, dibattentisi tra la fame e il delitto, tra l'ignoranza e la prostituzione; di lei rende imagine la sua donna del popolo, sudicia, lacera, che po1·ta un bambino su un braccio, e con l'altro il recipiente dell'acqua, attinta molto !unge dalla puzzolente sua tana, ove trova, al ritorno, i rabbuffi e le percosse del marito brutale. Tratto tratto la gran dolente metteva spaventevoli gemiti somiglianti a ruggiti; e si dibatteva nelle convulsioni spasmodiche e sanguinose che ebbero nome Calatabiano, Caltavuturo, Favara; ma ben presto ricadeva accasciata e vinta. Quale stupore, adunque, che queste turbe avvilite, calpestate da tempo immemorabile; assetate di una parola di conforto e d'amicizia; desiose d'un avvenire più umano; alla parola redentrice di alcuni volontari della causa proletaria, ricchi di pensiero e di sentimento, rispondessero con grida di gioia indicibile e con uno slancio misto di abnegazione e di venerazione? Per le plebi sicule i Fasci erano una nuova religione; da essi si attendevano un'era non mai vista di pace e di soddisfazioni fisiche e morali. A tan~ fiducia corrisposero gli organizzatori dei Fasci? E quello che dimostrerò nei successivi paragrafi. B,bi oteca Gino B1a'1co

- 15VI. Propaganda cristiana dei socialisti in Sicilia. Le plebi di Sicilia sono, è vano negarlo, in mano del prete, che le mena ove vuole. Il partito socialista non poteva quindi, d'un tratto, attaccarne di fronte il sentimento religioso, ma dovea profittarne, illustrando la figura del Cristo come quella del primo socialista, nel che, d'altronde, io credo, è una parte di vero. Una diversa tattica sarebbe stata altrettanto antiscientifica, quanto quella dei missionari che s'illudono di cancellare in breve, a furia di predicazioni, le imagini degli idoli e dei feticci dalla mente dei selvaggi. Certo, il vero socialismo, che ha a base la gran legge dell'evoluzione, non può essere che ateo; ma i socialisti siciliani ben sapevano che, conseguito un certo miglioramento economico e morale, le classi lavoratrici avrebbero spontaneamente abbandonato i pregiudizi religiosi, o a dir meglio questi sarebbero naturalmente caduti come una vecchia corteccia si sfalda e cade da un tronco rigoglioso. A che dunque confondersi nel perditempo metafisico della confutazione dei dogmi cattolici 1 Ma il Cristo dei socialisti, umanizzato e perciò reso tanto pii1 grande, più vero e più comprensibile del Cristo delle sacre leggende, servi va a porre in luce le colpe e la condotta anticristiana dei preti, che in più luoghi, come a Piana dei Greci, venivano abbandonati dai contadini, pei quali il Fascio era divenuto la vera chiesa. E la propaganda socialista nel nome del Narnreno aveva oltracciò il vantaggio d'infondere in quelle anime ingenue e religiose un entusiasmo e una passione che- per altra via non si sarebbero facilmente ottenuti.

