Pensiero e Volontà - anno III - n. 16 - 10 ottobre 1926

PENSIERO E VOLON1 A, H79 .dapno della propaganda. Alcuni credevano che dei «grossi colpi» pote:vano mettere forti .somme a disposizione della propaganda. Niente di tutto ciò. be qualcuno ne fu effet~uato, quasi tutto il danaro dovè essere speso per assicurare la fuga ai suoi autori o aiutare gli arrestati. La propaganda vi perdette degli uomini senza guadagn~r niente in danaro. Qualche volta poi j l danaro fu adoperato in modo assai peggiore. Certo, la morale varia a seconda dei tempi, dei 1 uoghi e delle circostanze; ed ha molto mutato nel corso dei secoli. Se giudichiamo ciascun atto dall'unico· punto di vista. di ciò che è bene e ciò che è male, corriamo il rischio di discutere all'infinito senza arrivare mai ad una conclusione. Ma possiamo giudi-- earre della moralità di certi atti dalle loro conseguenze, dagli effetti che ne scaturiscono a danno o a vantaggio degli altri. Ci sono atti, per esempio, che nuocciono o possono nuocere solo a chi li compie; e per essi noi non abbia1no a preoccuparci, anche se quegli atti personalmente ci ripugnano. In tal caso il « fa ciò che vuoi » di Rabelais è la migliore norma. Però vi sono atti che nuocciono a sè e agli altri; e ve ne sono, i cui effetti giovano magari a chi li com1 .11e. ma nuocciono a coloro che li subiscono. Ed in questi casi abbiamo il diritto di giudicar h come cattivi. Per quanto partigiani di un s1ste111a sociale basato sulla libera volontà di ciascuno. abbiamo il diritto ed il dovere di qualificare buoni gli atti che facilitano il progresso dell'ordine sociale che desideriamo instaurare e cattivi quelli che intralciano le relazioni sociali e mettono gli uomini gli uni contro gli altri. Tale è la morale nostra, che non può essere la stessa della società borghese. la quale fa determinare la sua morale dagli interessi di coloro che possiedono la ricchezza o il potere. A questa morale. che in fondo è la negazione di ogni morale, si a,yvicinano coloro che mettono il proprio (( io » innanzi a tutto e so-- stengono che la propria individualità ha diritto a svilupparsi senza tenere alcun conto della personalità altrui. Ciò, anche se si copre della maschera dell'anarchia, è la completa negazione di questa; e coloro che propugnano simili teorie non sono anarchici nè fl vol uzionari. L1 A. si diffonde anche su _altri argomentj (per esempio egli parla anche del neomaltusianismo e ne deplora le esagerazioni), e cita i bi i ec ir o Bian o altri episodi della sua 1 unga vita di propaP:anda in appoggio alle proprie opinioni. Rifiutando recisamente l'epiteto di individua-- lista! e dichiarandosi comunista anarchico, riconosce però che anche l'epiteto di « comuniRta » oggi implica qualcosa di più e di diverso del significato che noi gli diamo. Per l'iò egli conclude col dire che preferisce dirsi semplicen1ent,e anarchico, con la condizione . ospressa che si debba avere una concezione ùhiara di ciò ·chB con questa parola si vuol si-- gnificare. CATILINA. Gat1iosità stottiGhe I giornali hanno parlato in auesti ultimi tempi delle vicende dell'Antologia di Firenze, . la n,ota rivista fondata da Gian Pietro Viesseux nel 1821 e soppressa dal governo granducale toscano nel marzo del 1833. La rivista fu sQppressa per istigazione del giornale La Voce della Verità di Modenta (giornale anstriacante e clericale del tem.po), la quale la fece in quell'occasione da agente provocatore. Però chi più .premè sul governo del 1 Granduca furono gli ,ambasciatori cl'Austrra e di Russia. ' Gli articoli che in special 111odo avevan provocata la soppression-e er~no sta ti : uno studio sullé opere del Romagnosi per una frase in cui si diceva che il Romagnosi aveva conservata l'anima intemerata e sopportate con rassegnazione le ingiustizie e la povertà; uno scritto su delle tragedie del Pellico, con una allusione all'irnmensa sciagura- della sua condanna da parte dell' Austr1a; e in fine una recensione della Storia d'Italia del Balbo, perchè a proposito di Carlo ,1\1.agno si alludeva alla ignorante e sospettosa tiramnide e ba,rbarica noncuranza degli antichi imperatori tedeschi verso l,Italia. Pochi giorni fa, scartabellanòo 1n una libreria antiquaria, mi fu mostrato dal libraio un foglietto bianco ma ingiallito dal tempo, del formato di mezza pagina ai questa rivista, intitolato « Bollettino del 28 Marzo 1833 », senza firma nè nome di tipografia, in cui era stam·pato quanto segue: Sabato 23 MMzo ogni sensata Perso1 na si indispettì leggendo nella Vùce della Verità un 11,U,qvoarticolo di cultu.nnia o d'accusa con tro l'Antologia. Questo giornale t,he da doaici arini so- ,.

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