Pensiero e Volontà - anno III - n. 10 - 16 giugno 1926

• • PENSIERO E VOLONT-J\.' 223 . Non ~i tratta d'imporre nic;ute· a1 nepoti. E' da sperare, ripeto, ch'essi faranno meglio dì noi ; ma noi dobbiamo fare oggi quel ohe ·sap, piit1no e possiamo, per vi vere noi, e per lasciare ai nepoti qualche cosa di più che belle parole e vaporose aspirazioni. E' uno stato d'animo che, malgrado molta propaga!) da in contrario, persiste anco;a in parecchi compagni e che, secondo me, sarebbe urgente cambiare. La convinzione, che è anehe la mia, della, necessità dì una rivoluzione per eli1nìnare le . forze materiali che stanno a difendere il privilegio e ad impedire ogni reale progresso soeiale, ha fatto sì che mo-lti han dato importan .. ia esclusiva al fatto in8U1Tezionale senza, pensare a quello che bisogna fare perchè una insurrezione non resti uuo sterile atto di violen , za a cui poi verrebbe a rispondere un altro atto di violenza reazionaria. Per questi compagni tutte le questioni pratiche, le questioni di° organizzazione, il modo di provvedere al pane quotidiano sono oggi questioni oziose: sono cose, essi dicono, che si risolveranno da sè, o le risol verann_o i posteri. Ricordo il 1920, quando ero incaricato della direzione di Uman1ità 1Vova. Era l'epoca in cui i socia.listi cercava110 d'impedire la rivoluzione, e purtroppo vi riuscirono, dicendo che, 1n caso di movimento insurrezionale, le comunicazioni coll' estere sarebbero interrotte e che saremn10 morti tutti di fame per mancanza di grano : vi fu perfino chi disse che la rivoluzione non si poteva fare perchè in Italia non si produce cauccit1 ! Io, preoccupato della questione essen_ ziale dell'alimentazione e convinto che la deficienza di grano si poteva compensar~ utilizzando tutte le terre disponibili per la cultura di piante e semi nutritivi a rapido sviluppo, pregai il nostro compagno dottor Giovanni Rossi, agronomo provetto, di scrivere una serie di articoli con nozioni pratiche di agricoltura dirette appunto allo scopo che avevamo in vista. Il Rossi gentilmente lo fece. Era cosa evidente.ment~ utilissima; ma era cosa pratica e perciò non 1-')iacque a tutti. ,ri fu un compagno, irritato perchè io gli avevo rifiutato l'inserzio, ne non so più se di una poesia o di una novel, la; il qua.le mi disse bruscamente: « Già, tu preferisci che in l]manità Nova si par li di ara, tri, di ceci di fagioli di cavoli e simili scior- , ' chezze ! ». Ed un altl'o compagno, che la pretendeva allor:t a super-anarchico, tirava incoscientemente la conReguenza logica di quello stato d>animo. ibli0teca Grno • 18 CO Messo colle spalle al muro in una discussione, come quella che :facciamo adesso, mi rispose: « Ma queste sono cose che non mi riguardano. A provvedere il pane ed il resto ci debbono pensare i dirigenti ». E la conclusione è proprio questa: O alla riorgan1 zzazione sociale ci pens1 amo tutti, ci pensano i lavoratori da loro stessi. e ci pensano subito, mano mano che vanno distruggendo il vecchio, e si avrà una società più umana, più giusta, pii1 aperta ai progressi futuri; o ci pen, seranno « i dirigenti » ed avremo un nuovo governo, ·che farà quello che han :fatto sempre i governi cioè farà pagare alla massa gli scarsi ' e cattivi servizi che rende, togliendole la libertà e lasc1 andola sfruttare da parasRiti e priviJegiati di tutte le specie. .ERRICO MALATESTA. Còsndi etaozni i sulal'rte l\{i affretto ad avvertire che, parlando di arte, non ho cert~ la pretesa di dire cose: nuove. n1aL grado ne sia così va.sto il campo, innumerevoli Je n1anifestazioni e 111ultiple le coucez1on1. \' 01Tò se11Jplioemente precisare alcune idee che ho fatte 1ui~, e non altro. A.nzitutto, io credo con Riccardo Wagner, che fu uno dei più gradi genii artistici, che bisogna ,, approfondire il significato deil' Arte come ri. su.ltato della vita comune, riconoscere nell'Arte un prodotto sociale ». Per W agner, potente individuali ta co1ne .poche ve ne sono :state al mondo~ l'Arte non può essere che la manifesta_ 7.Ìone di un 1anima colletti va: « ·l'espressione lih€- ra di una comunità libera, - egli dice, -. perchè la vera Arte è la pitt alta libertà e no11( può proc;lan1are che, la libertà più alta, non può lasr-iar nascere alcuna autorità, alcun potere, in una parola niuna forza antiartistica ». Que<:-ta concezione non è altra cosa che la fu_ . ione armonica delle dne grandi icl€e di solida- . riotà e di libertà: C'he· precisamente l'Anarchia cercv. di realizzar,e 1 111 t,11tti i campi della vita umana. * * * La. più alta manifestazione dell'Arte che il n.ondo abbia conosciuto fu il teatro greco, che associava poeti, artjsti, mi1ni, tragici, cantori, danzatori ed una folla enorme1 di trenta mila spettatori in uno s~sso culto della bellezza delle forme, del1a grandezzti dei sentimenti e della più nobile gioia. Quelli che sognano un'arte aris~ratica, ac-

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