- 16Conferenze; scuole; ricreazioni. Ma a ciò non dovevano arrestarsi gli organizzatori dei Fasci. A far meglio penetrare le nuove idee sociali e a preparare le lotte con la scheda, nei vasti locali dei sodalizi si tennero conferenze in dialetto e s'impiantarono scuole. Il signor l'iras-Lecca, ~ià prefetto di Girgenti, deponendo al 'l'ribunale d1 guerra di Palermo che i Fasci non ave1·ano scuole né intendevano fondarne, ha detto scientemente cosa non vera: non poteva egli infatti ignorare come (per limitarci alla provincia già da lui amministrata) lo stesso Fascio di Girgenti fece istanza al sindaco per· avere dei banchi ed un maestro; che il Fascio di Campobello chiese a questo Provveditore agli studi che desse facoltà a taluni maestri di quel Comune di dare l<Y.cionai suoi soci; Garofalo aveva aperto la scuola nel Fascio di Siculiana; e Castelli, in quello di Ribera, oltre insegnare a leggere e scrivere, spiegaYa ai soci il Codice penale. Questo povero Piras-Lecca, traslocato da Girgenti come inetto a mantenervi l'ordine (turbato infatti da mille reati), se ne volle rifare ca!unniando i Fasci. Ma passiamo. Con la propaganda ispirata a motti di Cristo, con le conferenze e con le scuole, i socialisti fecero contro il clericalismo e l'ignoranza in Sicilia quanto il Governo in trentatre anni non aveva neppure tentato; e della coscienza acquistata dai proletari diedero poi prova i Congressi. Né di ciò si contentaYano. Il teatro aperto da Bosco, le feste imaginate da De Felice e le fanfare miravano a svezzare gli operai dalle taverne e da anche peggiori ritrovi, allettandoli con ricreazioni educative. Che cosa possono vantare di simile i liberaloni del ,18e del 60, filantropi a ciancie? B1b·nteca Gino B1a'1co

- 17 - VIII. I Fasci e la questione agraria. :Ma l'istruzione e l'educazione a ben poco approdano se non accompagnate da un miglioramento economico. E questo fu infatti lo scopo precipuo dei Fasci. I loro organizzatori si volsero perciò allo studio della questione agraria e mineraria, cui vollero dare nei Congressi un indirizzo eminentemente pratico. - Come ho già detto, i grandi proprietari terrieri della Sicilia, per levarsi ogni noia, danno i loro fondi in gabella a condizioni avare pei gabellati (fittavoli), i quali debbonsi quindi rifare sui miseri contadini, i cui salari, in media, dagli 80 centesimi in inverno, salgono, nell'estate, a L. 2,50 per giornate che raggiungono talvolta le quattordici e le quindici 01·edi lavoro. Altre volte i gabellati subaffittano a patti così angarici, che il contadino è ridotto, alla fine della messe, a tornarsene a casa con la fiocina e qualche sacco di paglia. Patti non dissimili sono imposti dai piccoli proprietari, che certo non la scialano, gravati come sono d'ipoteche e di tasse, le quali ultime raggiungono il 70 per cento del reddito. Pl'imo pensiero dei socialisti fu dunque organizzare tutti i contadini dell'isola, perché non si facessero accanita concorrenza a vicenda. Questo scopo era per raggiungersi completamente. A coronamento dell'opera dovea fondarsi la cassa di resistenza caldeggiata nei Congressi di Corleone e di Girgenti e già in via d'attuazione. Ne derivava che, 11011potendo i piccoli proprietari avere alcun guadagno con le vecchie condizioni d'affitto imposte d&llagrande proprietà, questa doveva riformare i patti colonici, avvantaggiando e la piccola borghesia e il proletariato e smorzando tanti cupi rancori. E già l'atteggiamento calmo e conciliante dei socialisti aveva in molti paesi otteB b· oteca Gino B1a"1co

- 18nuta la riforma dei patti colonici ed evitato sanguinosi conflitti, che prima del sorgere dei Fasci erano scoppiati. Altra riforma impo1•tantissima: nell'isola, come residuo di tante signorie e del feudalismo, sussistono ancora molte disparate misure per gli usi dell'agricoltura. La confusione nei contratti e il danno che ne deriva ai malaccorti contadini sono cosa più presto intuita che detta. - Il Congresso di Corleone decise che, nella conclusione dei patti colonici, la misura dovea essere unica, con ciò dando una lezione al Governo che, affaccendato alla colonizzazione dell'Eritrea, non può badare agli umili bisogni agricoli delle nostre regioni. IX. I Fasci e l'industi-ia. solfifera. Dove però i socialisti diedero prova più completa di quella praticità e di quel tatto che, nei vari ambienti e nelle Yarie condizioni storiche cliogni paese, misura l'intelligenza e il valore di un partito, si fu nella questione solfifera. Da molti anni, in vista delle spaventose crisi minerarie che afflissero queste contrade sicule viventi sulla industria solfifera, si andavano tenendo riunioni e congressi dei coltivatori di solfo ed emettendo voti per migliorare le condizioni dell'industria e sottrarla a quei subitanei deprezzamenti che d'un tratto p1·ovoca11f0allimenti e lanciano nella miseria migliaia di famiglia. E sì, che, lo solfo essendo prodotto esclusivo della Sicilia, dovrebbe riuscir facile regolarne la produzione e stabilirne un prezzo rimuneratore. Ma la miopia e i pregiudizi individualisti-borghesi dei coltivatori di solfo impediscono a questi clivedere ove si annida il tarlo distruttore dell'industria mineraria siciliana: nella proprietà privata del sottosuolo e nei metodi di coltivazione ad essa inerenti. S'imagini una miriade di piccoli e grossi proprietari che, nell'alienazione dei loro fondi rustici, si sono riserbati il diritto del sottosuolo; s'imagini la Bib. oteca Gino B,a..,co

