Pensiero e Volontà - anno III - n. 9 - 1 giugno 1926

204: PENSIERO E VO,LONTA' ciale propaganda anarchica, che li :rersuada, non soltanto in linea teorica che l'anarchia è un idealè di organizzazione, come dicevo nel numero scorso, ma che l'irritarsi, perchè dei compagni di tendenze di verse sostengono in proposito determinate idee (e cercano per conto loro di applicarle).. è una inooerenza la quale contr3vviene a quel principio di sana tolleranza reciproca, senza di cui ogni convi"venza e cooperazione anarchica si rende· rcbbero praticamente impossibili. Come sarebbe infatti possibile accordarsi su qualsiasi cosa, anche ottima, con gente che pretendesse per ciò che rinunciassimo a sostenere certe date idee o ci astenessimo dal fare altre cos& c:he ad essi non piacciono 1 Sono anche io persuaso che :vi siano tante necessità contingenti su oui c'è oisogno (e non soltanto all'estero) di andare d'accordo con compagni di tutte le tendenze. Ma è bene una necessità contingente anche quella d'andar d'accordo fra compagni d'una stessa tendenza e d'esser liberi, per lo meno di_ fronte at compagni di tendenze diverse, di organizzare C!_uestoaccordo come loro pare e piace ! Non vedo come vi debba essere .contradizione fra l'ottemperare all'una e all'altra necessità nel medesimo tempo .. Se i compagni partigiani dell'organizzazione volessero costringere per forza gli altrt, non consenzienti, a organizzarsi con loro; o mettessero come condizione all'adesione ad altre iniziative che prima si accetti la loro ta► tica organizzatrice, allora sì che essi cadrebbero nell'assurdo autoritario ed antianarchìco nel primo caso, e in un antipatico ed antirivoluzionario settarismo nel secondo caso. Ma io non credo, nè ho mai saputo, che i com.pagni ,aderenti alla U. A. I. abbian mai soste,... nuto errori consimili; e se qualche eccezione vi fosse, ·non mancherebbero gli altri a denunciarlo ed evita1·e che una tale stortura mentale abbia qualsiasi conseguenza pratica. Ma a me pare che in questa sto-rtu ra, essenzialmente antianarchica, dell'esclusivismo di cappella cadano piuttosto coloro che per brevità chiamo antiorganizzatori, se per stare in buona 2.rmonia con gli altri e cooperare in qualche diversa iniziativa di utilità generale pretendono che gli organizzato-ri non si organizzino e rinuncino alla U. A. I. - ciò, se non a parole chiare, indirettamente assalendo per le più piccole cose e -con minimi pretesti i compagni .dell'altra riva, interpretan done gesti e paròle nel modo meno benevolo, cercando nei loro occhi il proverbiale fuscello, senza accorgersi di avere nel proprio un Biblioteca Gino Bianco gi-ossissimo trave ! . l\'Ia di ciò io non voglio fare argomento di nova :rolemica, giacchè di questo lato del problema ho già discusso da queste colonne nell'articolo « Incomprensione » (vedi num. 5). In un sol caso io mi spiegherei la irri tai1~ ne dei compagni individualisti od antiorga.. uizzatori, e cioè nel caso che si ritenessero essi soli i veri e puri anarchici e pensassero che .noi siamo dei « non compagni » o dei com.. pagni... impuri. Forse qualcosa di inconscio di questo genere, come un confuso stato d'animo di cui non s'ha percezione o che noti si dice per un senso di riguardo, c'è in fondo a qual- . cuno di loro; e se così fosse, io vorrei che questi si rendesse conto di ciò che e:ffetti,vamente pensa e lo precisasse senza riguardi. Allora si potrebbe discutere sopra una base sicura e non su vaghe impressioni; e da parte nostra potremn10 dimostrare che· storicamente e teoricamente le cose stan proprio al contrario. Ma io amo meglio supporre che ciò non sia, e lo desidero perchè desidero il massimo di concordia anche coi con1pagni dissenzienti. E del resto sarebbe una discussione storica e teorica che non rientra più nell'argomento che mi occupa e più mi interessa in questo momento. Ciò che n1i interessa ora è dimostrare che ~ possibile una concordia superiore dei compagni di tutte le tendenze, e la loro parziale. cooperazione caso per caso intorno ad altre iniziati ve su cui si possono trovare d'accordo, al di fuori dell'organizzazione, anche &e gli organizzatori stanno organizzati e gli altri no. Dirò di più: solo se ciascuna frazione resta libera di fare a modo suo sulle cose in tol"no a cui c'è. dissenso. e ciascuna rispetta in ciò la libertà altrui senza screditarsi e vili pendersi a vicenda, è possibile un 111inimo di buona armonia che lasci aperta la via ad ac·~ cordi successivi per iniziative diverse. Ogni concordia ed ogni coorerazione che rl• chiedesse da una parte qualsiasi un ripiegan1ento della propria han di era~ una dissimulazione delle proprie idee, una rinuncia aTie proprie convinzioni, non sarebbe seria -- an .. che se ·fatta tra persone che si dicono « coxJtpagni » - e non durerebbe à lungo nè darebbe buoni frutti. Anzitutto essa provocherebbe una divisione di pii1 fra coloro che erano già d'accordo, poiC'hè vi sarebbero sempre di quelli che preferirebbero non rinunciare a nulla,• eppoi l'accordo non sarebbe più a r>arità di condizioni: vi sarebbe sempre una parte in condizione d'inferiorità. diminuita nella sua

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