Pensiero e Volontà - anno III - n. 9 - 1 giugno 1926

.. PENSIERO E VOLONTA' 203: tinuano a dirci: << Ma perqhè non, andate in Russia a vedere voi stessi 1 », Rispondiamo: A parte le difficoltà, più o 1neno superabili. di mezzi, passaporto; ec·c., 1~ proposta ci sembra, semplicemente buffa, fino a quando non vi sarà in Russia libert~ di stampa e di corrispon qenza coll' e~tero. Come mai potrebbe il Governo russo lasciar vedere tutto a stranieri che poi di.rebbero P sta,1nperebbero quello che hanno veduto, daJ. momento che ha paura che quelle cose si stam· pino in Russia o si comuniohino per lettere, 1 ! N. d. R. la tiirn11ion~. n r ruanizzazion~ anarchailcl'aestero Il mio articolo sull' « idea anarchica dell' organizzazione » del numero scorso· mi ha procurato alcuni consensi che mi han :fatto molto piacere; ma più dei ·consen8Ì mi giova oggi qualche nota di dubbio, se non di dissenso, che mi dà modo di spiegarmi meglio e di applicare al caso pratico le idee che la volta passata dicevo da un punto di vista generale e teorico. V'è un amico, per esempio, che da_ Parigi mi scrive: « Sì, per l'Ita.lia tu hai ragione, e f inchè ero costà ho partecipato alle nostre organizzazioni; n1a qui è un'altra cosa: quj vi sono tanti buoni compagni che a solo parlar di organizzazione si irritano e coi quali invece è necessario andare d'accordo per tante necessità. contingenti. Io preferisco, qui, non par lare di organizzazione per cooperare alla ma;ggiore unione possibile fra anarchici di tutte le tendenze ». Bisogna precisare che per organizzazione il mio amico intende la « Unione Anarchica I .. taliana », di cui egli era qui uno degli elementi più attivi, a differenza di me, - e lo dico perchè egli potrebbe 'purtroppo rimpr°' verarmene non del tutto a torto, - costretto come son-o da parecchio tempo per circostanze ambientali e personali ad aderirvi appena spiritualmente e ad occuparmene solo per difender la nei giornali. Ma forse per questo mi viene più spontanea la domanda se, creòendo buona una cosa, ci si debba rinunciare proprio là dove le circostanze avverse non esistono o sono di molto minori !... Nel discorso dell'amico mio, pur così breve, trv·o una infinità d'argomenti di discussione. ibli teca Gino Bia co lJasciamo da parte quelli che sarebbero una· ripetizione del mio 'articolo precedente, fra· cut primo· che la pratica dell'organizzazione libertaria come la sua propaganda non sono una parte secondaria ma precipua, delle più in1portanti, della d(?ttrina anarchica; e rinunciarvi equi varrebbe, secondo me, ad una, vera e propria transazione coi nostri principi. Forse il mio amico lontano è troppo dominato dal timore dei dissensi. Ma io non carisc9 come si possa temere dei dissensi di metodo, quai:i.do si sia disposti a discutere con senso di lealtà e spirito di amicizia. Ciò che danneggia è la discussione astiosa, che su p ... pone sempre una malafede e subdole intenzioni nel contradditore, non quella che presuppone la r~ciproca sincerità e la comune intenzione di giovare alla stessa causa. Io non sono certo un. tiepido sostenitore della concezione socialistica e organizzatrice dell' anarchismo; c'è anzi chi mi ritiene su ciò un srt tario. Ad ogni rnodo io ho sempre difeso il mio punto di vista con calore senza stancarmi mai; eppure ciò non 1ni ha impedito d'essere amico di più d'un individualista ed antiorganizzatore, non solo, ma - senza cedere d1 un pollice sulla mia tesi - non •mi ha impedito di cooperare con qualcuno di essi· intorno a diverse iniziative, anche lunghe, di cultura, di propaganda e di azione libertaria. Anche in Italia vi sono, e non soltanto al1; estero, .ottimi compagni che - dissentono da noi su questa questione dell'organizzazione, e più ancora Ce n'erano in passato; ma ciò non ci ha impedito di fare la nostra organizzazione, nè impedisce ai più volenterosi o che n'hanno la possibilità di parteciparvi ancora. Ciò d'altra parte non ha mai impedito a:t con1pagni organizzati di rimanere in ottimi rapporti con gli altri ed anche di accordarsi in separata sede con essi per altre iniziati ve o più particolari o più generali. Non_ capisco perchè all'estero debba essere « un'a]tra cosa ». Forse perchè fu<;>_rigli avversari della organizzr-Lzione sono (o sembrano) piu numerosi 7 Ma allora . è maggiore la necessità della propaganda e dell'esempio che li convinca dell'errore; e astenersene sarebbe un opportunismo che non serve a nulla. Chè, se mai, se qualche ragione potesse esservi per soprassedere su questa questione, essa sarebbe ·più plausibile in Italia che fuori .. Il fatto che vi siano dei compagni che « a solo sentir parlare d'organizzazione (o della U. A. I.) si irritano » dimostra che c'è una maggiore necessità di fare tra loro una spe-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==