- 19sterminata serie di liti che insorgono - come ben sa chiunque eserciti l'avvocatura in queste contrade - fra gli anzidetti proprietari per ragioni di confini, difficili a precisarsi stante lo sviluppo naturale dei giacimenti solfiferi; e si comprenderà quanti inceppamenti ne soffre l'industria mineraria, il cui probabile prodotto è impossibile prevedere e quindi regolare. Data invece la proprietà collettiva del sottosuolo ed una, non dirò altro, associazione degli industriali, disponente di grandi magazzini sui punti d'imbarco; con una elementare operazione d'aritmetica si saprebbe la quantità dello solfo disponibile, ciò che renderebbe facile fissarne un prezzo adeguato alle fatiche e ai capitali impiegati; prezzo che l'estero non potrebbe rifiutare, non avendo altre solfare ove provvedersi. Ma andate a. parlare di proprietà collettiva o di cooperativa di produzione a questi industriali ingordi, non miranti che ad arricchirsi personalmente la mercè di una concorrenza che sviluppa in essi tutti gli spiriti della combattività più bestiale! Vi ridono in faccia e seguitano ad almanaccare sull'abolizione della tassa d'esportazione dello solfo, su i sindacati, sulla Regìa del prodotto e che so io; cose tutte che non hanno altro merito che di spostare la questione. Il punto vero del problema solfifero non isfuggi al Congresso dei minatori di Grotte; in cui, prima d'ogni altra discussione, si affermò la necessità che la proprietà del sottosuolo diventi collettiva; ciò che valse a smentire la calunnia che nei Fasci si predicasse la spartizione dei beni. Ma i socialisti comprendevano che il collettivismo della terra non s'improvvisa e perciò, nel menzionato Congresso di Grotte, si diedero a risolvere una serie di questioni importantissime e di soluzione più immediata. La prima era. la camorra dei proprietari del sottosuolo, che, senza muovere un dito nè arrischiare un quattrino, prelevano sul prodotto ottenuto un diritto che si eleva fino al 22 per cento, il quale, unito ad una esosa tassa d'esplorazione fatta pagare all'industriale, costringe questo a rivalersi affamando l'operaio. Bib. oteca Gino B,a..,co

