Francesco De Luca - I Fasci e la questione siciliana

- 13 - Dopo quanto si è detto, non è da meravigliare se la nostra plebe preferisce all'attuale il tempo andato, quando almeno aveva la minestra o la pagnotta alla porta del conrnnto, o qualche aiuto pecuniario dalle ricche mense vescovili. Che se ne infischia, la nostra plebe, della illuminazione a gas, dei teatri, della ferrovia, del telegrafo, tutte cose che non può godere e che le inacerbano i bisogni 1 Che ha prodotto alla povera Sicilia la vantata libertà costituzionale 1 Ah! lo dimenticaYO ! Essa ha prodotto gli amministratori pubblici che rubano le terre dei Comuni e delle provincie, compilando bilanci a faYOredelle loro famiglie; ha prodotto i deputati eletti con brogli e con pugni di schede buttate di nascosto nelle urne; ha prodotto i ginnasii ed i licei, d'onde uscì un proletariato intellettuale, che fa ressa alle porte degli impieghi. Tutto questo ha prodotto; lo dimen ticavo! V. L'Irlanda italiana. Concludo: il pOJ?olodi Sicilia, soggiogato e taglie~- giato da secolari dispotismi, non godette mai ai quell'aura di libertà e di prosperità che per tanti anni allietò le città del continente europeo; la sua tradizione furono la povertà, la schiavitù e l'umiliazione, l'iassunte in una espressione tipica comunissima: Voscenza! (Vostra Eccellenza!) rivolta a chi porta cappello. Per la rivoluzione del 1860 - che dovea essere una rigenerazione - il più esoso sfruttamento fu inaugurato per questa terra sventurata, considerata provincia di conquista; i tesori ammassati nei musei, nelle cappelle, nelle chiese, negli antichi palazzi andarono ad arricchire altre regioni italiane, ove il più ingiusto ed infame accentramento profondeva, a spese del mezzogiorno. tutti i vantaggi e le risorse di un'avanzata civiltà - tutto ciò in nome di una retorica « fratellanza italiana», fatta sinonimo di privilegio, di disuguaglianza e di ladroBib1oteca Gino B,a.,co

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