Pensiero e Volontà - anno III - n. 9 - 1 giugno 1926

• 21! PENSIERO E VOLONTA' gna :fare una terza. edizione, - e buon per noi, ancora, se tutto finisce lì. Ecco com'è che ci sian10 ricordati che f acciamo anche una « rivista di coltura generale » ! Per evitare di rien1pire, con la fretta in~- vitabile che c'è dopo un sequestro, il nostro fascicolo o con degli articoli che ci procurano un secondo o un terzo sequestro, oppure con roba sciatta o con avvisi librari, ecc. abbian10 pensato di adottare una nuova rubrica, come una specie di appendice storica o scientifica o letteraria nella quale trovi posto sempre qual- , che scritto serio e di valore che, contribuendo a diffondere ]a coltura, sfugga nonostante ai pericoli dell'ora che volge, per essere riproduzione o traduzione di cose lontane dalla politica, o per lo 1neno lontane da certi argomenti e. da certe attualità per loro natura sempre un po'.... infiammabili. Pubblicheremo questi scritti preferibilmente nelle seconde edizioni; oppure, dopo averne pubblicata una parte nelle -prime, aggiungeremo nelle seconde tanto del seguito quanto occorrerà sostitliire gli scritti che si saran dovuti togliere a causa del sequestro. Ma la pazienza che non manca a noi, bisogna l'abbiano_ anche i nostri lettori. In una rivista quindicinale, pubblicare degli scritti in continuazione può sembrare stucchevole. 1'1a se s'avrà la costanza di tener da parte i :fascicoli per leggerli poi tutti insieme, osia1110credere che anche tali scritti saranno ·trovati interessanti ed utjli. Inoltre, per gli scritti che andranno sotto questa rubrica, i lettori dovranno comprendere che non potremo fare 1 a scelta in modo che siano sempre in tutto e per tutto in armonia col nostro programma politico e socj ale. Spesso riprodurremo lavori di gente molto lontana da noi, di avversari; e allora bisognerà non badare a qualche stonatura o stortura, quando la cosa non sia così grave da richiedere una nota redazionale. Il primo scritto. di cui cominciamo la pub• bìicazione in questo numero è un magnifico studio del celebre patriotta italiano GiusepPe Ferrari su J. P. Prondhon. Queisto scritto fu pubblicato per la prima ed· unica volta nella Nuova Àntolog 1 ia che allora usci va a Firenze, nel fasci colo di aprile del 1875, un anno prima che ìl Ferrari mo- . 1·1sse. Bisogna avvertire che quando GiUJ,eppe Ferrari scriveva questo suo lavoro non era Biblioteca Gino Bianco più il Ferrari, caro al nostro spirito, <lel 1848; non ·era più il rivoluzionario, il repubblicano :federalista, l'intransigente di prima del 1860. Egli. che aveva tanto criticato Maz .. zini rimpro·verandogli talvolta un ·soverchio spirito di opportunismo, ormai era andato tanto in là per questa via da superare anche quel limite oltre il quale Mazzini non volle 1nai passare. Noi_ che per pensiero ci se~tiamo molto più vicini - s'intendan queste parole col proverbiale granello di sale - al Ferrari,. per senso di di,gni tà e per nobiltà della con• dotta vediamo Mazzini assai più in alto, e co• 111e esen1pio ·morale peref eriamo questi a quegli. Ma ormai, a cinquant' anni di distanza, queste distinzioni sono superate. Anche i cantì ci vili di Carducci noi li leggia1no oggi, e ci e~altano senza che il ricordo delle sue palinodie politiche ci turbi più. Con pari sereni-. tà leggiamo gli scritti del Ferrari senza pensare alla differenza che v'è tra il Ferrari del ~48 e quello del '75. Purp ci co1Te l'obbligo di ricordare al lettore la data in cui lo scritto su Proudhon si pubblicò, perchè così si spiegano certi giudizi, certe aff erma,zioni e divagazioni, che certo l'autore della « Filosòfia della Rivoluzione» non avrebbe scritto vent'anni prima. Nel i875 ìl Ferrari aveva da uµ pezzo passato il Rubicone, avev·a accettato d'essere deputato - mentre tutti i repubblicani restati tali, come Mazzini e Cattaneo, avevano sempre rifiutato di andare alla Can1era - e, mentre scriveva questo studio s\ll Proudhon, era già Senatore del Regno. Anche intellettualmente. del resto, il Ferrari del 1870 er·a molto invecchiato e non aveva più il vigore nè la lucidità di pensiero di un tempo; si era fossilizzato in schemi dottrinari ormai privi di vera vitalità. La sua coltura restava eno1·n1e_,il suo stile comunicativo; ma gH mancava ormai la fiamma della fede. Era già uno scettico, non più soltanto nel senso filosofico; e ciò egli implicita1nente a,mmetteva nell' ultimo libro ·che scrisse sui « Periodi Politici » quando finiva col concepire le rivoluzioni come qualcosa di meccanico e dichiarava che andando in trac·cia dell'uomo libero aveva trovato l'uomo macchina. Fo1·se la sua involuzione politica si deve più che altr0 a questo adagiarsi del suo cervello in una concezione sterilmente meccanicista. Ma lo scritto su Proudhon, che qui rip1·u-- duciamo, partecipa~ meno di tutti gli altri ~critti di quell'ultimo r.eriodo, della involu • zione cui abbiamo accennato. Al contrario in

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