-20Riduzione, quindi, della percentuale pagata alla proprietà e abolizioue della tassa cli rinvenimento dello solfo; e, a migliorare sempre più la condizione dei produttori, istituzione di magazziui generali e d'una banca mineraria, intesi a far sparire l'usura di chi anticipa denaro per la lavorazione agli industriali. Così i gabellati delle solfare non anebbero più potuto opporre alle giuste richieste degli operai le solite querimonie d'essere gravati di spese e mangiati dall'usura; ed avrebbero dovuto piegarsi alle legittime pretese degli solfatai, pei quali si stabilì un minimum di sala1·io, la cui tenuità - da L. 1,50 a L. 3 al giorno, secondo le categorie dei lavoranti - mette in chiara luce quanta fosse la pi·udenza dei Fasci. E, per agevolare il raggiungimento dello scopo, si insistette sulla cassa di resistenza e sulla unicità di misura del minerale. Ho riferito per esteso le conclusioni del Congresso di Grotte, per rispondere all'accusa che i socialisti siciliani incitassero all'odio di classe; le deliberazioni concernenti gli industl'iali, i gabellati, provano che i Fasci non movevano guerra alla piccola proprietà, anch'essa vittima del sistema attuale; e che la lotta di ctagse non mirava appunto che a combattere gli errori dell'ordinamento capitalistico conducente all'accentramento dei beni in poche mani e allo sfruttamento del lavoro. Infatti molti piccoli proprietari entravano nei Fasci con entusiasmo e si facevano caldi propugnatori delle idee socialiste. La discussione, al Cono-resso minerario, fu in massima parte sostenuta dagli stessi solfatai, le cui proposte vennero quasi tutte accettate per la loro giustizia, opportunità e praticità; a prova solenne che nei Fasci si andava formando una moltitudine cosciente e disciplinata. E furono gli stessi picconieri - i veri padroni dei carusi - che accettarono la proposta di abolire il soccorso pei carusi, che, venduti per poche diecine di lire dalle madri, diventano veri schiavi, ligi alle pretese di picco• nieri brutali. I carusi avrebbero dovuto essere operai come gli altri, pagati direttamente dagli industriali; e debbo aggiungere a questo proposito che mai, in nessuna riunione di borghesi inte-

- 21 - ressati nella coltivazione dello solfo, ei·a stata fatta la proposta di emancipare i carusi dai picconieri. Questi ultimi invece, educati dai Fasci, rinunziarono spontaneamente ad uno sfruttamento a loro soli giovevole, dando lezione d'umanità al governo liberale e filantropo, che, indifferente ad una forma di vera e propria schiavitù qui ferocemente svolgentesi, pensa ad incivilire gli africani! X. L'azione economica e morale dei Fasci: rias• sunto. Riassumendo quanto sin qui si è discorso intorno all'azione economica dei Fasci, si comprende come essi ebbero per fine immediato una modestissima elevazione economica dei proletari, base a futuri miglioramenti ulteriori; come, acquistando i Fasci una vera personalità giuridica - poco importa se non riconosciuta ufficialmente - sarebbero divenuti, nella loro evoluzione, centri di cooperative, di sindacati operai, di Camere o Borse di lavoro e di scuole e biblioteche popolari. Con questa fitta rete di associazioni i socialisti intendevano quindi risolvere gradatamente il vastissimo problema eco• nomico, intellettuale e morale delle plebi siciliane abbrutite e squallide. Un simile tentativo nobilissimo, dovuto alla iniziativa individuale di pochi, doveva essere applaudito, aiutato da un governo liberale e civile, che delle generose iniziative si proclama fautore. Perchè dunque fu soffocato con le persecuzioni, gli arresti i,n massa, le deportazioni alle isole ed il sangue 1 E quello che ora vedremo. XI. I Fasci alla c~nquista dei Comuni. - Le camarille. - Il Governo in loro aiuto. I Fasci, per la tattica del Partito dei lavoratori tra le cui sezioni erano ascritti in gran parte, e B1bioteca Gino B1a"1co

