Pensiero e Volontà - anno III - n. 7 - 6 maggio 1926

152 PENSIERO E V·OU)NTA' per le rivendicazioni quotiQi·a.ne dei lavoratori sono .suscettibili di eduoare e di fortificare il sentimento rivoluzionario degn operai: non le consideriamo come un male necessario ma come un'azione prepa1atoria inevitabile. Ohi si disinteressa delle lotte quotiaiane per il miglioramento della $Orte di quelli che lavorano o È> uno che si trova in una situazione personale che gli permette un'esistenza libera da inquietudini materiali o è un rivoluzionario molto pilatonioo. Nella maggior p•arte dei paesi 'dj Europa l'azione dei sin,dacati s'intende di un modo singolare, che noi non accettiamo in nes" suna maniera. I nostri sindacati non corrono lo stesso pericolo perchè la lotta da noi non si riduce a negoziati di' comitati sindacali con i · capitali~ti e con il governo : non vediamo perchè il presentare un memoriale al padrone e dichiarare 10 sciopero se e_gli non accetta le condizioni domandate implicherebbe un disono· re per gli anarchici. Se gli anarchici debbono restare in mezzo a.Ile ma.sse ed agire nelle organizzazioni operaie numericamente più f9rti, nei paesi di lingua spagnuola abbiamo la circostanza speciale che le organizzazioni operaie numericamente più forti sono quelle degli anarchici : con etichetta o senza sono op.era degli anarchici e sarann(l orientate da es~i; per conseguenza, se sono orientate co~formemente alle idee ed alle tattiche dell'anarchismo, pigliamoci la soddisf azio· ne di metter loro l'etichetta, vale a_.dire dj piantare in esse il simbolo dell~ nostre aspirazioni, tanto più che .siamo dell'opinione che la rivoluzione sarà anarchica o non sarà. Se una mezza dozzina di operai se ne va, due doz· zine verranno a sostituir li, perchè il proleta, riato militante non gua.rda solo al presente. dell'avvenire. e l'avvenire da noi $Ognato non ripugna all'operaio, bensì lo attrae. Forse ohe la nostra tattica - perchè il pro~ • blerna. come dice lo stesso Malatesta, è un ·problema di tattica - varia sostanzialmente o ma vuole anche avanzare verso la conquista dovrebbe variare nei pae~i nei quali siamo mi· noranza nel proletariato organizzato 1 Credia, mo che no. Malatesta dice: « D'accordo coi compagni spagnuoli e sudamericani sulla finalità anarchica che deve guidare tutta la nostra attività sociale dissento da alcuni di es_si sul se conviene o no imporre ai s1 ndacati operai il programma, o piuttosto l'etichetta anarchica; e, non riuscendo ·a far accettare dalla maggior·anza detto programma, se convenga megliÒ restare nelia, Biblioteca Gino Bianco organizzazione general,e per farvi propaganda ed esercitare in essa opera di controllo e di op,po~sizione contro le tendenze autoritarie e collabor.azioniste che si manifestano d' ordin81 rio in ogni organizzazione operaia, o piuttosto separarsi e formare un' o~ganizzazione di mfnoranza. »· Avendo esposto le condizioni del nostro mo vimento nei pae$i di lingua spagnuola, non torniamo ad insistere sopra lo stesso punto.· Malatesta crede che dove la maggioranza non ci segue val meglio restare là, anzichè ritirar ... si e fondare délle organizzazioni minoritarie, per giungere ad e$sere maggiora:Q.za per mezzo della nostra propaganda. Possono esservi dej casi nei quali ciò sia conveniente, quando 'la speranza di conquistare la maggiora.nza ha qualche ragione di e~sere. In generale la situazione è. questa: quando restiamo perduti in r quei grandi organismi riformisti che ruggruppano in alcuni paesi d'Europa la ma.ssa de] proletariato organizzato, la efficacia della nostrà azione si riduce a zero, a~solutamente a zero. Questo di controllare e fare opposizione allP- tendenze autoritarie e collaborazioniste sono parole che non corrispongono ad alcuna realtà. Se vogliamo bonificare una palude P meglio che cominciamo da fuori pe-rchè se ci impantaniamo in ,essa siamo perduti. Ecco la realtà : in alcuni paesi quando siamo una minoranza inoffensiva nei grandi sinda-- cati riformi,sti, ci si lascia parlare nelle assemblee e persino scrivere qualche articolo nella stampa sindacale. Il compagno Rocker ci ha parlato più volte della grande tolleranza eh~ vi è nelle Trades Umons (Unioni di mestieri) inglesi: in e~se qualunque anarchico può parlare senza che gli si chiuda la bocca buttandogli in faccia una patata; però quei buoni in· g-lesi odono par lare un anarchico come se udissero piovere, e poi fanno quello ohe dettan l .Jro i capi del movim~nto tradesunionista. Per parte no.stra, tra l'andare a p,ronunziare un discorso in una assemblea tradesunionista eandar a far lo stesso in riva al mare di fronte al mormorar delle onde, come faceva Demo~ $tene per esercitarsi, crediamo che non vi sia molta differenza. Quella tolleranza è la toll& ra,nza delle arene del deserto : anche là potrem, mo pronunziar discorsi impunemente. Però non . - dappertutto esiste la tolleranza dei tradesunionisti inglesi. e cercar.e di far opposizione alle tendenze autoritarie e collaborazioniste dei grandi sindacati signi~ca usciré colla testa rot ta ~ e· ciò sarà meritorio quanto si vuole, ma

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