-22 - per l'attuazione del loro programma speciale, tendevano alla conquista dei pubblici poteri; ed uno dei loro caposaldi era la istituzione del Comune sociale, base della futura società. ed avviamento alla socializzazione dei servizi pubblici. Come primo esperimento delle loro forze, i Fasci meglio organizzati impegnarono la lotta nelle elezioni amministrative del 1893 e in taluni Comuni la loro scheda usci trionfante; in altri l'esito fu assai soddisfacente; meravigliosa, infine, l'elezione di Petrina e Noè al Consiglio municipale di Messina, ove il vecchio partito mazziniano, sentendo la necessità. dei tempi, si è già avvicinato al programma socialista, costituendo un'associazione repubblicano-collettivista con a capo l'ing. De Leo. Le inattese vittorie dei socialisti siciliani, frutto delle loro potenti organizzazioni proletarie, spaventarono il Governo e le consorterie locali, che giustamente temevano fra pochi anni l'invasione del partito operaio e nei consessi amministrativi e nel Parlamento. Ora, per le cricche municipali e provinciali, la perdita del potere sarebbe stata una sciagura irreparabile; perchè in Sicilia moltissimi individui vivono per l'influenza che hanno nelle amministrazioni; benchè sindaci o assessori, essi sono interessati negli appalti delle strade, dell'illuminazione, del dazio consumo, delle esattorie e tesorerie comunali. Nei bilanci sono creati posti o sussidi per i loro parenti; e così si è formata una fitta rete di loschi interessi, che, a guisa di piovra immane, succhia le risorse dei Comuni, delle provincie, delle opere pie. Cose che le varie ispezioni dei regi commissari hanno luminosamente provato. Le vittorie, quindi, dei socialisti avrebbero colpito al cuore le pretese maggioranze locali che, fiutando il pericolo, strillarono come le leggendarie oche del Campidoglio e si diedero un gran da fare, sollecitando provvedimenti urgenti dai loro deputati, i quali, miqacciati anch'essi nei propri feudi elettorali, dipinsero al Giolitti i Fasci come covi di malfattori, per la cui totale distruzione s'inviò alla fine il comm. Sensales. Di costui dovrò occuparmi un po' più in altro B b· nteca Gino B,a.,co

- 23 - mio lavoro; per ora dirò solo che il famoso direttore generale della polizia, dopo aver segretamente espresso l'opinione che bisognava arrestare i capi dei Fasci, dai suoi intimi amici della provincia di Girgenti si fe' mandare un indirizzo a stampa in cui i Fasci erano denunziati come associazioni a delinquere e s'invocava l'applicazione dell'art. 248 del Codice penale. Come dimenticava il Sensales che proprio parecchi degli ispiratori dell'indirizzo erano stati indicati dal Nicotera nel 1876-77 come gente degna d'essere ammonita e se ne salvarono colla fuga?! Pubblicamente intanto, la vecchia volpe andava ridicendo che i tempi erano mutati e conveniva pensare ai contadini ed agli operai, i cui interessi stavano a cuore al Governo .... Sì, il Governo, che non aveva mai pensato ai proletari siciliani, si avvedeva dell'esistenza di una questione siciliana proprio proprio nell'anno di grazia 1893 ! Dove mirasse tutta questa commedia è facile intuirlo .... Ma non precipitiamo. XII. Prime persecuzioni. - Creazione di reati e di rei. - Riluttanze di alcuni magistrati. Dal giugno 1893 le persecuzioni contro i Fasci eransi fatte accanite. In qualunque pii1 innocente passeggiata, senza grida, senza gonfalone, la polizia vedeva una « riunione pubblica », una« processione civile }}; e subito chiedeva l'applicazione degli articoli 1 e 7 della nuova liberalissima legge di P. S. ai pretori, che non so quante migliaia di lire fecero incassare all'Erario per ammende infii tte ai Fasci. Ogni domanda di aumento di salario fatta in comune dai contadini, che si rifiutassero a lavorare per pochi soldi, era uno « sciopero con violenza }}. A provare il partito preso di perseguitare i Fasci per dritto e per traverso, mette conto citare qualche esempio di dibattimenti svoltisi innanzi al Tribunale penale di questa Girgenti ov'io dimoro. B,b.oteca Gino B,a..,co

Nel giugno 1893,nella piazza principale di Licata, stavano riuniti numerosi mietitori accorsi da vari paesi, e i quali, non volendo lavorare circa quindici ore al giorno pel salario di 80 centesimi, piantarono su un bastone un cartello, con la scritta: L. 2. Era la loro richiesta, era il prezzo a meno del quale non pareva loro giusto di dover lavorare. Avvenne che, un mietitore avendo pattuito per suo conto un ealario più basso e un altro avendonelo redarguito, nacque un alterco tra quest'ultimo e un 'rizio che, come un libero-scambista della scuola di Manchester, proclamava la libertà. della prestazione d'opera. I carabinieri, tosto intervenuti, pigliando un granchio a secchio, agguantarono l'oscuro libero-scambista; la folla prese a gridare: « lascialo! lascialo! », i carabinieri fecero qualche· altro arresto, seguìto dallo stesso grido e da qualche sassata che non ferì anima viva. Allora il delegato di P. S. si lancia nella folla con lo stocco in mano, provocando i mietitori che sta,•ano queti e che l'avrebbero potuto stritolare coi suoi pochi gendarmi; poi, tutto tronfìo della sua spavalderia, stende un verbale all'autorità. giudiziaria nel quale, addebitando i fatti al Fascio, lo denunzia come associazione a delinquei·e e accusa un socio del vicino Fascio di Canicattì di aver tenuto discorsi rivoluzionari. La Camera di Consiglio scartò la pretesa associazione a delinquere e rinviò, per oltraggio alla pubblica forza e per attentato alla libertà del lavoro, avanti il Tribunale, il quale, con pronuncia 19 ottobre 1893, sentenziò che in quel tumulto, provocato dall'ingordigia dei borgesi - grossi proprietari di campagna - il Fascio non avea che vedere e l'assolvette; non senza notare nella sentenza come il famoso tribuno della rivoluzione sociale fosse un personaggio fantastico, non esistito che in mente del delegato. A Siculiana, il barone Agnello, a mostrare che senza bisogno d'assedio si può pigliare un paese per fame, ha introdotto, per la coltivazione delle sue estesissime vigne, il cottimo, detto staglio. Per lo staglio il lavoro delle vigne è affidato a pochi individui robustissimi, i quali, facendo la Bib. oteca Gino B,a.,co

concorrenza agli altri lavoratori, debbono in un tempo determinato compiere i lavori con cosi straordinaria fatica - rimunerata assai meno del consueto - che parecchi, a detta di testimoni rispettabilissimi, ne muoiono o di tisi o di polmonia. I contadini esclusi dal cottimo - e sono la maggioranza - usano andare a frotte nei fondi dei proprietari di Siculiana, chiedendo per carità qualche giornata di lavoro, pagata a stracciamercato. Nell'ottobre 1893molti contadini recaronsi infatti alle vigne del barone Agnello a chiedere lavoro. Nessuna violenza fu usata, come dichiararono gli stessi impiegati del proprietario. Ma a Siculiana c'era un Fascio importante, e non si dovea perdere l'occasione di intentargli un buon processo per « sciopero violento » (! ?) - sciopero, per chi chiede lavom! Il Tribunale però non vide nei fatti denunziati alcuna colpa del Fascio e, con sentenza 17 dicembre 1893, assolvette tutto il Consiglio direttivo. Se ne vuole di più? A Comitini i solfatai ricusarono di lavorare a certe dure condizioni; in questo sciopero si Yolle vedere l'opera nefanda del Fascio e lo si processò per attentato alla libertà del lavoro. Il Tribunale, con sentenza 15 novembre 189:l, dichiarò non luogo a procedere per inesistenza di reato. (') (') Dobbiamo osservare all'egregio avv. De Luca che queste denuncie non ci sorprendonc, affatto. Agli alcuni ,isempi che egli cita noi potremmo porne a risco1!tro un numero ben maggiore, e anche di gran lunga più rh•oltanti, tolti dalla nostra esperienza professionale degli ultimi anni nel Milanese, nel Comasco, nel Varesotto, ecc., dovunque si iniziò in quall';iasimodo un movimento operaio. 1 metodi sono sempre gli stessi: mutare qualsiasi più pacifica raunata di scioperanti in atto di violenza; denunciare per minacce i consigli, le preghiere, le discussioni; inventare i sobillatori, ecc. La polizia fa il suo do\'ere e dà mirabile esempio di disciplina mandando I suoi agenti a recitare tutti nei dibattimenti la stessa cantileno, contro la quale non v'è deposto che ,·alga, per quanto preciso e concorde, dei testi a difesa, naturalmente per lo più compagni di lavoro o cor.-::pagnidi classe degli imputati e perciò ritenuti sospetti a priori come cointeressati. Quello che ci sorprende è invece come si siano trovati, in Sicilia, tribunali che dichiarassero in questi casi non luogo a procedere, Ecco un fenomeno che r.ell'alta Italia non cì consta sia B1b otecaGinoB1a..,co

XIII. Maggiori provocazioni. steltermini. L'imboscata <li CaI processi, adunque, imbastiti su falsità ed esagerazioni, non secondarnno abbastanza le mire dell'autorità di P. S. Si pensò allora di spingere i Fasci fuori della legalità, e il metodo fu sottilmente gesuitico, come dimostrano i fatti di Casteltermini, il cui retroscena. se non può essere dimostrato con documenti, fu già svelato da vari giornali e a me confermato in ogni suo particolare da persona de• gnissima di fede e addentro alle segrete cose. Si stabilì, dunque, fra la prefettura e i maggiorenti di quell'importante Comune, di fare larghe promesse ai contadini del Fascio - il più numeroso della provincia girgentina - per modo che i fa• ,cisti, ringalluzziti, presentassero condizioni non accettabili nella modificazione dei patti colonici. I proprietari avrebbero ad un tratto resistito, provo· cando un tumulto da parte dei contadini, che in massa sarebbero stati arrestati dalla forza pubblica pronta ad accorrere. Lo stratagemma riusci.(') mal avvenuto, tranne in un caso per opera di un giudice anziano che a,·eva già chiesta la giubilazione. F"orse si ispiega col fallo chf', per quella selezione servile che regna nel potere giudiziario e che è affidata ai procuratori del re, di solito i nostri giudici meno proni alle infamie deJJa polizia vengono traslocati per J>unizlone per l'appun,o in Sicilia. Saremmo curiosi di sapere dove diavolo abbiano potuto trasloc.tre i magistrati di Girgenti che hanno emesso le sentenze menzionate ctall"a,,.,. De Luca. Vero è che ai giudici ordinari vennero bentosf.o soslituiti i Tribunali di guerra ed ora si annuncia che il Criispi,per quando imrà tolto lo stato d'assedio in Sicilia, pensa a mandare laggiti i miqliort funzit,nari del Regno. Il significato di cotesto aggetth10 non lascia luog,> ad equivoci. (Nota della CRITICA SOCIALE). (') Nella V' parte della trilogia : La t,·fpltre tnca,·naztotie dt 7'ibu~, (veggasi la nostra biblioteca dt propoganda), PUPIL'O 1 1 R.ATTI ha lumeggiato appunto la tipica imboscata di Caatelter. mini. (Nota della CRITICA SOCIALI!:). B1bioteca Gino Bta'1co

- 27 - I fascisti furono invitati ad una l"iunione in Municipio; un pa:::zo (un pazzo autentico, già ricornrato al manicomio) certo Mondello, abilmente messo su, cominciò a nome del Fascio a fare proposte evidentemente premature; i prop1·ietari le rifiutarono; di qui grida, proteste, baccano e intervento dei soldati, dalle cui mani la folla strappa i;rli arrestati. L'agitazione cresce, il momento si fa scabroso; si grida d'andare a casa del presidente del Fascio, il maestro comunale Bivona, che dalla finestra, pur affermando i diritti del proletariato, invitò alla calma. Lo si prega di scendere sulla via e con belle maniere lo si arresta - lui che avrebbe potuto impadronirsi di Casteltermini, dalla cui popolazione era idolatrato! Che il contegno di Bi\'ona fosse stato de' più corretti lo confermò allo scl'ivente e al signor Caratozzolo. cassiere del Fascio agrigentino, il signor Pellitteri, proprietario di Casteltermini e non tenero del Fascio. Arrestato il Bivona, si credette raggiunto lo scopo; ma a presiedere il Fascio fu chiamato il Di Napoli; anche questi dopo poco tempo arrestato e sempre per denunzia calunniosa; infatti il 'fribunale lo rimise in libertà. XIV. Ultime calunnie ed insidie. - Chi promosse i disordini ed a chi giovavano. - Quel che avverrà. Da tutto ciò e da tanti episodi consimili, che per necessaria brevità lascio nella penna, si ha ben diritto di concludere che, se i tumulti scoppiati sulla fine del 1893 avevano radice nei disagi divenuti insoffribili e nei quali soffiarono i partiti amministrativi d'opposizione, pure le cosidette « maggioranze » locali e l'autorità politica li determinarono pensatamente, spingendo con agenti provocatori le popolazioni rurali ad incomposte violenze, onde aver agio di intervenire con la forza, che di giorno in giorno si aumentava con invio di soldati. B1bhotecaGino B 3"CO

- 28 - Così, per dare un fatto, l'amico Fontanazza, presidente del Fascio di Castrogiovanni, pochi giorni fa mi confidava che due agenti di P. S. travestiti eccitavano alla rivolta i soci del suo Fascio; ed egli, scovertili, li fece partire in fretta ed in furia. Ma è superfluo indugiarci su coteste minuzie, mentre è ormai risaputo che la riunione del Comitato centrale dei Fasci nel dì 5 gennaio 1894 fu consigliata ed applaudita dal questore Lucchesi, che sapeva già dello stato d'assedio e il quale, arrestatici, riferì che il 6 novembre 1893 noi congiuravamo a Palermo, mentre Pètrina, Montalto e l'autore di questo scritto provarono con documenti che quel giorno si trovavano nei paesi di loro domicilio. Calunnia che non può stupire, ove si paragoni a quella di Crispi, che, con la coscienza del perfetto e più sfrontato bugiardo, non si peritò di attribuire ai Fasci in pieno Parlamento un p1·oclama ridicolo e mene antipatriottiche. I Fasci, che, pel popolo siciliano fecero ciò a cui non avevano mai pensato tutti i ministeri di destra e di sinistra; i Fasci che coraggiosamente avevano imposta alla pubblica opinione una questione siciliana, mettendola nei suoi termini veri, annunziavano la fine delle camorre, delle spoliazioni, degli abbrutimenti morali, sui quali si innalzava una classe privilegiata che facea capo, co' suoi deputati, a Roma. I Fasci, per vincere, non avevano bisogno di violenze; essi, in poco più d'un anno di esistenza, avevano conquistato Municipii come quello di Catania, e mandato rappresentanti alla Camera. A che avrebbe1·0giovato le violenze, se non alla loro rovina? Ma a rassicurare le vecchie consorterie, bisognava distruggerli questi Fasci, disturbatori delle letizie e dei sonni dorati di pochi gaudenti; bisognava distruggerli anche assassinando i loro capi pii1 influenti, commettendo una strage d'innocenti, calpestando in ogni peggior modo le libertà statutarie. E il gran delitto fu commesso da un uomo che non seppe, per tutta la sua vita, che cianciare di patria e di libertà. Ma a che si è approdato? Le cagioni che generarono il fulmineo formarsi Bib· oteca Gino B1a1cc

-:20dei Fasci permangono, fatte più profonde e più stridenti, inasprite dallo stato d'assedio, sotto cui abbiamo visto centuplicarsi i furti, le rapine, gli omicidii. I Fasci perciò risorgeranno; è fatale! Risorgeranno senza bisogno dei sobillatori del Comitato Centrale o di altri capi, perchè rispondono ormai a profondi bisogni delle nostre plebi risorte a una vera coscienza dei propri diritti. E se i soprusi e le violenze più imperverseranno, allora avverrà tutto ciò che i socialisti siciliani hanno voluto e tuttora vogliono, con ogni loro possa, scongiurare. E fatale! Gi1·;e111i,maggio 1894. B1b1oteca Gino B1a'lco

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